NAPOLI. Una bomba ecologica piazzata in un fondo dove opera un’azienda di prodotti per l’agricoltura e il giardinaggio, all’interno della quale i Finanzieri del Comando Provinciale di Napoli – Gruppo Torre Annunziata, hanno scoperto oltre trenta tonnellate di prodotti fitosanitari contraffatti e pericolosi per la salute.
La vicenda è venuta alla luce durante un controllo ispettivo che le Fiamme Gialle torresi hanno condotto presso un’azienda di Boscoreale (Napoli), attiva questa nel commercio di prodotti per l’agricoltura e il giardinaggio.
Proprio nel corso del controllo i Finanzieri hanno, però, riscontrato la presenza di un deposito – peraltro risultato sprovvisto delle necessarie autorizzazioni amministrative oltre che antincendio – all’interno del quale erano stati stoccati grossi cumuli di prodotti chimici, mentre in un secondo locale della medesima azienda erano presenti materie prime in polvere e liquide, prodotti finiti di fitofarmaci imbustati ed etichettati, nonché altri fitofarmaci che erano stati travasati in contenitori anonimi e privi di etichettatura, dunque pericolosi in quanto tossici ed anche facilmente infiammabili, oltre ad un attiguo laboratorio attrezzato con bilancini, dosatori e contenitori.
Nell’approfondire l’ispezione i Finanzieri hanno per di più rinvenuto etichette d’importanti aziende internazionali produttrici di fitofarmaci, quantitativi di polvere di silicio e numerose confezioni di fitofarmaci con data di scadenza ormai superata, lasciati questi all’esposizione degli agenti atmosferici nonché giacenti in un fondo agricolo di pertinenza dei locali controllati.
I locali in questione, aventi un’area complessiva di 1.500 metri quadrati (nei quali sono stati rinvenuti circa trenta tonnellate di prodotti sfusi, 35 mila litri di prodotto liquido e oltre 17 mila etichette di note case produttrici di fitofarmaci) sono stati dunque sottoposti a sequestro, mentre l’imprenditore titolare dell’attività è stato denunciato all’Autorità giudiziaria per contraffazione, frode in commercio e reati ambientali, anche se nei suoi confronti va comunque riconosciuta presunzione di non colpevolezza che sarà garantita fino ad eventuale ed intervenuta sentenza definitiva di condanna.
Da rilevare, inoltre, come i prodotti sequestrati – qualora fossero finiti sul mercato del settore – avrebbero potuto generare ricavi stimabili in circa cinque milioni di euro, il che dà la misura di quanto tale contraffazione fosse potenzialmente “remunerativa” per chi l’aveva realizzata ma con più che possibili effetti tossici e ambientali sui quali è legittimo porsi qualche domanda.
La vicenda qui descritta, oltre a dimostrare come la contraffazione dei marchi di fabbrica colpisca ormai ogni settore produttivo, pone ancora una volta in risalto come le attività di Polizia economico-finanziaria affidate al Corpo finiscano spesso per implicare la scoperta di reati paralleli, ma anche sottolineare come i reati ambientali, sia pur nelle loro diverse forme, costituiscano sempre un innegabile danno economico che lede gli interessi dello Stato.
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