Iran, dalla rivoluzione del 1979 all’evoluzione contemporanea del Paese. Il Governo deve puntare a nuove ricette economiche per venire incontro al popolo persiano

Di The Hawk

Tehran. A 40 anni, dopo la svolta nella storia l’Iran è ancora qui, più forte che mai. All’inizio sembrò una banale rivoluzione, a guida clerico-spirituale, destinata a crollare in un battito d’ali, ma gli analisti sbagliarono i conti, non compresero l’orgoglio persiano, lo sottovalutarono.

Una manifestazione a Tehran

Negli anni ’70, in piena Guerra Fredda, lo scontro tra gli USA e “l’Orso sovietico” fu a tutto campo. L’Iran era un Paese dotato di ingenti risorse energetiche ma, soprattutto, era in una posizione chiave per quel tempo. Furono installate le basi di controllo e di ascolto nel fianco dell’URSS, in un’area decisiva per i test militari.

Fu come Cuba per gli USA. Ma la Persia era più grande e ben incuneata nel fronte meridionale sovietico. L’Iran aveva anche investito molto sulle Forze Armate, le quali erano ottimamente equipaggiate, con i migliori sistemi d’arma e con ottimi consiglieri/addestratori americani. In cambio, vi era l’utilizzo del petrolio e dello spazio dell’etere sovietico.

Un manna per la strategia americana.  E, come in ogni parte del mondo ove insisteva una contrapposizione con la politica di Washington, l’Unione Sovietica cercò di destabilizzare il Paese, usando ogni metodo.

Molto attivi e ben finanziati furono i movimenti di ideologia comunista. Le giovani leve crearono circoli culturali ed ideologici, contrastati pesantemente dalla SAVAK, la Polizia segreta persiana. Molti di loro furono condotti nelle prigione di Ebrat e non ne uscirono più.

Agenti della Savak in azione

La testimonianza è ancora sulle pareti del carcere con migliaia di foto a ricordo. Anche l’attuale leader religioso Ali Khamenei ha trascorso circa un anno tra le mura di Ebrat.

La più attiva organizzazione di matrice comunista fu la Confederazione degli Studenti Iraniani, cresciuta e radicata nelle Università di tutto l’Iran.

Ma è anche vero che la rivoluzione, del febbraio 1979, fu una sorta di ribaltone a guida culturale religioso che, seppur chiamando tutto il popolo alla cacciata dello Shià, non aveva mai visto nel movimento politico comunista il sincero e valido alleato.

Infatti, nel 1981, migliaia di membri appartenenti o simpatizzanti ai movimenti di ideologia comunista furono arrestati o uccisi dal regime islamico.

Il timore del nuovo corso di matrice religiosa fu quello di dover condividere la rivoluzione con dei potenziali reazionari che potessero destabilizzare i principi della rivolta: in sintesi erano già considerati un pericolo.

I momenti successivi alla rivoluzione ed alla cacciata dello Shià portò ad un periodo di “purghe” interne, di sommarie esecuzioni, di arresti di massa, specie nell’ambito delle Forze di sicurezza e nelle Forze Armate, considerate filo americane.

Da ricordare, a questo proposito, la decimazione dei piloti dell’Aeronautica Militare, professionisti ed altamente preparati. La guerra con l’Iraq li salvò, per il necessario bisogno di impiego degli aerei da combattimento che nessun altro poteva pilotare.

La guerra con l’Iraq fu il vero collante della rivoluzione. Il popolo persiano, fiero ed orgoglioso, venne tradito in un momento di debolezza interna da un dittatore, il vicino della porta accanto. Questo elevò il senso di patria e di riscatto, alimentando il vento della rivoluzione come unica forma di coesione del paese.

La guerra contro Saddam Hussein non è mai stata considerata come una guerra contro il Paese, contro i fratelli iracheni, ma è ricordata come la Sacra Difesa, proprio contro il tiranno iracheno. Questa visione ha sempre mantenuto aperta la porta del dialogo e di fratellanza con gli iracheni, anche perché la maggior parte di essi sono sciiti.

