Immigrazione: Rapporto annuale 2022, Fondazione Leone Moressa. Gli immigrati producono il 9% del nostro PIL

Di Flavia De Michetti

ROMA (nostro servizio). Oggi, presso la sede della Commissione europea a Roma, si è tenuto l’incontro sul Rapporto annuale 2022 riguardo l’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa.

Il convegno è stato aperto da Chiara Tronchin, ricercatrice della Fondazione. Specificato il punto focale del Rapporto, cioè la resilienza, intesa come ripresa post covid, è stato poi evidenziato qualche dato relativo all’occupazione. “La pandemia ha portato alla perdita di oltre 700 mila posti di lavoro e nel 2021 e oggi ne è stato recuperato il 23%. Mancano 500mila nuovi occupati per far fronte ai danni del Covid”, ha spiegato Tronchin.

Un momento del convegno

Per quanto riguarda la situazione femminile in Italia, le percentuali messe a confronto con l’UE è impietoso. Per porre rimedio a questa situazione è necessario potenziare i servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia. Relativamente ai giovani – ha proseguito la ricercatrice – il tasso occupazionale è nettamente inferiore a quello europeo. Ad essere maggiore, invece, è il tasso di disoccupazione. A questo quadro si unisce la popolazione straniera, che è sempre più importante per l’Italia. Si parla di 5 milioni di persone. Negli ultimi anni la presenza straniera è abbastanza stabile e si tratta di una popolazione più giovane rispetto a quella italiana (la media, infatti, è di 35 anni, rispetto ai nostri 47 anni)”.

Negli ultimi 10 anni, circa 1,2 milioni di stranieri sono diventati cittadini italiani e, di conseguenza, scomparsi dagli indicatori specifici per passare a quelli italiani. Questo è un fattore importante, perché rappresenta il percorso di integrazione che questa popolazione sta facendo sul nostro territorio. – ha concluso Tronchin – Se prima, infatti, il motivo principale per rimanere in Italia era il lavoro, con gli anni sono invece aumentati i ricongiungimenti familiari e richiesta di asilo. Questo perché, dal 1998, il principale strumento di pianificazione degli ingressi di immigrati per motivi di lavoro è il Decreto Flussi. Con la crisi economica, gli ingressi programmati per motivi di impiego sono stati ridotti. Fa eccezione l’anno 2021 che, con la crisi di manodopera dovuta alla pandemia, ha di fatto portato alla crescita delle statistiche per il Decreto”.

Secondo i dati, dunque, gli immigrati in Italia hanno come scopo quello di lavorare. Non si tratta solo di dipendenti, ma anche di imprenditori di piccole realtà e molto localizzate (ad esempio, a Prato un imprenditore su quattro è nato all’estero). In questo modo viene prodotto valore economico, circa il 9% del nostro valore aggiunto. Oltre ad avere un impatto economico sui conti del nostro Paese, ne hanno anche uno fiscale, ad esempio i contributi previdenziali. Secondo le statistiche l’immigrazione continua ad avere un impatto positivo in Italia, poiché produce una buona percentuale del nostro PIL.

Patrick Doelle, Funzionario della Direzione generale Immigrazione e Affari Interni, Commissione europea a Roma

Al convegno è intervenuto Patrick Doelle, Funzionario della Direzione generale Immigrazione e Affari Interni, Commissione europea a Roma, curatore della Prefazione al Rapporto.

Parlando delle sfide a livello europeo sull’immigrazione, il relatore ha posto una domanda: “Ancora una volta l’Italia è stata lasciata da sola dall’Europa, insieme a Cipro, Malta e Grecia? Ovviamente no. Un esempio ne è la Spagna che fa parte del Gruppo MET e di solito sottoscrive le dichiarazioni di quest’ultimo. Tuttavia, questa volta si è dissociata. L’Italia e altri Paesi del Mediterraneo ricevono da anni aiuti finanziari e operativi da parte dell’UE, per gestire i flussi migratori. Nel giugno scorso, oltre ad altri temi, era stato concordato un meccanismo volontario di collocazione per il beneficio dei 5 Paesi mediterranei che devono affrontare una considerevole pressione migratoria, legata anche alle operazioni di soccorso. Questo meccanismo, fino ad ora, ha raggiunto pochi risultati, ma si tratta anche di un processo complesso che richiede del tempo”.

Inoltre, prendiamo in considerazione la situazione generale in Europa. In termini di numeri di rifugiati e richiedenti asilo, negli ultimi anni l’Italia si è collocata agli ultimi posti e, quest’anno, è previsto un arrivo importante, rispetto al numero della popolazione, delle prime due categorie. In questo caso, il Trattato di Dublino – ha proseguito Doelle – gioca a favore dell’Italia, o di altri Paesi come la Grecia, poiché la maggior parte della competenza delle richieste di asilo passa agli altri Stati. In uno spirito di solidarietà e fiducia reciproca non è opportuno dare inizio a una crisi migratoria. Non bisogna lasciare che le numerose sfide dell’Europa, tra le quali la materia migratoria, diventino vittime della distrazione politica e mediatica, creata dal conflitto sulla questione degli sbarchi”.

