Di Fabrizio Scarinci
TEL AVIV. A seguito dell’accordo sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas, lo Stato Ebraico si prepara a ricevere gli ostaggi rapiti il 7 ottobre di due anni fa durante il feroce attacco dell’organizzazione terroristica.
Come noto, di essi solo 20 sarebbero certamente ancora in vita, mentre riguardo ad altri 28 non vi sarebbero notizie precise e si teme che potrebbero essere morti.

Secondo i piani predisposti, gli ostaggi dovrebbero essere distribuiti tra vari ospedali del Paese tenendo conto sia di fattori quali età e condizioni mediche, sia di eventuali richieste specifiche avanzate delle famiglie.
Tra le misure previste figurano, in particolare, triage medici preliminari volti a determinare il livello di urgenza delle loro condizioni: quelli infortunati in modo più grave, così come coloro che soffrono di malattie croniche dovrebbero essere direttamente trasferiti nei reparti di terapia intensiva o di medicina interna, mentre quelli in condizioni stabili dovrebbero essere ricoverati in reparti designati appositamente preparati per il loro arrivo.

All’inizio della guerra, tutti i principali ospedali dello Stato d’Israele hanno istituito, in stretto coordinamento con il Ministero della Salute, con le Forze Armate e con lo Shin Bet, reparti dedicati all’accoglienza di eventuali ostaggi liberati.
Sulla base di quanto pianificato, ognuna delle strutture coinvolte, tra cui figurano il Rabin Medical Center-Beilinson Campus di Petah Tikva, lo Sheba Medical Center di Tel Hashomer e il Centro medico Shamir (Assaf Harofeh) di Tzrifin, avrebbe pertanto predisposto stanze spaziose e reparti pensati per fornire cure mediche, supporto psicologico e, ove necessario, sostegno religioso con un elevatissimo livello di privacy.
Ciascun ospedale sarebbe capace di ricevere fino a dieci ostaggi contemporaneamente.
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