Tel Aviv. Nel maggio 1947 la Gran Bretagna annunciò all’ONU che si sarebbe ritirata dal Medio Oriente. Ed il 29 novembre dello stesso anno l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione n. 181 approvava il piano di divisione della Palestina che prevedeva la costituzione di due Stati indipendenti, uno ebraico e l’altro arabo. Ma il 14 maggio 1948 David Ben Gurion proclamò lo Stato di Israele, anche se ufficialmente entrò in vigore il giorno successivo, quando terminò il mandato britannico (1948 – PALESTINE-HMG termination of Mandate 1948).

Ben Gurion legge la dichiarazione di nascita dello Stato di Israele
Fu un giornalista visionario come Theodore Herzl che disegnò il nazionalismo ebraico, conosciuto come sionismo e di una patria per tutti gli ebrei in Palestina. Ciò avvenne durante il primo Congresso Sionista tenuto a Basilea, nel 1897.
Nel novembre 1917 il segretario britannico per gli Affari esteri, Arthur Balfour, proclamò quella che divenne la celebre, discussa, odiata dichiarazione Balfour che affermava che Governo di Londra vedeva con favore l’istituzione in Palestina di una casa nazionale per gli ebrei e che avrebbe utilizzato tutti i suoi mezzi per agevolare il raggiungimento di questo scopo, pur facendo in modo che nulla sarebbe stato fatto per pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche già esistenti in Palestina.

Balfour a Gerusalemme
I britannici amministrarono la Palestina come un’autorità militare dal 1917 fino al 1922. Quando la Lega delle Nazioni assegnò agli inglesi il mandato per governare la Palestina e preparare i suoi cittadini per l’autogoverno.
Aumentarono sempre più gli ebrei che volevano tornare nella loro Terra Promessa. Alcuni erano filo socialisti e crearono dei Kibbutz, delle comunità organizzate secondo criteri collettivisti e comunisti, in cui la popolazione viveva prevalentemente di agricoltura. Altri andarono a vivere nelle città o ne fondarono di nuove, la più importante delle quali fu quella di Tel Aviv. Tra gli immigrati ebrei si fece strada anche l’uso della lingua ebraica che fino ad allora era solo una lingua usata in ambito religioso.
Gli arabi palestinesi che non erano stati neppure nominati nel documento di Balfour, erano sempre più indisposti verso quello che percepivano come una sostituzione della propria popolazione con una straniera e di religione diversa. Peraltro la popolazione araba aumentava di continuo per l’arrivo di immigrati dagli Stati circostanti che venivano in Palestina spinti da salari comunque più elevati di quelli dei loro Paesi d’origine.
Oggi i palestinesi hanno ricordato il 69° anniversario di quello che loro chiamano Nabka, ovvero la Catastrofe. Perché per i palestinesi la nascita di Israele, la successiva guerra del 1948 e, secondo stime, la dispersione per 700 mila di loro sono stati anni molto critici.
Come ogni anno ci saranno numerose cerimonie in tutta la Cisgiordania, a Gaza e altrove ci siano comunità palestinesi nei campi profughi: dal Libano, alla Giordania, alla Siria.
Sulla Wafa, l’agenzia ufficiale palestinese, si sottolinea che l’anniversario di quest’anno coincide “con lo sciopero della fame in corso dei prigionieri palestinesi” nelle carceri israeliane.
“La catastrofe del 1948 ha causato la conversione di centinaia di migliaia di palestinesi in profughi” si aggiunge denunciando che “il Governo israeliano continua ad insistere sulla negazione dei diritti” del popolo palestinese e si astiene dal dare attuazione alle risoluzioni internazionali, tra cui la 194″ sulla restituzione dei diritti ai rifugiati palestinesi con il loro ritorno “alla loro terra da cui furono espulsi nel 1948.
I CONFINI DI ISRAELE