Ricordo un incontro con l’ex comandante della Polizia iraniana, Brigadiere Generale Esamil Moqaddam, un ufficiale che, nonostante il mandato internazionale di arresto dell’Interpol per i fatti del 2009, era un vero comandante, amato dai propri uomini.

Mi raccontò un fatto avvenuto durante la guerra contro l’Iraq. Il Generale era schierato nel settore centrale a capo di un’unità e due persone in abiti civili si presentarono da lui. Chiese cosa volevano, risposero che volevano combattere per il proprio Paese. Non avevano alcun addestramento e provenivano da Hamedan.

Lui li ringraziò della loro disponibilità, consegnò loro un paio di missili antiaerei spalleggiabili e disse di lanciarli contro tutti gli aerei che provenivano da quella direzione.

Con questo aneddoto, il Generale Moqaddam volle sottolineare il sentimento persiano per la difesa del proprio Paese. Questo è il sentimento che molti nemici dell’Iran tendono a sottovalutare, credendo di poter rovesciare il potere con un semplice colpo di mano.

L’Iran oggi è ancora un animale ferito da sanzioni internazionali che sembravano finalmente concluse con il sospirato accordo JCPOA.

Il potere politico-religioso.

Il potere politico-religioso è ancora forte. Sotto la guida lucida e vigile dell’Ayatollah Khamenei l’Iran guarda ancora avanti con fiducia. Il potere politico-religioso è basato sulla Guida Suprema, il Consiglio dei Guardiani (con compiti specifici) ed un numero ristretto di figure che consigliano quotidianamente Khamenei. Il potere politico-religioso si espleta con il Parlamento e successivamente con il Governo.

Ali Khamenei

Il leader Supremo in ogni suo discorso (attento e ponderato) detta la strada che il popolo deve seguire. E’ amato dagli iraniani anche se spesso gli rinfacciano di applicare con rigidità le regole della religione sciita e l’interpretazione più restrittiva delle norme di vita sociale.

Ma il potere politico-religioso si incatena sulla struttura repressiva ed attenta proprio delle IRGC (Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica) è il vero braccio operativo che applica il pensiero guida e taglia sul nascere ogni forma di contestazione non in linea con i principi della rivoluzione.

La Polizia delle IRGC, lunga mano del potere clericale, è spesso vista con un occhio di sospetto anziché come i veri guardiani della rivoluzione.

Il Governo deve guidare allo sviluppo della Nazione, tessendo tele differenziate per ogni Paese estero e lasciando aperto ogni spiraglio di accordo politico-commerciale. L’Esecutivo ha una sorta di dipendenza dal Parlamento che svolge un’azione di controllo pieno su di esso, al punto tale che può limitare il mandato e le decisioni.

Quindi il compito del Governo è quello di raggiungere gli obiettivi che il sistema politico-religioso si prefigge per il bene del Paese nei vincoli dei principi della rivoluzione e della religione sciita.

Il potere militare

Il potere militare è saldamente in mano alle figure dei Pasdaran, le Guardie della Rivoluzione, coloro che detengono la responsabilità di mantenere alti i principi del popolo persiano che hanno portato alla sollevazione contro lo Shià.

I Pasdaran hanno in mano il vero potere militare ed economico del Paese.

Pasdaran iraniani

Tutti i vertici militari appartengono alle IRGC (anche quelli politici) con un passato attivo spesso formatosi nelle file dei Basiji. Le IRGC sono composte delle Forze Qods (le vere Forze Speciali), terrestri, navali, aeree, per la difesa aerea e soprattutto quelle missilistiche.

Le IRGC dipendono in caso di conflitto dal comandante delle Forze per la Difesa, che comprendono anche quelle convenzionali e per la sicurezza dipendono direttamente dalla Guida Suprema.

