Di Massimo Giardinieri
Venezia. Sono state 44 le perquisizioni locali e domiciliari che i militari della Guardia di Finanza di Venezia – con il supporto dei colleghi appartenenti ai Reparti territorialmente competenti – hanno eseguito nelle province di Venezia, Belluno, Treviso, Padova, Verona, Rovigo, Udine, Brescia, Monza-Brianza, Bologna, Piacenza, Cremona, Rimini, Roma e Barletta-Andria-Trani, all’esito di una non semplice indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Padova.
Nel mirino delle fiamme gialle veneziane, più nello specifico, sono finite le attività condotte da 8 indagati (nonché di altri numerosi soggetti tra persone fisiche e società), che secondo gli inquirenti avrebbero messo a segno una maxi-frode all’IVA realizzata attraverso forniture di manodopera, facchinaggio e logistica rese in favore di imprese della grande distribuzione.
Per giungere alla scoperta dei modus operandi adottati dai responsabili nonché per accertare le responsabilità di tutti gli altri fiancheggiatori emersi nella vicenda, gli specialisti del Nucleo Polizia Economico Finanziaria del capoluogo veneto sono dovuti ricorrere alle banche-dati in uso al Corpo, il che gli permesso di individuare una rete di società – articolata su due differenti “livelli” – che alla base prevedeva uno schieramento di piccole società cooperative.
Proprio tali cooperative, di dimensioni piuttosto contenute, avrebbero però stranamente fatturato ingenti importi relativi a servizi di facchinaggio resi nei confronti di società intermedie poste al “secondo livello” della stessa rete societaria le quali, a loro volta, avrebbero nuovamente fatturato i medesimi servizi di prestazione d’opera verso importanti imprese della grande distribuzione (quest’ultime risultate estranee alla frode in parola).
Per gli investigatori della GDF le società poste al primo e al secondo livello – a fronte di rilevanti volumi d’affari realizzati in poco più di un anno – non avrebbero però ottemperato ai previsti obblighi di dichiarazione degli utili conseguiti, nonché a quelli di contestuale versamento delle imposte, ricorrendo in maniera evidentemente fraudolenta a continui cambi di sede di tali società per rendere ancor più difficoltosi i controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Il sistema escogitato dai frodatori, invero non inedito nelle sue modalità di esecuzione anche se inizialmente efficace per gli scopi a cui mirava, avrebbe così consentito un’evasione fiscale che le fiamme gialle quantificano in oltre 8.000.000 di euro.
Va da sé che il conseguente quanto indebito volume di risparmio ottenuto sull’IVA avrebbe permesso alle imprese coinvolte nella vicenda di offrire i loro servizi a prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli normalmente praticati sul mercato, il che – come normalmente avviene in questi casi – determina poi conseguenti effetti distorsivi sull’economia di un intero settore.
Ulteriori indagini sono tuttavia in corso, sia per consolidare il quadro probatorio già delineato nei confronti degli indagati, sia per individuare eventuali ulteriori responsabili che potrebbero aver avuto un ruolo nell’ingente frode.
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