Guardia di Finanza, a Pordenone scoperta rete di intermediazione illecita di manodopera. Coinvolti lavoratori italiani e stranieri

Pordenone. L’intermediazione illecita di manodopera, il cosiddetto “caporalato” non è un fenomeno solo meridionale. La Guardia di Finanza di Pordenone, su delega della Procura della Repubblica, hanno rilevato una fenomenologia criminale per volumi, dimensioni geografiche e soggetti coinvolti di assoluto spessore e pericolosità sociale.

Grande Operazione della Guardia di Finanza contro il cosiddetto “caporalato”

In particolar modo il fenomeno del “caporalato” è stato riscontrato nel settore manifatturiero/industriale. Ad esso si è poi aggiunta l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e riciclaggio. I Finanzieri hanno così scoperto che, grazie ad una vera e propria  associazione per delinquere, la principale figura di tutto questo come promotore, coordinatore ed esecutore era una persona  residente nella provincia di Pordenone, attiva da anni in queste attività criminose nonché già destinataria di moltissime condanne e denunce per reati economico-finanziari.

Nel corso delle indagini si è anche riscontrato che i reati venivano commessi ricorrendo a dissimulati rapporti di appalto/subappalto con società con un minimo capitale sociale, esistenti più su un piano formale che sostanziale e intestate a “prestanomi”, sulle quali venivano fatti convergere gli obblighi fiscali e contributivi della manodopera impiegata che appariva quindi, sul piano “formale”, assunta e dipendente da tali imprese anziché da quelle realmente fruitrici.

Le indagini hanno scoperto una rete molto ramificata

I rapporti commerciali tra committenti e società appaltatrici erano, pertanto, concepiti al solo scopo di “interporsi” tra il personale e le aziende presso le quali lo stesso prestava effettivo lavoro, tanto che le fatture emesse, palesando detta artefatta realtà, giustificavano il costo per il mero impiego della manodopera facendola ricondurre a fittizie prestazioni di servizio.

Insomma, hanno scoperto le Fiamme Gialle di Pordenone si ricorreva a soggetti giuridici “di comodo” usati come meri “contenitori” della forza lavoro che veniva strumentalmente allocata – in contesti evasivi – dissimulando contratti che attestavano appalti per inesistenti “prestazioni di servizio” al posto di una reale “fornitura di manodopera”.

I lavoratori vittime di questo reato erano sloveni, rumeni, cechi, slovacchi o provenienti da altri Paesi. Anche cittadini italiani, provenienti dal Sud Italia, sono rimasti coinvolti. Risultavano tutti occupati senza provvedere (o ottemperando parzialmente) agli obblighi fiscali, previdenziali, assicurativi e giuslavorativi. Le società effettivamente utilizzatrici della manodopera evitavano gli oneri previdenziali ed assistenziali connessi alla stipula del contratto di lavoro e potevano indebitamente detrarre l’IVA esposta nelle fatture dalla società appaltatrici. Inoltre, le società che fornivano i lavoratori venivano, dopo un breve periodo, messe in liquidazione o lasciate inattive e quindi sostituite con altre dalle medesime caratteristiche cui veniva fatta convergere la prosecuzione delle attività criminose.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Spilimbergo (Pordenone) hanno consentito di individuare 13 società attive nella fornitura di manodopera che avevano la sede legale nella provincia di Sassari. Ma nessuno delle centinaia di lavoratori impiegati o delle decine di aziende utilizzatrici degli stessi manifestasse una concreta presenza o interessi economici in Sardegna.

Per contro i lavoratori venivano occupati in 37 aziende, con sede nelle province di Venezia, Brescia, Padova, Treviso, Vicenza, Bergamo, Modena, Pavia e Milano (i cui rappresentanti legali sono ora indagati).

Per tali attività illecite sono ora indagate dalla Procura della Repubblica di Pordenone complessivamente 59 persone dei quali 4 per associazione a delinquere, 48 per reati tributari e 7 per reati di riciclaggio, questi ultimi in relazione ad attività distrattive, per circa 700 mila euro, effettuate sui conti correnti societari operate per il tramite di carte prepagate e vaglia postali.

Sono state, inoltre, complessivamente individuate 1.057 posizioni lavorative collegate a questi impieghi illegali di manodopera per le quali sono state rilevate plurime violazioni alle normative fiscali, previdenziali, assicurative e giuslavorative nonché l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per circa 21 milioni di euro a queste correlate.

Il Giudice delle indagini preliminari di Pordenone su richiesta della Procura della Repubblica ha disposto un sequestro per equivalente per l’importo di 3.978.000 euro nei confronti della persona promotrice delle illecite attività, la cui esecuzione ha consentito di sequestrare due immobili di pregio, disponibilità finanziarie e due autovetture (una Porsche 911 versione 993 e una BMW 650i).

Nel corso di una perquisizione domiciliare effettuate nel Pordenonese nei confronti della stessa persona sono stati infine sequestrati 55. mila euro in contanti (in gran parte in banconote da 500 e 200 euro) da questi occultate sotto il ripiano di una scrivania.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore