GAZA CITY (STRISCIA DI GAZA). Le Forze Armate israeliane proseguono nella loro offensiva contro le milizie di Hamas, dopo le azioni terroristiche compiute lo scorso 7 ottobre.
Ieri, i soldati dell’IDF hanno colpito circa 300 obiettivi, tra cui postazioni di lancio di missili anticarro e razzi nascosti dentro i pozzi. Oltre a basi militari all’interno di tunnel sotterranei.
Nel corso delle operazioni di terra, ci sono stati diversi scontri a fuoco con cellule terroristiche.
Nei combattimenti sono rimasti uccisi molti terroristi. E l’Aeronautica partecipando a questi combattimenti ha distrutto varie infrastrutture.
E’ stato ucciso, tra gli altri, il Comandante del Battaglione “Beit Lahia” della Brigata Nord di Hamas, Nasim Abu Ajina, che ha diretto il massacro del 7 ottobre nel Kibbutz Erez e Moshav Netiv HaAsara.

La comunicazione in ebraico dell’eliminazione di Nasim Abu Ajina
In passato, Abu Ajina ha comandato l’Aerial Array di Hamas e ha preso parte allo sviluppo degli UAV e dei parapendii dell’organizzazione terroristica.
Per Israele la sua eliminazione colpisce duramente gli sforzi di Hamas volti a interrompere le attività di terra dell’IDF.
Quello che finora appare molto chiaro è che la guerra di Israele contro Hamas resterà circoscritta all’area, in un momento nel quale molti parlano di un possibile allargamento del conflitto da Gaza a tutto il Medio Oriente ed oltre.
I MOVIMENTI IRANIANI IN MEDIO ORIENTE
I fatti evidenziano la storica, antica rottura religiosa che c’è tra sciiti e sunniti. Una frattura che dalla morte di Maometto (8 giugno 632 d.C. a Medina) a oggi non è stata mai sanata.

Maometto morì l’8 giugno 632 d.C. a Medina
Quando si parla di sciiti la memoria corre subito alle relazioni con l’Iran, ai suoi interessi, alle milizie che operano in Iraq, Siria, Yemen, Libano e a Gaza.
E’ bene ricordare che gli iraniani non sono arabi e gestiscono una politica di potenza regionale a connotazione fortemente antiamericana e anti occidentale.
Lo fanno, in verità, più per motivi di politica interna che di vera avversione al mondo occidentale.
L’Iran ha come nemici, definiamoli veri, i sunniti delle monarchie del Golfo, con a capo l’Arabia Saudita.

Bandiera dell Arabia Saudita
Fatta questa premessa, ricordiamo che palestinesi e Hamas non sono sciiti, bensì sunniti e per di più sono arabi.
All’Iran, dunque, è sempre giusto evidenziarlo di Hamas e dei palestinesi non interessa molto. Sono attori, o comparse per meglio dire, del grande “film” che Teheran da anni ha deciso di scrivere e di interpretare nel Medio Oriente.
Strumenti, dunque, da utilizzare con attenzione, muovendo i fili come fossero marionette ma evitando di mettere a rischio la propria sicurezza interna. Un modo per dare sì fastidio all’Occidente, USA, in primis ma cum “grano salis”.
Di contro c’è la grandissima comunità sunnita che ha una maggioranza assoluta nei Paesi del Golfo e del Nord Africa.
I sunniti considerano Iran e sciiti il nemico numero 1 e li combattono da secoli.
UN’ANALISI SULL’ATTACCO DEL 7 OTTOBRE
A rileggere in chiave politica l’attacco del 7 ottobre, operato dalle milizie terroristiche di Hamas, appare chiaro che l’Iran ci abbia voluto mettere la mano per bloccare gli Accordi di Abramo e una ripresa del dialogo tra mondo ebraico e mondo sunnita, attraverso le relazioni Israele-Arabia Saudita.
In questo Paese ci sono, infatti, i luoghi santi dell’Islam. Ma è anche una potenza economica in quanto maggior esportatore di petrolio nel mondo.

Un impianto di gas dell’Arabia Saudita
I Paesi sunniti non consentiranno mai all’Iran di vincere una guerra contro Israele, non è nei loro interessi dare la ledership del mondo islamico ai loro nemici .
Ma neanche l’Iran ha interesse ad infiammare tutto il Medio Oriente.
L’obiettivo è tenere alta la tensione nell’area per allontanare la minaccia dei sunniti appoggiati dagli americani dai propri confini e potersi concentrare a reprimere il dissenso interno, sempre più diffuso fra le giovani generazioni iraniane.
IL RUOLO DELLE POTENZE ESTERNE
L’Europa, in questo momento non è più di una espressione geografica come diceva Metternich, ininfluente come attore politico e strategico. Potrà avere un qualche ruolo sussidiario nella fase post conflittuale nel campo della ricostruzione e degli aiuti umanitari.
Come già, ad esempio, sta facendo l’Italia.
La Russia, invece, ha tutto l’interesse che il conflitto duri il più a lungo possibile per far diminuire la pressione sul fronte ucraino.
Ma con Israele c’è dialogo.
Il Presidente russo Vladimir Putin sa bene che se il conflitto si dovesse allargare, egli starebeb fuori definitivamente dalla Siria e dal Mediterraneo dando la possibilità agli USA di chiudere una volta per tutte la partita mediorientale con Mosca.

Il Presidente russo, Vladimir Putin
C’è poi la Turchia di Recep Taypp Erdogan. Questi ha bisogno di un nemico esterno per compattare il fronte interno. Ankara ha un’economia in crisi e l’opposizione è sempre più forte. Il fronte siriano e curdo-iracheno esploderebbe in caso di intervento anti- israeliano sostenuto dagli Stati Uniti e dagli stessi israeliani.

Il Presidente turco Erdogan
E perciò i turchi fanno un po’ gli spacconi. Ricordandosi che fanno parte della NATO e non possono metterla in discussione perchè Erdogan sa che verrebbe destituito ancora prima solo pensarlo.
Nello scacchiere internazionle c’è poi la Cina. Pechino ha un’economia in frenata e ha bisogno di stabilità per far riprendere il commercio mondiale.

Il Presidente cinese, Xi Jinping
Non può certamente mettere a rischio i propri rifornimenti energetici con una guerra generalizzata in Medio Oriente.
Dal lato occidentale ci sono gli Stati Uniti,. Washington, al momento, non ha tanto interesse ad allargare il conflitto,.
Però, come troppo spesso è accaduto nei precedenti conflitti, gli USA sono quelli che avrebbero più da guadagnarci in caso di guerra generalizzata.
Hanno infatti forze militari imponenti in Iraq, Siria, nei Paesi del Golfo e nel Mediterraneo. Tutte sono in grado di battere qualsiasi avversario in un confronto convenzionale ad alta intensità.
Sei i “competitor” degli Stati Uniti faranno passi falsi, potrebbero in un colpo solo arrivare alla resa dei conti con l’Iran appoggiati da tutti i Paesi arabi sunniti e come detto in precedenza estromettere definitivamente la Russia dall’area.
Un simile scenario sarebbe disastroso per la Cina che non ha interesse a predisporre una situazione che favorirebbe il suo avversario globale.
E visto il tutto dalla loro parte, gli Stati Uniti, una volta ridisegnato a loro favore il Medio Oriente e compattata la NATO in funzione anti russa, avrebbero la possibilità di concentrarsi contro la Cina.
Insomma, lo scoppio di una nuova guerra mondiale non è ipotizzabile. Ora c’è solo un Paese come Israele che ha intrapreso questa lunga battaglia contro Hamas.
Ma per vincere la guerra contro il terrorismo che minaccia e uccide il suo popolo, Israele dovrà avere obiettivi strategici se vuole ottenere una schiacciante vittoria sul campo.
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