Iran, un’analisi sui diritti umani. E’ molto discutibile associare la loro violazione ai pasdaran

Di The Hawk

Tehran. Recentemente sono apparsi spunti di riflessione sul rispetto dei diritti umani in Iran ed il richiamo come campanello di allarme verso le istituzioni europee.

Questi spunti partono dalla decisione del Dipartimento di Stato USA, il 15 aprile scorso, quando ha ufficialmente inserito le Guardie della Rivoluzione nella lista delle Organizzazioni Terroristiche Internazionali, ove già spiccano, tra l’altro, gli Hezbollah (dal 1997), Hamas (dal 1997) e al Qaeda (dal 1999).

Ma davvero in Iran la violazione dei diritti umani è così grave?

I Diritti Umani sono riportati in 30 articoli sottoscritti nella Dichiarazione Universale di Diritti Umani, adottata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 217 del 10 dicembre 1948.

L’aula dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

Essi si possono raggruppare in quattro principali pilastri: dignità, libertà, uguaglianza e fratellanza.

In questi 30 articoli si proteggono i valori dell’essere umano in quanto tale: diritti a prescindere dal sesso, dall’etnia e dalla religione. In essi vengono sottolineati la libertà personale, la sicurezza, la libertà di pensiero ed i propri diritti economici, sociali e culturali.

Sono “diritti” perché sono atti che è permesso fare e per considerare l’essere umano un protetto da soprusi nel diritto della pace e della fratellanza tra i popoli.

Uno dei punti chiave è la tolleranza in quanto basilare nel vivere insieme ed in una comunità sia di intenti che di persone.

Associare la violazione dei Diritti Umani alle IRGC è alquanto discutibile.

In Iran la Rivoluzione è salvaguardata dal sistema teocratico che si basa sulla fedeltà del popolo, dalle istituzioni e dai Guardiani della Rivoluzione, le IRGC o comunemente chiamati pasdaran. Queste guardie sono la massima espressione della lealtà alla nazione, quindi al popolo, ed al Leader religioso, l’Ayatollah Khamenei. Nascono proprio dalla rivoluzione del 1979 e sono figure rispettate in tutto il paese per il loro senso di patria e per la dedizione alla salvaguardia della Repubblica Islamica dell’Iran.

Ali Khamenei

Diventare pasdaran non è semplice ma vi si accede dopo un duro iter selettivo ed un percorso che generalmente nasce dall’appartenenza alle forze basiji, la milizia locale.

La struttura delle IRGC si suddivide principalmente in due branche, una militare e di sicurezza e l’altra economica.

La branca militare e di sicurezza è composta dalle Forze di terra: navali, aeree, strategiche (praticamente tutto il sistema missilistico iraniano) e di polizia. Inoltre fanno parte delle IRGC le Forze Qods, le Forze speciali che hanno compiti di sicurezza sul territorio nazionale e all’estero.

Il Comandante delle IRGC, di recente nominato il Maggiore Generale Hossein Salami, siede di norma alla sinistra del Leader religioso, da cui dipende e risponde direttamente per la sicurezza del Paese.

Il Maggiore Generale Hossein Salami

Uno dei migliori comandanti dei pasdaran è il Maggiore Generale Soleimani, già comandante delle forze Qods. E’ stato l’artefice delle sconfitta dell’ISIS, ovviamente non riconosciuto in Occidente.

Il Maggiore Generale Soleimani

E’ il Generale che ha ricostruito e ordinato le Forze in Iraq ed in Siria. Il suo progetto, realizzato con successo, è stato quello di ristrutturare le unità sciite ed alawite rimaste, addestrale con le recenti tecniche di contro guerriglia e poi coordinarle nelle azioni contro l’ISIS. In Iran è un idolo per ogni pasdaran.

La branca economica delle IRGC, invece, segue le maggiori industrie di import ed export dell’Iran. Tutte le imprese ed aziende passano per Khatam al-Anbiya, il centro economico di tale sistema. Realizzato durante il conflitto contro l’Iraq, per centralizzare l’economia, ha mantenuto il suo ruolo garantendo adeguati fondi e risorse ai progetti strategici dell’Iran.

Quindi le IRGC sono una struttura militare, di sicurezza ed economica vitale per l’Iran che perseguono principi etici, morali e religiosi per la difesa del popolo iraniano. Il rispetto è basilare per il loro successo nella comunità iraniana.

Tornando ora ai diritti umani violati, si possono prendere alcuni dati ufficiali per avere un quadro di situazione internazionale e porre in riferimento l’Iran. Consideriamo due fattori che evidenziano immediatamente il senso di libertà e di giustizia di un popolo: la libertà di stampa, che dimostra la libertà di espressione democratica di una Nazione, e le esecuzioni capitali, che pongono in essere il più alto valore dell’uomo, cioè la vita.

