Guardia di Finanza: a Trieste sequestrato all’autoporto di Fernetti carico di e-bike cinesi con indebita marcatura

Di Marco Lainati

Trieste. Si tratta di veicoli a tutti gli effetti, che possono sfruttare una propria propulsione e che sono peraltro richiesti da una fascia sempre più ampia e variegata di consumatori.

Le biciclette elettriche – comunemente chiamate “e-bike” – debbono perciò rispondere a precisi criteri costruttivi e severi standard di sicurezza, fattori questi che però non sono stati riscontrati dai finanzieri in servizio presso l’aeroporto di Fernetti i quali, unitamente al personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) hanno sottoposto a sequestro 234 di queste bici (peraltro recanti una indebita marcatura di sicurezza “CE”).

Il carico di e-bike controllato dai militari delle Fiamme Gialle e dai doganieri triestini era di fabbricazione cinese, e già ad un primo controllo sulla documentazione che lo scortava erano emerse le prime discrepanze, in particolare sulle batterie che non risultavano esser state testate e per di più prive delle informazioni obbligatorie di utilizzo.

Controlli in uscita all’autostrada

Con l’illecita apposizione del marchio di conformità europeo “CE” i fabbricanti delle e-bike in questione avevano forse pensato di riuscire ad eludere l’obbligo delle informazioni previste dalla normativa comunitaria (es. dati del fabbricante, anno di produzione, modello, serial number, ecc.), ma i militari delle Fiamme Gialle ed il personale dell’ADM non sono stati però dello stesso avviso, procedendo così ad un approfondito controllo di queste bici a propulsione elettrica nonché dei loro componenti a seguito del quale sono stati confermati tutti i sospetti iniziali.

L’attività in parola, che peraltro ha seguito un sequestro analogo da circa 200 unità avvenuto solo pochi giorni prima negli stessi spazi doganali, ha consentito di togliere dal mercato veicoli assolutamente non in linea con quanto richiesto in materia dall’Unione europea per un valore stimabile in circa 250 mila euro.

Sul punto è bene ricordare come la produzione ciclistica italiana rappresenti da sempre una delle eccellenze dell’industria e dell’artigianato nazionali, un primato autentico che ci viene riconosciuto in tutto il mondo ma che per rimanere tale abbisogna di investimenti continui anche per lo sviluppo e per la realizzazione di sempre più efficaci sistemi di sicurezza.

Tutto ciò, che va tradotto nel primario interesse del consumatore, finisce inevitabilmente con il riflettersi in un aumento complessivo dei costi.

Una situazione di cui qualche altro produttore fuori dai confini UE è però pronto ad approfittarne proponendo veicoli a costi inferiori i quali, oltre a danneggiare pesantemente il mercato con forme di concorrenza chiaramente sleali, sottopongono gli utenti deboli della strada (come lo sono i ciclisti) ad ulteriori quanto potenzialmente gravi pericoli.

 

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