Guardia di Finanza: sequestrate 600.000 calzature prodotte in Cina, Romania e Albania, ma con marchio “Made in Italy”. Denunciato per frode in commercio un imprenditore

Di Armando Modesto

TORINO. È un’offensiva a tutti gli effetti quella che la Guardia di Finanza di Torino ha da tempo lanciato contro la contraffazione dei marchi di fabbrica, in particolar modo di quella che illecitamente utilizza il marchio “Made in Italy”. A pochi giorni da un maxi-sequestro da 300.000 prodotti, con la conseguente denuncia di otto imprenditori, ecco che i Baschi Verdi del locale Gruppo Pronto Impiego giungono ad un ulteriore sequestro, che raddoppia nei numeri il precedente e che, stavolta, evita di far finire sul mercato calzature etichettate come di produzione italiana ma che, al contrario, sarebbero state interamente prodotte e confezionate all’estero.

A bordo di un’autopattuglia

Come per l’operazione d’inizio mese, anche questa è nata da attente osservazioni che i militari hanno compiuto nei centri commerciali del capoluogo piemontese, notando all’interno di questi rilevanti quantità di accessori d’abbigliamento riportanti “claims” tipici dell’italianità, ma le cui indicazioni merceologiche d’origine sono state ritenute mendaci poiché di provenienza albanese, cinese e romena.

Analizzando compiutamente i flussi doganali seguiti dai prodotti in questione, gli investigatori della Guardia di Finanza hanno così potuto accertare come sulle confezioni fossero state apposte finte indicazioni di provenienza che con il Belpaese non avevano nulla a che fare, il tutto con etichettature e packacing con l’inequivocabile Tricolore in bella mostra il che, tradotto in termini ancor più espliciti, rendeva le calzature pronte per l’immissione in commercio senza che queste avessero subìto trasformazioni sostanziali sul territorio nazionale.

La Guardia di Finanza in servizio

Le conseguenti indagini, avviate in presenza di tali circostanze, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, hanno così condotto i Finanzieri in alcuni depositi siti nella provincia torinese, oltre che in quella trevigiana all’interno dei quali – con l’ausilio dei colleghi dei Reparti territorialmente competenti – hanno eseguito il sequestro in parola, evitando in tal modo l’ennesima truffa ai danni dei consumatori che avrebbe procurato ai “professionisti del falso” un ingiusto profitto stimabile in oltre 20 milioni di euro.

Al termine dell’attività un imprenditore italiano è stato denunciato e, ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, lo stesso dovrà rispondere all’Autorità Giudiziaria per il reato di frode in commercio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore