ROMA. “Fiscalmente pericoloso”, questa è la principale motivazione che sta alla base della maxi-confisca (valore di oltre 60.000.000 di euro) che il Tribunale di Roma – Sezione Specializzata Misure di Prevenzione, ha disposto nei confronti di un noto imprenditore romano del settore delle costruzioni, già coinvolto in diverse vicende giudiziarie.
La pesante misura ablatoria su mobili ed immobili, ora definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato, trae origine dall’arresto del citato imprenditore avvenuto nel 2015 con l’accusa di associazione per delinquere, reati tributari, turbata libertà degli incanti e truffa ai danni dello Stato (e il procedimento è peraltro ancora in corso presso il Tribunale di Roma) ma anche da condanne intanto riportate per truffa e occultamento delle scritture contabili.
Alla luce di quanto emerso dai diversi procedimenti penali che hanno riguardato il soggetto in questione, i finanzieri del GICO di Roma (articolazione del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria capitolino) sono riusciti a ricostruire la metodologia criminale attraverso la quale l’uomo aveva agito per circa trent’anni, grazie alla quale ha così potuto procurarsi illeciti quanto ingenti profitti che poi re-impiegava soprattutto per finanziare importanti complessi immobiliari intestati – solo formalmente – a società estere.

In anni ed anni di raffinati mezzi fraudolenti e di reiterati reati finanziari, l’imprenditore medesimo ha dunque costituito e gestito una complessa galassia societaria, la cui titolarità veniva però abilmente “schermata” dal paravento costituito dall’interposizione fittizia di soggetti giuridici, diversi dei quali ubicati nei c.d. “paradisi fiscali” delle Isole Vergini Britanniche e Panama, oltre a Lussemburgo e Svizzera, in modo tale da riversare flussi finanziari dal volume di decine di milioni di euro su conti correnti esteri. Disponibilità ingenti dunque, ma che andavano “spostate” ben al di fuori dei confini nazionali perché derivanti da frodi fiscali e bancarotte fraudolente perpetrate in Italia.
Le complesse ed ampie indagini economico-finanziarie condotte dagli specialisti del GICO, come soventemente si verifica in questi casi, hanno peraltro messo in luce l’evidentissima sproporzione esistente tra il patrimonio nelle disponibilità dell’imprenditore ed i redditi da lui dichiarati.
Nel suddetto patrimonio, soltanto per la parte immobiliare, figurano infatti circa 500 unità tra appartamenti, garage, fabbricati commerciali e terreni situati a Roma, Pomezia, Rieti, Olbia e Porto Cervo, nonché un parcheggio multipiano da circa 200 posti auto costruito in una zona di pregio capitolina, mentre tra gli altri beni di lusso detenuti (anche questi confiscati) compaiono decine di autovetture storiche marcate Ferrari, Jaguar e Porsche oltre a consistenti risorse finanziarie.
Da rilevare come tra gli immobili in parola vi sia anche il complesso residenziale “Borgo del Poggio”, ubicato a Roma, composto da circa un centinaio di mini-appartamenti e che nel 2009 furono concessi in locazione all’Amministrazione Comunale capitolina per far fronte all’emergenza abitativa che affligge la città, complesso immobiliare per il quale il Comune ha versato al facoltoso imprenditore circa 25 milioni di euro.
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