Di Fabrizio Scarinci
ISTANBUL. In occasione della 17^ edizione della Fiera Internazionale dell’Industria della Difesa di Istanbul (IDEF), cominciata il 22 luglio scorso, si è avuta la presentazione del nuovo missile balistico/ipersonico turco Tayfun Block-4.
Sviluppato da Rokestan, tale sistema si presenta come una versione aggiornata del precedente missile balistico a corto raggio Tayfun, testato per la prima volta nel 2022 ed entrato in produzione nel corso degli anni successivi.
Stando ai dati rilasciati dall’azienda, il nuovo vettore, che misura 10 metri di lunghezza per un peso complessivo di circa 7.200 Kg, risulta alimentato da propellente composito di tipo solido in grado di spingerlo ad oltre Mach 5.

Utilizzabile anche a partire da piattaforme mobili, esso sembrerebbe disporre di un’autonomia stimata di circa 800 km (anche se, a dire il vero, diverse fonti avrebbero parlato di un raggio d’azione superiore ai 1000 km).
Quanto alla sua precisione, si parla invece di un CEP (Calculate Error Probability) di circa 5-10 m; un risultato non da poco reso possibile anche grazie ad un avanzato sistema di navigazione inerziale assistito dal GPS e, secondo quanto riportato, anche dal suo “equivalente” russo GLONASS.
Venendo, infine alla sua testata, essa conterrebbe un tipo di esplosivo ad alto potenziale pre-frammentato e multiuso pensato per distruggere diversi tipologie di obiettivi dall’elevato valore strategico, tra cui sistemi di difesa aerea, centri di comando e controllo, hangar per aerei e vari altri tipi di infrastrutture critiche.
Con tali caratteristiche, il Tayfun Block-4 si presenta, quindi, come un sistema strategicamente molto impattante, perfettamente in linea con le crescenti ambizioni della Turchia di Erdogan in campo missilistico.
Ambizioni pienamente testimoniate anche dal costante sviluppo dei missili da crociera standoff di tipo SOM, nonché dagli altri sistemi presentati da Rokestan nel corso dell’IDEF.

Tra essi figurano, in modo particolare, l’Akata, ossia una versione sublanciata del missile antinave Atmaca, caratterizzata da una gittata superiore a 250 km e una testata a frammentazione ad alto esplosivo progettata per ingaggiare bersagli navali e terrestri, il missile aria-aria Gökbora, con una gittata superiore ai 180 km ed utilizzabile da velivoli velivoli con e senza equipaggio quali il caccia nazionale KAAN e l’UCAV Kizilelma, l’Eren, che si configura come una munizione circuitante a turbogetto con 100 km di gittata pensata per consentire a svariati tipi di piattaforme di colpire bersagli sia terrestri che aerei, il 300 ER, ossia un missile aero-balistico progettato per l’impiego da parte di UAV e aerei a reazione con una gittata superiore a 500 chilometri (a seconda, ovviamente, dell’altitudine e della velocità di lancio), e, non da ultimo, il sistema Şimşek-2, che si presenta come un veicolo di lancio satellitare a due stadi a combustibile liquido in grado di posizionare carichi utili da oltre 1500 kg in orbita eliosincrona a più di 700 km di distanza.
Chiaramente, nell’attuale contesto geopolitico, questo non banale “show of technology” deve essere interpretato anche come un messaggio a tutti i Paesi del Medio oriente e del cosiddetto Mediterraneo allargato, con particolare riferimento a Grecia, Cipro, Israele, Iran e Arabia Saudita, riguardo alla volontà di Ankara di imporsi, nel prossimo futuro, come l’attore decisivo della regione; un elemento che, al netto della necessità di mantenere un certo grado di collaborazione con i turchi in materia di Difesa, dovremmo comunque cercare di tenere a mente anche noi europei.
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