Incontro Trump-Kim, l’inganno delle false speranze

Di Vincenzo Santo*

Washington. Si dice che la speranza sia sempre l’ultima ad abbandonare l’essere umano. L’ultima, al momento del tracollo della sua volontà. Vero. Tuttavia, troppo spesso oggigiorno l’opinione pubblica viene portata sull’orlo dell’illusione, nella dimensione oppiacea delle false speranze, per via di un’informazione eccessivamente improntata alla ricerca della sensazione: si incontrano, Donald Trump e Kim finalmente s’incontrano! Quel qualcosa cioè che porta il lettore nella vertigine dello stupore e della meraviglia, negandogli un tracciato razionale, realistico, facendogli accettare per oro colato, oppure come voce che venga fuori dal roveto ardente di biblica memoria, tutto ciò che i distributori automatici delle notizie scrivono o dicono.

Nutrendo il popolo di false speranze.

Trump e Kim, quali speranze in un possibile incontro?

Che in politica estera si dica qualcosa di completamente differente da ciò che si fa in affari esteri non è una novità. È così da sempre. Sta a noi capire come percorrere con la mente il terreno che si apre nel mezzo, evitando false speranze o illusioni. Nonostante i giornali.

Un esempio recente, tra i molti che se ne potrebbero menzionare del passato, è l’attuale affare dell’ex spia russa. La politica inventa una narrativa contro la Russia mentre gli affari, per varie ragioni di Stato, nascondono la verità per cui, molto probabilmente, secondo me, Vladimir Putin non c’entra affatto.

Il Presidente russo. Putin. Su di lui le accuse di avere fatto avvelenare un ex spia

E, per esempio, rivolgiamo ora la nostra breve attenzione al Pacifico, laddove, nel quadro che si sta formando sul possibile prossimo incontro tra Trump e Kim, esso viene dato per ormai probabile. Io non mi sentirei di convincere nessuno su questa probabilità. Lo illuderei, credo.

Ma, ammesso che effettivamente abbia luogo, cosa possiamo veramente aspettarci?

Io sono convinto – come ho già scritto in altra occasione sulla sua razionale inaffidabilità1 – che con Kim non si potrà mai trattare in modo serio e, appunto, affidabile. Perché? Ma perché nella sua mente due sono le fisse che lo animano. Per prima cosa, mantenere il potere per sé e per la sua stirpe. In secondo luogo, pervenire alla vittoria finale, quella che vedrebbe l’unificazione della penisola coreana sotto il suo regime.

Saremmo degli illusi, secondo me, se pensassimo che sia pronto a cambiare idea. Vana speranza.

Infatti, di cosa stiamo parlando?

Come si pensa di poter conciliare un approccio democratico, diciamo in linea con il diritto internazionale, con un obiettivo dittatoriale di conquista e dominio? Lavoro mentale inutile. Prima o poi qualsiasi compromesso verrebbe raggirato, appena dopo aver ripreso ossigeno, proprio quello di cui il regime nord coreano ha ora tanto bisogno. Quindi, non illudiamoci.

E ancora, come si pensa, infatti, che un’ipotesi che preveda, nei confronti della Nord Corea, così come immagino la vede Trump, il conseguimento di un completo, verificabile e irreversibile smantellamento (CVID: Complete, Verifiable, and Irreversible Dismantlement) delle capacità nucleari possa funzionare dopo tutto quello che il regime ha conseguito in termini di capacità nucleari e di tecnologia missilistica?

Siamo seri. Nessuna possibilità, per mio conto.

E l’altra ipotesi, quella minima proposta dalla Russia, che prevede la temporanea sospensione dei test nucleari e missilistici, non servirebbe a nulla. Accordi di questo genere sono già falliti con il papà del nostro “paninaro”. L’arsenale di Kim può ormai crescere e accumularsi terribilmente senza la necessità di procedere con test in grande scala. Trump lo sa e, anche sulla base della vaghezza dell’accordo a suo tempo raggiunto con l’Iran, pilotato da Obama, non accetterà mai questa ipotesi leggera. Per Kim sarebbe soltanto il conseguimento di un obiettivo di medio termine: aver qualche sanzione eliminata, giusto il tempo di rifiatare un po’, per poi ricominciare. Novella Monaco.

Pertanto, una misura, ancorché anch’essa ambiziosa, sarebbe quella di convenire su un tetto alle capacità nucleari e di lancio. Il che significa, di fatto, accettare per la Nord Corea il suo status di potenza nucleare. Ma di fatto già lo è, intendiamoci.

Il risultato, ove mai raggiunto, potrebbe essere quello di impedire, sulla carta almeno, a Pyongyang di raggiungere con i suoi missili il territorio degli Stati Uniti o di farlo con pochissimi ordigni, ma non impedirebbe di mantenere i suoi alleati sotto la spada di Damocle di un Kim nucleare.

Con il risultato altamente probabile che questi perdano fiducia nella volontà dell’alleato americano di difenderli seriamente, con conseguente corsa regionale al nucleare, trasformando la penisola coreana, e quello che gli sta intorno, in una pericolosissima polveriera atomica.

E, comunque, sempre che il regime accetti e consenta misure di controllo internazionali. Che non potrebbero che essere molto stringenti. E su questo, mi spiace, nutro forti dubbi. Non mi illudo!

Dubbi che aumenteranno se Trump denuncerà l’accordo con l’Iran, dimostrando al regime nord coreano l’inaffidabilità sia americana che internazionale nel mantenere fede agli accordi. Una scusa quindi per poter procedere comunque sulla sua strada.

Pertanto, si tratta di un’opzione certamente concreta, ma solo per avere il bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto se si preferisce). È comunque irta di difficoltà, tanto nella preparazione quanto nell’implementazione.

Ma ingannevole pure questa, anche se sotto il punto di vista politico sarebbe l’unica seriamente percorribile, quella più facilmente concordabile sulla carta. Ma quale sarebbe la durata di questo accordo? Grande incognita.

E fin qui siamo nel campo della politica.

Ora, invece, che cosa si può fare nell’area degli affari internazionali? Cioè in quel campo dove si fanno le cose trovando poi per esse la migliore traduzione politicamente accettabile?

Esiste solo un’alternativa: perseguire l’eliminazione del dittatore coreano.

La sua sostituzione con altro personaggio, gradito naturalmente alla Cina, è inevitabile ed è un obiettivo irrinunciabile, se davvero si vorrà risolvere la faccenda una volta per tutte. Costi quel che costi. Non esiste opzione diversa che sia più valida, dobbiamo convincercene. Non è né più semplice né più facile, è soltanto quella che serve.

E il Presidente cinese spero abbia iniziato a prendere le misure a Kim Jong-Un. Non credo, infatti, che il loro recentissimo incontro abbia costituito un serio passo avanti nel senso che molti gli hanno attribuito. Xi ha voluto capire con chi ha a che fare, ma si è rimesso in partita quale importantissimo attore in questo gioco. Tutto sommato, io credo che non sopporti più una Corea del Nord intrattabile anche se ora appare remissiva. E poi, il lupo cambia il pelo, si dice, ma non il vizio.

Soprattutto, la Cina credo sia stanca di trovarsi in mezzo a due forze contrarie: l’incognita di un attacco militare americano e la spinta a che applichi più forti sanzioni. Entrambe, con risultati potenzialmente devastanti per la stabilità sulla porta di casa. Tutto qui! Dopo che la sua proposta di applicare un dual freeze ha avuto scarsissimo successo, per levarsi temporaneamente d’impaccio Xi ora opta per un diretto dialogo tra i due: Trump e Kim. Ma sotto il suo patrocinio. Diciamo che è anche una sfida agli americani: vediamo che cosa siete capaci di fare voi con questo soggetto! Ma Xi non può permettersi di essere messo da parte. Da qui l’incontro con il coreano, per saggiare il terreno e il ragazzotto Kim, ma anche per fargli capire chi è l’oste e chi è l’ultimo amico che gli rimanga.

Situazione ingarbugliata e certamente non facile ma ben lungi da suggerire speranze di riuscita. Anzi!

L’unica via sicura per porre fine a questa saga è quella di un cambio di regime. Bisogna rassegnarsi e rendersi conto che fin quando Kim Jong-Un sarà al potere, ogni tentativo di negoziazione e, quindi, di denuclearizzazione o di controllo efficace della nuclearizzazione della penisola sarà inutile, con risvolti imbarazzanti e spesso ridicoli.

Inoltre, ora noi conosciamo anche se molto poco Kim, ma non conosciamo affatto chi verrebbe dopo di lui, anche se il “paninaro” dovesse venire meno per via naturale a causa di un’indigestione di hamburger. E ricominciare la medesima storia sarebbe davvero penoso e molto più pericoloso, non conoscendo dell’altro né i suoi limiti né i suoi non limiti, con una Corea del Nord ben più capace nei settori nucleare e missilistico.

L’ultima cosa che serve, quindi, è quella di continuare a nutrire illusioni per un incontro, che credo sarà non conclusivo, e per un duraturo accordo, che io giudico improbabile, persistendo nel cullarsi in ipotesi sin troppo accattivanti, ma di quelle ingannevoli che ci fanno tener viva un’inutile speranza.

Autore