Infatti, al fianco di Khamenei si trova spesso il Maggiore Generale Solemaini, comandante delle Forze Qods, un grandissimo capo venerato da ogni Pasdaran.

Solemaini è il vero artefice della lotta contro l’ISIS, coordinando le Forze sciite sia in Iraq che in Siria. Il vero coordinamento di esse è stata chiave di volta delle lotta del declino delle fazioni estremiste sunnite. Solemaini, sempre acclamato dai giovani e meno giovani Pasdaran, è sempre stato nell’ombra, rifiutando la notorietà che spesso si addice ai veri comandanti. Le uniche apparizioni sono sempre state in silenzio accanto alla Guida Spirituale oppure durante le conferenze presso gli istituti militari iraniani.

Le Forze Armate nel loro complesso cercano di dimostrare una valida preparazione ed un moderno equipaggiamento. Con le sanzioni imposte le armi ed i sistemi d’arma sono stati sviluppati attraverso le acquisizioni presso il mercato nero, con l’aggiramento dei controlli internazionali, con lo sviluppo del forte arsenale in dotazione prima e dopo il conflitto con l’Iraq e con il “reverse engineering” da ottenimenti non sempre leciti.

Il Ministro delle Difesa e della Logistica, Brigadiere Generale Hatami, ha il compito di dotare le Forze Armate iraniane delle più sofisticate armi e sistemi d’arma, coordinando le industrie iraniane del settore e spendendo le adeguate risorse per il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla Guida Suprema.

In questo campo, gli sforzi principali sono nel settore missilistico che vede l’Iran sviluppare sistemi idonei a incrementare la loro gittata ed il potere distruttivo così da poter minacciare quei paesi che considerano ostile il popolo di Tehran. Il termine minacciare non sarebbe adeguato, in quanto l’arsenale sviluppato sarebbe come eventuale ritorsione ad un attacco al territorio iraniano.

In tale quadro si pongono i nuovi sistemi presentati qualche giorno fa, nuovi sistemi ma che in realtà sono il naturale sviluppo di precedenti realizzazioni.

Di certo le Forze Aerospaziali, che sono una branca delle IRGC, hanno raggiunto livelli ragguardevoli, una vera minaccia sia per i Paesi del Golfo che per quelli che si affacciano sul Mediterraneo.

La riprova è data dal lancio di vettori balistici su probabili target dell’ISIS dopo l’attentato alla parata militare di Ahwaz, capoluogo della provincia del Khuzestan. Sarebbero stati lanciati sei missili del tipo Zolfaqar, MRBM, sviluppo del missile Fateh 110 a propulsione solida e dotato di una testata MRV e Qjam, SRBM, derivato dalla famiglia SCUD, sviluppo dello SHAHAB 2 a propulsione liquida.

Difficile valutare il danno prodotto sugli obiettivi considerando che forse non tutti i vettori sarebbero giunti sul bersaglio, ma comunque è stata dimostrata la volontà decisionale, la determinazione politico-militare-religiosa e la capacità tecnologica raggiunta.

In tale contesto si possono inquadrare i nuovi sistemi presentati in questi giorni, specie durante la recente 40^ esibizione tecnologica ove erano presenti numerose autorità diplomatiche e militari di altri Stati.

Il potere economico

E’ la sfida del momento. Dopo la firma del e lo stop alle sanzioni economiche, il sistema iraniano era ripartito nei mercati, specialmente in quello energetico, al fine di rimpinguare le casse dello stato.

Purtroppo il supporto dato alla causa siriana, a quella yemenita, a quella palestinese, ai fratelli Hezbollah libanesi ed altre minoranze sciite presenti in Medio Oriente, ha determinato un incremento di costi che sono ricaduti sul popolo persiano.

I costi hanno fatto lievitare il prezzo dei prodotti, anche quelli base, prodotti su cui poggia la vita quotidiana delle persone. Ma tutto ha un limite ed il popolo ha dimostrato il proprio disappunto.

