ROMA. Tra il 2009 e il 2011 l’Etna è stato interessato da un aumento del campo di gravità terrestre e da un sollevamento del suolo seguiti, nel periodo 2011-2014, da una diminuzione di gravità accompagnata da un fenomeno di subsidenza, ovvero di abbassamento del suolo.
Tali variazioni sono collegate allo spostamento del magma da e verso una sorgente
magmatica localizzata sotto l’area sommitale del vulcano. È quanto è emerso dallo studio “A long-term charge/discharge cycle at Mt. Etna volcano revealed through absolute gravity and GPS measurements”, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e recentemente pubblicato sulla rivista ‘Journal of Geodesy’.
I risultati, ottenuti attraverso l’analisi di misure assolute dell’accelerazione della gravità
terrestre e della deformazione verticale del suolo, riguardano l’intervallo temporale compreso tra il 2009 e il 2018, un periodo caratterizzato da numerose e intense fasi eruttive che hanno interessato i crateri sommitali dell’Etna.
Nonostante le condizioni ambientali difficili che caratterizzano la sommità del vulcano, i
ricercatori hanno installato periodicamente sull’Etna dei gravimetri assoluti, in genere
progettati per funzionare in condizioni di laboratorio. Con i dati raccolti hanno tracciato le più piccole variazioni del campo di gravità che si sono verificate su scale temporali di diversi anni.
“Nonostante la più che ventennale storia delle misurazioni della gravità sull’Etna, un dataset di circa 10 anni di misure dell’accelerazione di gravità assoluta, effettuate su uno dei vulcani più attivi al mondo, è senza precedenti e di per sé eccezionale”, spiega Filippo Greco, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio.
“Con le nostre analisi congiunte abbiamo individuato una sorgente magmatica localizzata sotto l’area sommitale del vulcano, a una profondità di circa 5 km sotto il livello del mare. Poiché la variazione di volume della sorgente, emersa dall’analisi dei
dati delle deformazioni del suolo, corrisponde a una variazione di massa molto inferiore rispetto a quella necessaria per spiegare le variazioni di gravità osservate, abbiamo ipotizzato che questa differenza sia dovuta alla compressibilità del magma nella sorgente individuata, resa più efficiente dalla presenza di gas”.
“Nel complesso, i dati della gravità e delle deformazioni del suolo hanno rivelato che nel periodo tra il 2009 e il 2011 vi è stato un ciclo di ricarica magmatica di questa sorgente, a cui è seguito un successivo ciclo di svuotamento tra il 2011 e il 2014”, afferma Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV e co-autore dello studio. “Durante la fase di ricarica si è verificato solamente un degassamento dai crateri sommitali del vulcano mentre, nel corso della fase di svuotamento, il magma ha alimentato l’eccezionale fase di attività vulcanica registrata tra il 2011 e il 2014, quando si sono verificati numerosi episodi di fontana di lava”.
“Il nostro lavoro conferma, con dati molto accurati e unici, l’importanza della multidisciplinarietà nello studio dei vulcani. È fondamentale, infatti, osservare i diversi effetti dello stesso fenomeno, attraverso l’integrazione e il confronto di misure e dati differenti ma complementari. Ciò consente, infatti, di ottenere una visione quanto più completa delle dinamiche che avvengono all’interno di sistemi complessi come quelli vulcanici”, conclude Greco.
I risultati ottenuti sono importanti nell’ottica della valutazione del rischio vulcanico a lungo termine e incoraggiano l’esecuzione di misure assolute dell’accelerazione di gravità per integrare il monitoraggio della deformazione del suolo nei vulcani in cui i cicli magmatici possono svilupparsi su scale temporali che vanno dai mesi agli anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA