Innovazione e made in Italy: la protezione del marchio va tutelata in ogni momento del processo produttivo

Di William Nonnis *

ROMA (nostro servizio particolare). Il nuovo Governo, come enunciato nel discorso d’insediamento del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, lo scorso 25 ottobre (L’Italia deve tornare ad avere una politica industriale, puntando su quei settori nei quali può contare su un vantaggio competitivo. Penso al marchio, fatto di moda, lusso, design, fino all’alta tecnologia. Fatto di prodotti di assoluta eccellenza in campo agroalimentare, che devono essere difesi in sede europea e con una maggiore integrazione della filiera a livello nazionale, anche per ambire a una piena sovranità alimentare non più rinviabile), tra le priorità dei suoi impegni si è posto la valorizzazione del made in Italy, sia come tratto distintivo della nostra identità agroalimentare, che come garanzia di alta qualità di prodotti, specie in ambito di stile e moda.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ,Giorgia Meloni

Dalla dieta mediterranea, apprezzata e seguita in tutto il mondo non solo per la bontà della produzione agricola nostrana, ma anche per le sue proprietà alimentari e nutritive benefiche, all’Italian Style, indice di un’iconica eleganza e raffinatezza nella moda, nel design e nei prodotti di particolare pregio dell’industria e dell’artigianato del nostro Paese, il made in Italy è un valore estremo anche e soprattutto per la nostra economia.

Pertanto la protezione del marchio, a tutela dalla contraffazione, va strutturata durante tutto il processo di filiera del prodotto italiano, sia esso agroalimentare che manufatturiero, monitorando e verificando ogni step della supply chain, per fornire al cliente ultimo un prodotto di qualità certificata.

L’utilizzo del digitale, con strumenti consolidati nel tempo e con altri di ultima generazione, come la Blockchain, AI, IoT/IoE, diviene la carta vincente per superare questa complicatissima sfida internazionale, poiché tecnologie disruptive, proprio come la blockchain, con le sue caratteristiche di trasparenza e immutabilità dei dati registrati, possono offrire la garanzia, impossibile altrimenti, di tutto il processo di filiera.

Infatti, la blockchain, quella vera “permissionless”, l’unica realmente pubblica e totalmente distribuita, essendo un registro digitale di dati pubblico, condiviso ed immutabile, come straordinaria peculiarità ha la decentralizzazione, vale a dire che i dati in essa inseriti, suddivisi in blocchi concatenati ed in ordine cronologico, non sono gestiti da un’autorità centrale che ne detiene il controllo ma, grazie al suo Sistema Distribuito, sono collocati su tantissimi “nodi” che procedono alla registrazione e al salvataggio del dato in modo autonomo ed indipendente.

L’olio italiano apprezzato in tutto il mondo (Foto da Wikipedia)

Ciò consente la massima trasparenza, perché il dato, una volta immesso in rete, e solo dopo essere validato da almeno il 51% dei nodi, non può essere più modificato e, proprio da qui, deriva l’altra fondamentale caratteristica della Blockchain che è l’immutabilità.

Niente e nessuno, infatti, dopo la registrazione, potrà manomettere o alterare quel dato, il che rappresenta una del tutto nuova e totale trasparenza e una nuova fiducia da parte dell’utente verso questo protocollo informatico, capace di gestire e conservare i dati senza timore alcuno che essi possano essere falsati.

Oltre a tutto ciò, la Blockchain è ampiamente in grado di gestire la forte criticità della sicurezza, grazie alla sua infrastruttura ben articolata e complessa.

Ciò premesso, la Blockchain è sicuramente un ottimo alleato per affidabilità e sicurezza delle informazioni circa un dato prodotto ma, come vedremo meglio, non può da sola risolvere tutte le criticità di un processo di filiera.

Si pensi, ad esempio, al nostro oro verde, l’olio Evo che, per ragioni di estensione delle coltivazioni e di tempi di prima fruttificazione degli alberi di olivo (dai 3 per alcune varietà, ai 5 fino ai 12 per altre) e delle successive fruttificazioni che si compiono nell’arco di due anni, non può soddisfare la richiesta di tutta la popolazione italiana, ragion per cui, l’olio che negli scaffali dei supermercati reca in bella mostra l’etichetta con su scritto “olio italiano”, per ovvi motivi, non può essere tale.

Analizzando meglio la questione, ci è dato sapere dove sono ubicati precisamente i campi di provenienza delle olive di una data marca di olio?

