Di Chiara Cavalieri
IL CAIRO. Il canale televisivo israeliano Channel 14 ha recentemente riportato accuse contro l’Egitto, sostenendo che avrebbe violato il trattato di pace firmato con Israele alla fine degli anni ’70.
L’accusa si basa su presunte attività militari egiziane nel Sinai centrale che includerebbero preparativi logistici, l’istituzione di posti di blocco e l’individuazione di oltre 10 tunnel transfrontalieri tra Gaza e il territorio egiziano.

Secondo il canale, tali azioni rappresenterebbero una minaccia diretta alla sicurezza israeliana e un rischio in caso di un futuro conflitto.
Una fonte egiziana di alto livello ha respinto categoricamente le accuse, definendole una strategia israeliana per mascherare i propri fallimenti nella guerra contro Gaza.
Ha affermato che i tunnel menzionati non esistono e che tali affermazioni sono “una giustificazione per prolungare l’aggressione militare a fini politici”.
𝗜𝗹 𝗽𝗲𝘀𝗼 𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗘𝗴𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗲𝗼𝗰𝗰𝘂𝗽𝗮 𝗜𝘀𝗿𝗮𝗲𝗹𝗲
L’Egitto, con oltre 1,3 milioni di effettivi, è considerato una delle maggiori potenze militari in Africa.

Secondo un rapporto dell’analista israeliana Naomi Rahalis, l’Esercito egiziano conta 438.500 soldati attivi, 479 mila riservisti e 397 mila paramilitari, numeri che lo posizionano come il più grande del continente.
Questo dominio militare, unito alla vicinanza geografica con Israele, alimenta timori strategici nonostante il trattato di pace.
Rahalis ha sottolineato un’interessante domanda: “Cosa sarebbe accaduto se l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 fosse stato condotto da un esercito potente come quello egiziano?”
Questo interrogativo riflette il timore israeliano per il potenziale di una minaccia futura, diretta o indiretta, derivante dalla forza egiziana.
𝗜𝗹 ” 𝗩𝘂𝗹𝗰𝗮𝗻𝗼 e𝗴𝗶𝘇𝗶𝗮𝗻𝗼 “
Il Presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, è noto per il suo ruolo nel contrastare i “Fratelli Musulmani”.

Dopo la firma degli accordi di pace tra Egitto e Israele nel 1979, le relazioni fra i due Paesi sono state caratterizzate da equilibrio, con la presenza di forze di pace internazionali e una cooperazione strategica. Tuttavia, varie crisi regionali hanno spesso minacciato questa stabilità.
Recentemente, il canale israeliano “i24news” ha trasmesso un documentario in due parti intitolato “Il Vulcano egiziano”.
Nella sua analisi, gli esperti hanno osservato l’aumento del risentimento in Egitto verso le politiche israeliane, attribuendo parte della colpa agli incitamenti di odio presentati attraverso i media egiziani.
Il discorso di odio è diventato particolarmente presente dopo l’escalation del conflitto nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023, con affermazioni secondo cui l’Egitto si sta preparando a un possibile conflitto.
𝗣𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗠𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗲 s𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁à r𝗲𝗴𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲
Un punto centrale nel documentario è stato quanto l’esercito egiziano si sia rafforzato negli ultimi anni. Baruch Yadid, analista politico israeliano, ha affermato che, sebbene l’Egitto non cerchi conflitti diretti con Israele, il suo crescente potenziale militare e le manovre strategiche nel Sinai pongono interrogativi sul futuro della pace.
Attualmente, Israele si trova di fronte a un dilemma: mantenere la pace con un paese che, per motivi di sovranità interna, esprime sentimenti di avversione nei suoi confronti.
𝗟𝗮 𝗣𝗿𝗼𝗽𝗮𝗴𝗮𝗻𝗱𝗮 𝗲 𝗹’o𝗱𝗶𝗼
Il discorso pubblico in Egitto, secondo i media israeliani, è permeato di ostilità nei confronti di Israele, con continui attacchi ai suoi interessi e alla sua immagine.
Gli egiziani, attraverso i social media, hanno amplificato teorie cospirative che insinuano piani segreti da parte di Israele per espandere il proprio territorio a scapito dell’Egitto.
In questo contesto, il canale “i24news” ha sottolineato che questa retorica rappresenta un autentico rischio per la stabilità della regione.
Sono stati presi di mira soprattutto il seguitissimo analista politico Ahmed Moubarak e il giornalista Ahmed Mousa.
Da parte sua il Presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi ha difeso i Trattati di Camp David, sottolineando che l’Egitto ha fatto della pace una scelta strategica fin dalla guerra dell’ottobre 1973 e che la leadership politica di Sadat ha avuto una visione geniale e scelse la pace come il suo approccio per le generazioni future.