Secondo i rapporti di Reporters sans frontières (RSF), la libertà di stampa nel mondo è spesso minata dai regimi totalitari o dai governi assolutisti.

In merito, anche l’Italia comunque non è esente dall’essere criticata dalla sua politica di censura. Secondo il rapporto 2018 di RSF il governo di Roma si piazza al 43° nella classifica mondiale. Ma se osserviamo i Paesi a noi amici, o quelli con cui tratteniamo importanti rapporti commerciali, vediamo che gli USA sono al 48° posto, il Giappone al 67°, Israele al 88°, la Turchia al 157°, l’Iran al 170° e la Cina al 177° posto.

Quindi se consideriamo questi dati l’Iran potrebbe essere un mostro, ma in buona compagnia. Da rilevare che in questo Paese vi è un elevato numero di quotidiani locali e nazionali e che la censura viene applicata principalmente sulle testate internazionali disponibili on line che spesso distorcono le informazioni sul’Iran stesso. Generalmente tali notizie inattendibili sono create appositamente per cercare di destabilizzare il sistema iraniano e sobillare il popolo. La censura in questo caso agisce per il bene dello Stato.

Se si osserva la pena capitale, valutata la peggiore delle violazione dei diritti umani, i dati sono ancor più importanti. Dal rapporto 2018 di Amnesty International il Paese con il più alto numero di condanne a morte ed esecuzioni è la Cina con oltre 5 mila persone. Seguono l’Iran con 253, l’Arabia Saudita con 149, l’Iraq con 52, Egitto con 43, USA con 25 ma anche Singapore con 13 persone.

Anche una sola esecuzione capitale pone qualsiasi stato nella lista di coloro che violano i diritti umani, senza scuse o giustificazioni.

In Iran, le esecuzioni capitali avvengono principalmente per due basilari motivi, uno per traffico di droga e l’altro per un “fatto di sangue”.

Il traffico di droga è una piaga smisurata perché in Iran passa il più grande corridoio che unisce l’Afghanistan (principale produttore mondiale di oppio) e la Turchia, ponte verso l’Europa.

I trafficanti sanno che, se intercettati dalle Forze di polizia iraniane sempre attive, verranno puniti con la pena capitale, ragion per cui, vista la mal parata, avvengono numerosi conflitti a fuoco.

Tutti i trafficanti di droga sono puniti con la pena capitale da eseguirsi nella pubblica piazza, come monito per i giovani. Non sarebbe ammesso alcun perdono.

Per i “fatti di sangue”, invece, la pena di morte è decretata per una vecchia legge islamica, denominata appunto “legge di sangue”. Se un reo commette un omicidio la famiglia del deceduto viene “ripagata” con la morte dell’imputato, anch’essa da eseguirsi per impiccagione su pubblica piazza. Però, in questo caso, l’ultima parola per la grazia spetta al parente più stretto del morto che, di norma, schiaffeggia il colpevole per perdonarlo.

In sintesi, in Iran i diritti umanitari sono di norma salvaguardati, molto di più che in altri Paesi. Anche la condizione femminile, che spesso viene criticata dal mondo occidentale, è invece tutelata dal sistema teocratico che applica le indicazioni riportate sul Corano.

In questo caso vi sono dei limiti, ma sarebbero accettati perché è una imposizione religiosa. Anche la lapidazione è una pena che non viene più inflitta da anni, molti anni. Rimane solo prevista dal sistema giudiziario ma non è mai applicata.

Queste imposizioni sulla condizione della donna sono evidenti in tutti i Paesi del e del Sud Est asiatico. Sono Paesi ove vige l’Islam come religione di stato. Forse si può anche affermare che in Iran vi sia una maggior tolleranza in quanto vige il maggior rispetto.

Per tutti gli altri pilastri dei diritti umani in Iran non vi sono problemi particolari, il popolo è libero di esprimersi e di vivere in libertà. Gli unici limiti sono per la salvaguardia dei principi della rivoluzione, principi che non tollerano interferenze o azioni per sovvertire il sistema.

In Occidente spesso si leggono rapporti di ONG che lanciano proclami allarmistici sulle condizioni del popolo persiano, ONG che non sono mai entrate nel Paese e che non hanno alcuna idea sul quotidiano iraniano. Vengono sempre riportati concetti errati, come le manifestazioni contro il regime.

In realtà sono proteste per uscire da una crisi economica che sta pesando sulle famiglie iraniane. Il coinvolgimento in Siria, Iraq e Yemen ha costi elevati e Tehran non potrà sostenerli a lungo.

Spesso questi spunti di riflessione sull’Iran sono fatti da persone che non hanno mai vissuto o visto il Paese persiano, diplomatici e giornalisti di cultura limitata, che si ritengono in grado di poter analizzare e valutare il sistema iraniano, con scarsi risultati. E sono facilmente screditabili.

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