E ancora, le olive di uno specifico lotto, di cui fa parte la bottiglia che stiamo acquistando, quanta irrigazione hanno ricevuto e quanta pioggia, grandine o neve ne hanno determinato la qualità?

Se questo primo step, in virtù della sensoristica digitale (IoT/IoE), può essere facilmente superato, così da poter avere certezza circa la provenienza e la qualità del prodotto giunto a fine filiera, un altro quesito di tracciabilità delle nostre olive ci viene dalla spremitura delle stesse, una volta portate nei frantoi industriali.

Il logo del 5G

Infatti, come si può avere certezza che nel processo, dalla torchiatura all’imbottigliamento, le olive provenienti da coltivazioni differenti, seguano un loro specifico iter industriale?

Ancora una volta in questo caso gli strumenti tecnologici potrebbero offrire un essenziale contributo in termini di tracciabilità, ma certo si tornerebbe alla enorme criticità iniziale dell’insufficiente quantità di olive nostrane a coprire la richiesta del mercato.

Per motivi di marketing, dunque, che sempre cozzano con la qualità e la trasparenza del prodotto, si preferisce non tracciare a dovere.

Anche in supply chain di ambiti differenti potrebbero verificarsi le medesime o altre tipologie di criticità rispetto a quelle dell’indotto oleario, per cui la blockchain, che pure non ha necessità di fiducia perché è essa stessa fiducia, per quanto utilissima. non può risolvere alla radice il problema dell’immissione di dati errati nella sua rete.

Intendo dire che, una volta inserita l’informazione nella rete della Blockchain, essa non è più manipolabile ma, ed è qui il vero tallone d’Achille di questa nuova tecnologia, chi potrà garantire la veridicità di quella informazione prima dell’immissione nel network?

Ora, tornando alle intenzioni del nuovo Governo, per assolvere l’impegno di forte valorizzazione del made in Italy, è evidente che si debba agire sulla fiducia del consumatore nei confronti dell’eccellenza qualitativa del prodotto scelto e ciò, come abbiamo visto, è materia facile per la Blockchain, a patto che essa venga utilizzata in modo efficiente e funzionale.

Il sottosegretario della Presidenza del Consiglio, Alessio Butti

Sarebbe stato di grande ausilio allo scopo l’opera di coordinamento del Ministero dell’Innovazione, ma nel nuovo Governo se ne è persa traccia, cosicché si è affidato al sottosegretario della Presidenza del Consiglio, Alessio Butti, l’onere di occuparsi del tema che è fiore all’occhiello della nostra economia, il made in Italy.

E non solo, perché si è scelto di concentrare attorno alla medesima carica i temi concernenti l’innovazione nella Pubblica Amministrazione, con relativo restyling e sburocratizzazione del sistema.

E, se non fosse ancora abbastanza, il sottosegretariato dovrà occuparsi anche della messa a punto di un Cloud Nazionale, altro tema caldissimo, generatore di enorme confusione nell’utente, sospeso tra la distribuzione e decentralizzazione della Blockchain e la centralizzazione delle informazioni in un cloud nazionale.

La risorsa scelta per questo ruolo dal Governo, sicuramente è una figura di altissimo livello perché, già in passato, impegnata con Fratelli d’Italia nell’ambito delle telecomunicazioni, dell’archiviazione dati con il cloud, della tutela dei dati, dei big tech e del 5G.

Al sottosegretario Butti, il mio augurio che, grazie alla sua tanta competenza e, affiancato da un’ottima squadra di lavoro, dotata di visione e soprattutto di una volontà etico/sociale, possa coordinare al meglio i lavori per un ammodernamento in direzione digitale, che l’EU, assieme a tutta la nostra cittadinanza, ci richiede per essere al passo con il tempo nuovo che è già alle porte.

Valorizzare, come e quanto possibile il made in Italy che rappresenta nel mondo, il nostro standard di alta qualità, è la sfida economica forse più importante a cui siamo chiamati dalla UE a rispondere, per poter creare PIL, anche grazie ad una formazione altamente specialistica in ambito innovativo, ahimé ancora fin troppo carente nel nostro Paese.

*Full Stack & Blockchain Developer, dal 2012 si occupa solo di Blockchain prima per il Ministero della Difesa ora in ENEA.

Nel 2021, premiato da ANGI e la Presidenza del Consiglio, come eccellenza Italiana in ambito Blockchain e Innovazione Digitale. Riconosciuto come uno dei massimi esperti per la sua esperienza in questo campo, risulta tra i 10 Top Blockchain Developer, è conosciuto da questo mondo come il “purista della Blockchain”.

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