Roma. La lotta al terrorismo jihadista passa anche attraverso il ruolo delle moschee. L’analisi di Paolo Corbetta per Alpha Institute analizza la situazione dei luoghi di culto islamico.

Un fedele islamico in preghiera.
“L’odierno panorama europeo è significativamente mutato – scrive Corbetta -. I fenomeni di radicalizzazione e reclutamento di jihadisti sono per lo più legati ad Internet e alle carceri, luoghi sia fisici sia virtuali che, da un lato, hanno spinto le forze di sicurezza e le agenzie di intelligence del Vecchio Continente a una presenza sempre più capillare in rete dall’altro, hanno spronato istituzioni e ricercatori a confrontarsi con la sociologia della radicalizzazione e le problematiche che affliggono le carceri, quali la discriminazione etnico-religiosa da parte delle polizie penitenziarie, la pericolosità di avere imam che parlino solo arabo nelle prigioni o di cui non si abbia certa provenienza religiosa, il forte legame che può venirsi a creare fra radicalizzati e soggetti a rischio a causa della loro commistione quotidiana”.
Le moschee e i centri religiosi, al contrario, stanno proseguendo un cammino positivo che li vede come attori sempre più attivi nel contrasto alla radicalizzazione. “Tale fenomeno – aggiunge l’autore – si può spiegare grazie al coinvolgimento, da parte di istituzioni e forze di sicurezza europee, di tali enti nell’individuazione di soggetti a rischio o di situazioni ambigue; altra spiegazione si ritrova nel desiderio manifesto delle comunità musulmane di distaccarsi dai gruppi terroristici e dall’odioso slogan populista che vede in ogni cittadino o individuo di fede islamica un jihadista”