Di Giuseppe Gagliano
TEL AVIV. L’offensiva terrestre lanciata da Israele nel corridoio di Netzarim segna un nuovo capitolo nella guerra a Gaza e si inserisce in una strategia militare ben precisa che, al di là della narrazione ufficiale, appare mirata a ridefinire in modo permanente l’assetto della Striscia.
Con questa operazione, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) non solo tornano a esercitare un controllo diretto su un’area strategica ma puntano anche a consolidare un modello di gestione della sicurezza che potrebbe avere implicazioni di lungo termine.

L’analisi strategico-militare: obiettivi tattici e finalità operative
L’azione militare nel corridoio di Netzarim non è un’iniziativa isolata ma risponde a una logica di consolidamento del controllo israeliano su Gaza, rafforzando una divisione de facto dell’enclave palestinese.
La zona di Netzarim, situata nella parte centrale della Striscia, rappresenta un punto nevralgico per il movimento di uomini e risorse tra il Nord e il Sud, e la sua riconquista consente all’IDF di frammentare ulteriormente il territorio controllato da Hamas.
L’operazione, infatti, ha una triplice funzione:
1) Dividere il fronte avversario: Israele punta a isolare le cellule combattenti di Hamas nel Nord di Gaza, impedendo loro di ricevere rifornimenti e rinforzi dal Sud, dove si concentrano gli sfollati e le principali aree di riorganizzazione della leadership del movimento
2) Rafforzare il controllo israeliano sul territorio: L’Esercito israeliano mira a mantenere una presenza semi-permanente in un’area strategica, creando un buffer di sicurezza che impedisca nuovi attacchi da parte di Hamas e altre fazioni armate
3) Utilizzare la pressione militare come leva nei negoziati: L’attacco a Netzarim arriva in un momento in cui i negoziati sul cessate il fuoco sono in una fase di stallo. Israele sta cercando di costringere Hamas ad accettare condizioni più favorevoli per la liberazione degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza.
In questo senso, la strategia israeliana segue il modello già utilizzato in passato: escalation militare per ottenere un vantaggio negoziale, combinata con azioni di isolamento territoriale e pressione sulle infrastrutture logistiche di Hamas.

Le implicazioni giuridiche: un conflitto con il diritto internazionale?
Dal punto di vista giuridico, l’operazione israeliana solleva numerosi interrogativi.
Il diritto internazionale umanitario stabilisce che le operazioni militari devono rispettare il principio di proporzionalità e distinzione tra obiettivi militari e civili.
Tuttavia, l’impatto dell’offensiva su Gaza, con migliaia di vittime civili e la distruzione di infrastrutture essenziali, mette Israele sotto la lente d’ingrandimento della comunità internazionale.
L’accusa più grave riguarda il blocco degli aiuti umanitari.
Il divieto di accesso ai convogli di soccorso nelle zone più colpite è una violazione del diritto internazionale, che vieta esplicitamente l’uso della fame come arma di guerra. Inoltre, la recente uccisione di operatori umanitari delle Nazioni Unite alimenta il dibattito sulla conformità delle azioni di Israele con le Convenzioni di Ginevra.
D’altro canto, Israele giustifica la sua azione appellandosi al diritto all’autodifesa, sottolineando che la riconquista del corridoio di Netzarim serve a prevenire ulteriori attacchi missilistici e infiltrazioni terroristiche.
Tuttavia, la sistematica distruzione di interi quartieri e l’uso di bombardamenti indiscriminati potrebbero portare Israele ad affrontare nuove accuse di crimini di guerra presso la Corte Penale Internazionale.
Il dilemma morale: guerra giustificabile o violazione dei principi umanitari?
Al di là degli aspetti militari e giuridici, l’operazione su Netzarim solleva un quesito morale profondo: è accettabile distruggere una città per garantire la sicurezza di un altro Stato?
Israele sostiene che le sue azioni sono necessarie per difendere i propri cittadini dagli attacchi di Hamas, ma il prezzo pagato dalla popolazione civile di Gaza è altissimo.
La guerra sta trasformando Gaza in un territorio invivibile, con un numero di morti che continua a salire e condizioni umanitarie sempre più critiche. La strategia israeliana, seppur efficace dal punto di vista militare, rischia di alimentare un ciclo infinito di violenza, rafforzando la radicalizzazione delle nuove generazioni palestinesi e rendendo sempre più difficile qualsiasi soluzione politica a lungo termine.
Conclusione: una strategia efficace o un vicolo cieco?
L’offensiva israeliana nel corridoio di Netzarim rappresenta un’operazione militare con chiari obiettivi strategici: isolamento di Hamas, controllo territoriale e pressione negoziale.
Tuttavia, le implicazioni giuridiche e morali di questa azione potrebbero ritorcersi contro Israele nel lungo periodo, aumentando l’isolamento diplomatico dello Stato ebraico e compromettendo le sue relazioni con i partner internazionali.
Se da un lato l’azione militare rafforza la sicurezza di Israele nel breve termine, dall’altro rischia di intensificare il conflitto, alimentando nuove ondate di odio e violenza. La vera sfida per il governo israeliano non è solo quella di vincere la guerra sul campo, ma di trovare una soluzione politica che garantisca una pace duratura nella regione.
Ad oggi, tuttavia, questa prospettiva appare più lontana che mai.
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