La guerra in Ucraina scatenata dalla Russia – ha infine ricordato il Funzionario della Direzione generale Immigrazione e Affari Interni – ha innescato la più grande emergenza di rifugiati in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. Sei milioni di profughi arrivati in Unione Europea in poche settimane. Questa situazione non solo ha messo in rilievo la necessità di avere un approccio comune europeo in materia di protezione internazionale, ma anche la sfida che rappresenta l’integrazione nei loro confronti”.

Dunque, l’integrazione è la chiave di una politica migratoria europea ambiziosa e sostenibile, che si basa sulla migrazione legale. È importante concentrarsi su tre settori d’intervento: l’assistenza ai migranti, un focus sulla gioventù e sull’innovazione.

Laurence Hart, Direttore Ufficio Coordinamento per il Mediterraneo, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – OIM

In particolare, viene posta molta attenzione su un quadro legislativo rafforzato, attraverso la divisione della direttiva sul permesso unico, con una procedura semplificata che renderà il meccanismo più rapido sia per i richiedenti che per i datori di lavoro (consentendo di presentare la domanda sia in Stati terzi che negli Stati membri dell’UE), e sui soggiornanti di lungo periodo, semplificando le condizioni di ammissione, rafforzando i loro diritti, favorendo il ricongiungimento familiare e facilitando la mobilità all’interno dell’UE.

Queste iniziative non solo favoriscono l’integrazione e la ripresa economica, ma aumentano anche i benefici economici sociali della migrazione, così da attenuare le dinamiche demografiche in Italia e in Europa.

L’autore dell’Introduzione del Rapporto sul tema dello sviluppo sostenibile, Laurence Hart, Direttore Ufficio Coordinamento per il Mediterraneo, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – OIM, ha definito la migrazione come “fenomeno complesso che non può essere semplificato, se non gestito diventa negativo, al contrario può stimolare una serie di dinamiche positive che, nel caso dell’Italia, restano ancora sottovalutate”.

Il Rapporto si rivolge a chi quotidianamente mastica questa materia e a chi è meno esposto al tema. È una pubblicazione chiave per leggere una realtà dalle numerose sfaccettature. Le statistiche presentate nel Rapporto indicano che, in termini di numeri, i Paesi ne escono in positivo a seguito di un lavoro di qualità.

Oggi, la migrazione internazionale è più che mai in aumento. Siamo arrivati a 281 milioni di persone che vivono, per diverse ragioni, in un Paese diverso da quello in cui sono nati. – ha spiegato Hart – Esiste anche un fattore di movimento, che non è legato alle crisi, alle guerre o alle persecuzioni. Si tratta della questione demografica, che vede nel mondo sempre più anziani e persone che hanno sempre meno competenze specifiche manuali. Esiste un surplus demografico nel loro Paese che li spinge a cercare delle alternative e questo può risultare un beneficio sia per i Paesi di origine che per quelli di destinazione. La migrazione è circolare, una tappa all’interno della vita di un individuo. Serve ad acquisire competenze e capitali da reinvestire, successivamente, nel Paese di origine. Ciò favorisce la circolazione di competenze, di idee, motore dello sviluppo delle società”.

Rapporto annuale 2022 sull’economia dell’immigrazione

A livello internazionale è il caso di considerare il Global Compact sull’immigrazione, di cui l’Italia non ne è ancora parte. – ha proseguito il Direttore Ufficio Coordinamento per il Mediterraneo, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni – Si tratta di un patto non vincolante che riunisce la maggioranza dei Paesi membri delle Nazioni Unite in un meccanismo di migliore coordinamento sui meccanismi sulle politiche migratorie. Offre a tutti i Paesi la possibilità di guardare alle esperienze di Paesi simili e vedere come sono stati gestiti i flussi, l’integrazione, l’accoglienza e la risposta generale all’immigrazione”.

Oggi, è importante rendere gli arrivi regolari.

Come è possibile riuscire a creare dei meccanismi prevedibili per i Paesi di origine, ma anche per quelli di destinazione, che siano positivi per tutti gli attori coinvolti?

Spesso questo viene lasciato a delle modalità che non favoriscono la regolarità delle procedure che sono molto complesse. – ha spiegato Hart – Quello che è importante è il come considerare la gestione della migrazione, che forse in questo momento, a livello europeo, ha bisogno di un rafforzamento della politica dei ritorni volontari, ma anche dei ritorni forzati. Quando vi sono degli arrivi è importante identificare chi ha reale necessità di protezione internazionale e assistenza e chi non ha questo diritto”.

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