Immigrazione, un rapporto Ue di febbraio spiega il potere delle ONG sul mare

Bruxelles. Un rapporto della Commissione europea, risalente allo scorso febbraio, evidenziava come le  Organizzazioni non governative (ONG) che operano al largo della Libia avessero una flotta di 15 navi e 2 droni per condurre attività di SAR (Ricerca e soccorso in mare).

Un gruppo di migranti su una nave vengono condotti in porto

Ma, nel 2016, avevano realizzato appena il 22% di tutti salvataggi sulla rotta del Mediterraneo centrale.

“Gli attori dominanti nelle operazioni di soccorso al largo della Libia – si leggeva nel documento della Ue – sono le navi delle autorità italiane: Polizia di frontiera, Guardia di finanza e Guardia costiera con il 46% nel 2016. I salvataggi di navi mercantili sono stati l’8%, mentre le missioni Sophia e Triton hanno contribuito con il 25%”.

La fuga di migranti

Dai dati emerge comunque un forte aumento delle attivita’ delle ONG che, fino a metà del 2014, non operavano al largo della Libia. Due anni fa, la prima organizzazione a muoversi con un peschereccio e due droni fu la  maltese MOAS. Nel 2015, Medecins Sans Frontieres (MSF) mise in mare due imbarcazioni attraverso le sue filiali a Bruxelles e Barcellona. Lo stesso anno, l’ONG tedesca Sea Watch acquistò un’imbarcazione.

La bandiera europea su una nave impegnata nell’Operazione Sophia

Nel febbraio 2016, SOS Mediterranee, si legge ancora nel rapporto, affittò una grande nave per condurre operazioni al fianco di MSF.

Sempre nel 2016 intervennero l’ONG spagnola Pro-Activa, le tedesche Sea Eye e Jugend Rettet, l’olandese Refugee Boat Foundation e la britannica Save the Children.

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