Di Chiara Cavalieri*
IL CAIRO. Una crescente preoccupazione per la sicurezza nel Sud di Israele ha spinto alla richiesta di interventi legislativi immediati per chiudere il confine con l’Egitto e affrontare quella che viene definita una minaccia strategica senza precedenti.
L’allarme è stato lanciato alla vigilia della sessione della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, ieri,, attraverso un rapporto dettagliato elaborato dal Rebman Institute for Negev Development.
Il documento, redatto con il contributo di analisti di sicurezza e basato su fonti aperte, fotografa una situazione definita dagli autori “esplosiva”, con flussi di contrabbando di armi dal Sinai in costante aumento e un arsenale illegale che, secondo le stime, avrebbe già raggiunto oltre 100 mila unità.
Un arsenale equivalente a 50 Brigate

Il rapporto afferma che la quantità di armi presenti nel Negev è pari alla potenza di fuoco di circa 50 Brigate di Fanteria, con un incremento del 71% delle armi illegali dal 2023 a oggi.
Le rotte di contrabbando non solo si sono ampliate, ma hanno anche adottato tecniche più sofisticate, inclusi droni e veicoli mimetizzati.
Vengono documentati almeno 12 tentativi di contrabbando o furto di armi tra il 2021 e il 2025. Le indagini indicano inoltre la nascita di un “mercato del noleggio”:
- Un fucile d’assalto M16 verrebbe noleggiato a circa 500 NIS al giorno,
- Una mitragliatrice MAG a circa 1.000 shekel al giorno (oltre 250 euro)
Le tariffe per i proiettili si aggirano rispettivamente su 7 e 12 shekel ciascuno (tra poco più di 1 euro e oltre 3 euro).
Flussi illegali e infiltrazioni
Un altro dato allarmante riguarda l’aumento degli ingressi irregolari durante le festività religiose, periodo in cui i controlli risultano più difficili. Il rapporto sottolinea anche il coinvolgimento di membri della diaspora in attacchi mortali avvenuti nell’ultimo decennio, con nove arresti e incriminazioni per sostegno finanziario e logistico a gruppi terroristici.
Parallelamente, viene segnalata la presenza di un “vuoto sociale pericoloso” nelle aree beduine, con implicazioni dirette sulla stabilità locale. Durante la guerra di Gaza, sono state contate 20 vittime civili e 14 combattenti appartenenti alla comunità beduina, evidenziando una dinamica complessa tra marginalità, insicurezza e infiltrazioni estremiste.
Raccomandazioni drastiche e misure d’urgenza
Il documento propone un pacchetto di misure straordinarie da attuare con effetto immediato:
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- Chiusura completa del confine egiziano per bloccare il contrabbando di armi
- Emissione di ordini temporanei per localizzare e sequestrare armi nel Negev, con poteri amministrativi ampliati
- Rafforzamento dei poteri legali degli organismi di sicurezza regionali, ritenuti oggi “inefficaci”
- Riduzione dei legami con la Cisgiordania, compreso il controllo dei matrimoni misti tra residenti delle due aree
- Interventi socio-economici, come formazione degli insegnanti, servizi comunali temporanei e sviluppo locale, insieme a maggiore repressione dei crimini violenti.
“Il Negev è pieno di armi”
- Nel lanciare l’allarme, il direttore dell’istituto ha dichiarato: “Gli eventi del 7 ottobre si ripeteranno, ma dall’interno del Negev. La legge è assente e lo Stato è ignaro. Se il governo non si sveglia ora, tra qualche anno non saremo più in grado di controllare ciò che accade qui. Questa non è solo una minaccia alla sicurezza, ma una minaccia alla sovranità stessa.”

Ha inoltre aggiunto che la lotta non può limitarsi al disarmo, ma deve includere giustizia civile, istruzione, occupazione e una vita dignitosa per i cittadini beduini, sottolineando che la maggioranza della popolazione è rispettosa della legge, ma che gli estremisti sfruttano il vuoto governativo.
Verso una decisione politica
Il rapporto è stato diffuso pochi giorni prima dell’udienza della Commissione Affari Esteri e Difesa.
I parlamentari dovranno discutere le raccomandazioni e le misure operative per evitare un’escalation che, secondo gli esperti, potrebbe cambiare radicalmente l’equilibrio di sicurezza nel sud di Israele.
Gli autori del documento sollecitano una risposta immediata per prevenire nuove vittime civili e per proteggere la sovranità nazionale, ritenuta oggi “seriamente minacciata” dalla rete di traffici illegali e dalle tensioni interne.
Presidente della associazione Italo-Egiziana Eridanus e vice presidente del Centro Studi UCOI-UCOIM
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