Di Mariateresa Levi
Firenze – Pisa. Non conosce davvero limiti la fantasia dei contraffattori, sempre pronti a cogliere il “business” anche laddove nessuno se lo aspetterebbe, ed è questo il preambolo di un’indagine condotta dai finanzieri del Comando Provinciale di Firenze – Compagnia di Empoli, conclusasi con l’arresto di 2 responsabili mentre 11 persone risultano indagate a vario titolo per contraffazione, produzione e commercializzazione di falso vino “DOC Bolgheri Sassicaia”, una delle autentiche eccellenze della produzione agroalimentare italiana apprezzata in tutto il mondo.
L’indagine delle fiamme gialle, più nel dettaglio, si è inizialmente accentrata su due soggetti residenti nella provincia di Milano sospettati di aver organizzato un’accurata falsificazione di bottiglie recanti il marchio contraffatto di questo celebre vino toscano, in particolare quello delle annate tra il 2010 e il 2015 con annessa contraffazione dell’indicazione geografica protetta (IGP).
Il prosieguo delle attività, protrattasi per oltre un anno, aveva peraltro consentito nel mese scorso di operare un interessante sequestro nel milanese di circa 80.000 pezzi abilmente contraffatti tra i quali comparivano bottiglie, tappi, casse di legno ed altro materiale necessario a confezionare circa 1.100 casse di vino “Sassicaia 2015”, per un totale di 6.600 bottiglie che sul mercato – qualora piazzate come prodotto autentico – avrebbero fruttato una cifra vicina ai 2.000.000 di euro.
Da quel momento le indagini hanno avuto una svolta, e gli investigatori della GDF hanno così ricostruito tutta ben congeniata “filiera del falso” messa in piedi dai responsabili, che per perpetrare la loro attività si avvalevano di diverse quanto qualificate “competenze”, ovvero l’approvvigionamento del vino dalla Sicilia, quello delle particolari bottiglie provenienti dalla Turchia nonché di etichette, tappi, casse e carta velina che venivano invece fedelmente riprodotti in Bulgaria, il tutto funzionale ad un fiorente commercio – realizzato con carattere di sistematicità – organizzato a livello internazionale per una facoltosa clientela russa, coreana e cinese che aveva già emesso ordini per un migliaio di casse, mentre una piccola parte residuale sarebbe stata piazzata sul mercato italiano.
A dimostrazione di quanto remunerativo fosse il business realizzato dai due arrestati, basti considerare che la “produzione” del falso Sassicaia si attestava sulle 700 casse mensili per un totale di 4.200 bottiglie il che, tradotto in termini monetari, consentiva loro un introito che si aggerava sui 400.000 euro, circostanze queste peraltro dimostrate dalla scoperta del magazzino all’interno del quale i due contraffattori curavano l’imbottigliamento del vino con relativa apposizione delle etichette fedelmente riprodotte (con tanto di ologrammi e segni distintivi), nonché il confezionamento con carta velina in casse di legno (anch’esse rigorosamente “fake”).

Perquisizioni
Contestualmente all’arresto dei due principali artefici della frode, i militari delle fiamme gialle hanno altresì eseguito ulteriori perquisizioni nei confronti di altri quattro soggetti ritenuti loro diretti collaboratori, che avrebbero avuto un ruolo importante nella commercializzazione del finto vino DOC.
Identico provvedimento di perquisizione è stato condotto anche nei confronti di un quinto indagato, il quale aveva procurato il vino di provenienza sicula da travasare poi nelle bottiglie fabbricate in Turchia.
Analoga operazione, anche se di proporzioni meno rilevanti, è stata appena conclusa anche a Pisa dove i finanzieri del locale Comando Provinciale hanno portato alla luce un sistema di frode realizzato nel commercio di vino toscano biologico d’alta qualità.
L’indagine, avviata dalle fiamme gialle pisane a fine 2018 a seguito di specifici controlli eseguiti dall’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), ha consentito di scoprire un grosso quantitativo di vino (peraltro spacciato come BIO) a cui era stata fraudolentemente aggiunta acqua con l’aggiunta di sostanze vietate dalle norme del settore come lo zucchero di barbabietola, cosi come rilevato dalle analisi di laboratorio.
Tale illecita sofisticazione del vino (per un quantitativo di 50.000 litri destinati al mercato nordeuropeo), anche se in questo caso non costituiva un pericolo per la salute degli ignari consumatori, rappresenta comunque una forma d’illecita concorrenza verso i tanti produttori onesti, oltre che d’inaccettabile svilimento della qualità e del prestigio delle produzioni vitivinicole italiane.
Proprio al riguardo la Guardia di Finanza, che sta producendo un grosso sforzo operativo nel contrasto ad ogni forma di contraffazione, anche nel campo alimentare a tutela del più autentico e genuino “Made in Italy”, ricorda a tutti i produttori nonché ai consumatori che è sempre possibile segnalare tali subdoli illeciti anche attraverso il numero di pubblica utilità del Corpo “117”, attivo – 24 ore su 24 – su tutto il territorio nazionale.
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