𝗗𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗶 m𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗶𝘀𝗿𝗮𝗲𝗹𝗶𝗮𝗻𝗶
Se gli egiziani guardano con sospetto a Israele, trovano tuttavia conferme nelle dichiarazioni del ministro israeliano del Patrimonio culturale di estrema destra, Amichai Eliyahu, il quale ha sollevato ancora una volta la polemica sull’occupazione egiziana della Penisola del Sinai.
Il ministro ha ripubblicato un post sul blog che promuove la vendita di beni e chiede l’occupazione della stessa penisola.
Il volantino richiede l’acquisto di una maglietta stampata con quella che dovrebbe essere una mappa di Israele, compresa la Cisgiordania, Gaza e il Sinai, e con lo slogan “Occupazione adesso”.
Il ministro ha detto nel post: “Hai visto questa bellissima maglietta?? L’ho ordinata adesso per tutta la famiglia!”

E ha aggiunto: “Vai al link e compra magliette, calamite, adesivi, portali in viaggio e regalali a tutti i bambini da indossare. Presto ci saranno le taglie per i più piccoli. Mettili sulla macchina, per creare consapevolezza.”
Ha continuato dicendo: “La gente chiede l’occupazione adesso!”.
Il ministro estremista ha concluso il suo post con un collegamento a un sito web che vende prodotti con lo slogan “Occupation Now” e chiede l’espansione della sovranità israeliana nel Sinai, nel Libano meridionale e infine in Giordania, secondo quanto riportato dal Times of Israel
𝗨𝗻 𝗮𝗻𝗻𝗶𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮𝗿𝗶𝗼 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗲 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗺𝗼𝗿𝗶𝗮
Nel 2024 abbiamo ricordato il 45° anniversario del trattato di pace di Camp David, firmato nel 1978 tra Egitto e Israele, che pose fine a decenni di conflitto tra i due Paesi.
Tuttavia, un rapporto pubblicato dal sito israeliano Walla News critica l’incapacità del sistema educativo israeliano di valorizzare l’importanza storica di questo accordo.
L’avvocato Itamar Kramer, autore del rapporto e direttore del Dipartimento della Pubblica Istruzione presso il Ministero dell’Istruzione israeliano, ha ricordato che l’accordo ha salvato migliaia di vite, ponendo fine a scontri sanguinosi come quelli delle Guerre del 1948, 1956, 1967 e 1973. Kramer ha denunciato il fatto che le nuove generazioni israeliane non comprendano il valore della pace con l’Egitto, spesso vista solo come “un’alleanza fredda e fragile”.
Secondo Kramer, mentre gli adulti israeliani percepiscono il Sinai come una destinazione turistica, i giovani conoscono l’Egitto soprattutto come la Patria del calciatore Mohamed Salah.

Ha sottolineato che l’educazione israeliana non enfatizza abbastanza i benefici dell’accordo, come il risparmio di vite umane, le risorse economiche liberate dalla fine del conflitto e la relativa stabilità diplomatica con Il Cairo.
𝗨𝗻𝗮 𝗽𝗮𝗰𝗲 𝗳𝗿𝗮𝗴𝗶𝗹𝗲, 𝗺𝗮 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲
Nonostante le difficoltà e le sfide che caratterizzano le relazioni tra Egitto e Israele, l’alleanza rimane un pilastro fondamentale per la sicurezza regionale.
Gli accordi di Camp David, pur essendo un compromesso delicato, ha dimostrato di essere un modello di cooperazione strategica che ha resistito a decenni di turbolenze.
Il monitoraggio delle attività militari nel Sinai e il controllo dei confini rimarranno una priorità per Israele.
Al contempo, il richiamo alla memoria storica del trattato di pace invita a riflettere sull’importanza di coltivare relazioni di dialogo e stabilità, anche in una regione caratterizzata da profonde tensioni geopolitiche.
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