Le recenti manifestazioni popolari avevano proprio lo scopo di urlare contro il Governo la rabbia di una nuova era di privazioni, dopo quelle già passate negli anni bui delle sanzioni. Privazioni poco accettate.

Il potere economico delle imprese, legate al mondo internazionale, passa da Khatam al-Anbiyà, il cuore imprenditoriale dei Pasdaran.

Nessuna ditta può organizzare progetti economici con l’estero senza il permesso delle Guardie della Rivoluzione. Un sistema che funziona e che permette al potere politico-religioso di avere il polso della situazione delle economie del Paese. Ma non è bastato e non basta. Si deve fare molto di più per tornare a guadagnarsi quella fiducia che i persiani hanno dato ai leader religiosi, politici e militari.

In questi giorni vengono trasmessi numerosi reportage da Tehran, si vedono molti giornalisti girare e commentare parlando di inflazione, costo elevato della vita e di code per fare la spesa ai negozi.

Una manifestante contro il carovita

Ma non è proprio così. I bazar, sia il bozorg che quelli rionali, sono pieni di generi alimentari. I supermercati, cresciuti di numero negli ultimi anni, hanno gli scaffali pieni di ogni bene. Certo i prezzi sono lievitati significativamente, ma ancora si riesce a sostenere il peso delle nuove sanzioni.

Esiste frutta e verdura fresca in ogni mercato, segno che l’economia locale è ancora sostenibile. Quindi è da valutare bene quali privazioni stanno subendo gli iraniani. E poi c’è da considerare il tenore di vita, quello di Tehran non è quello delle altre città dell’Iran. Ad esempio il pane, in città come Yazd e Esfahan il suo costo è almeno 4 volte inferiore. Per non parlare di altri generi nelle città più a Sud. Fuori Tehran il costo della vita è assai inferiore e più sostenibile.

Le sanzioni unilaterali che Trump ha voluto imporre hanno ottenuto pesanti effetti ma non hanno piegato l’orgoglio persiano che si è adattato al sistema cercano nuovi adattamenti ai mercati.

Come durante le sanzioni internazionali prima del JCPOA, l’Iran aveva ottimi rapporti commerciali con Turchia, Cina, India e come hub economico usava Dubai. Con queste sanzioni si riparte, stesse modalità e stessi mercati. Anzi, forse sarà meglio perché si spera che l’Europa rimanga il giusto partner per il mercato.

In sintesi, sono passati 40 anni dalla rivoluzione, dalla cacciata dello Shià, 8 anni di guerra, oltre 15  anni di pesanti sanzioni, ma l’Iran è cresciuto enormemente.

Ha sviluppato un potere economico considerevole, tale da essere il primo Paese di energia (gas e olio) nel Golfo, di risorse energetiche appetibili sia dai Paesi asiatici (Cina per prima) che da quelli europei: il gas sarà vitale nel prossimo futuro.

L’economia non è basata esclusivamente sugli introiti energetici, come erroneamente ha fatto il Venezuela, ma è diversificata su varie tipologie produttive, segno che l’economia è forte e stabile. Troppe sono le uscite monetarie per sovvenzionare i Paesi amici, troppe spese diventate insostenibili.

La guerra in Siria ha un costo elevato, pagato in prima persona da Tehran per l’amico Assad, serve una chiara riduzione per evitare tensioni interne e consolidare il bilancio iraniano, bilancio più volte contestato dal Majles ed in prima persona da Alì Larijani, il suo presidente.

Il Presidente siriano, Bashar Al Assad.

Quindi dopo 40 anni l’Iran è una vera potenza regionale, stabile e forte. Non si può parlare di condurre azioni per rovesciare il sistema politico religioso, non è nella volontà del popolo iraniano che vuole solo poter vivere con la dignità che gli compete.

Non è ancora arrivato il momento di parlare di crisi della rivoluzione, essa aleggia ancora nell’aria più viva che mai e non vi sono segni di cedimento.

Però serve una manovra economica che rispetti maggiormente il popolo iraniano.

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