Pristina (dal nostro inviato). In 18 anni di attività in Kosovo la NATO ha garantito sempre la sua efficienza operativa. Un’efficienza che si realizza con un costante addestramento ed amalgama tra le varie componenti, in modo da garantire la libertà di movimento, la sicurezza e la stabilità nel Paese balcanico.
Questo è stato dimostrato, ieri a Pristina, nel corso dell’esercitazione “Silver Sabre 2017-1” (Sciabola d’argento). Si tratta di una serie di attività che si svolgono due volte l’anno e che vedono impiegati sul terreno militari del Multinational Battle Group East a guida Usa (colonnello Lusk Cory) e del Multinational Battle Group West, al comando del colonnello Stefano Imperia del 32 Reggimento Carri di Tauriano (Pordenone).
L’esercitazione di ieri, dopo una fase di pianificazione nel comando di KFOR (Kosovo Force) a Camp Film City di Pristina, dove ha sede il Quartier generale della missione NATO, si è svolta alla presenza del suo comandante, il generale di Divisione dell’Esercito italiano Giovanni Fungo. Il generale di Brigata l’austriaco Christian Riener è stato il direttore di questa esercitazione multinazionale.
Alle varie attività hanno assistito rappresentanti del Corpo diplomatico accreditato e di altre organizzazioni internazionali, le Forze di Polizia e di sicurezza kosovare. Una ventina di giornalisti accreditati tra i quali anche Reportdifesa.it, unica redazione italiana. Sul campo sono intervenuti circa 400 uomini e donne di cui 250 della KFOR, 50 della Kosovo Security Force, 20 di Eulex e 80 della Kososo Police.
Interessanti tutti i vari momenti, svoltosi nelle aree nei pressi dell’aeroporto di Pristina, di Camp Pomatazin e di Camp Vrelo: dagli interventi di Protezione civile propri delle attività che, quotidianamente, segue la Kosovo Security Force (KSF) al controllo della folla, il quale è invece un compito della Polizia kosovara. Oltre a questo, c’è stata una parte esercitativa dedicata all’individuazione ed evacuazione di ordigni IED all’interno di un fabbricato. E’ stata effettuata la neutralizzazione della minaccia in un centro abitato e l’estrazione, per ragioni di sicurezza di personale dell’Alleanza atlantica da un edificio in un ambiente non permissivo.
A Camp Pomazatin è stato simulato un intervento della KSF, relativo ad un contagio da attacco chimico-biologico. Gli operatori sono intervenuti sul “contagiato”, portandolo in un luogo sicuro, dove è stata fatta la bonifica dell’interessato e degli operatori stessi. Dopo di che, ricevuta la richiesta di intervento Medevac denominato “nine line”, un ferito è stato evacuato con un elicottero americano Black Hawk con l’utilizzo del verricello, mentre l’elicottero rimaneva in posizione hovering da 30 metri di altezza.
Un altro aspetto esercitativo ha riguardato l’intervento dei pompieri in una casa, dove sono state messe in salvo alcune persone. Questa azione era collegata ad un’altra successiva, dove operatori EOD della KSF sono intervenuti nello stesso edificio alla ricerca di ordigni e di armi. Utilizzando un robottino EOD hanno simulato il disinnesco di granate di artiglieria e di bombe da mortaio, sigillando anche le spolette delle bombe a mano. Poi, dopo avere bonificato la palazzina, con l’utilizzo di una carrucola – per evidenziare il massimo rispetto della sicurezza – hanno portato all’esterno armi di fabbricazione russa, quali kalashnikov, Rpg, mortai, drakunov (l’arma degli sniper russi).
Un altro aspetto della Silver Sabre, spiega a Reportdifesa.it, il direttore dell’esercizio il tenente colonnello dell’Esercito italiano Giuseppe Cannazza, comandante del terzo Battaglione “M.O. Bruno Galas” del 32 Reggimento carri, ha visto impiegato “un plotone (turco ndr) che ha simulato l’assalto di facinorosi contro una palazzina dove lavorava personale KFOR”.
Con l’intervento poi della Quick Reaction Force (QRF) che ha visto anche l’utilizzo di proiettili di gomma (contro delle sagome ndr) e mentre veniva garantito il controllo della folla, operata da due plotoni sloveni in assetto antisommossa, supportati da mezzi, tre squadre di militari italiani – una per ogni mezzo – operavano l’estrazione del personale dalla palazzina.
La giornata è proseguita nell’area esercitativa di Camp Vrelo. Qui è stata simulata la liberazione di un edificio dove erano tenuti “degli ostaggi”. Grazie all’intervento di un plotone di militari polacchi e americani gli ostaggi sono stati liberati ed i “sequestratori” neutralizzati.
Una parte molto importante della Silver Sabre ha anche riguardato l’attività anti-riot (controllo della folla). L’esercizio si è svolto in un quadrivio, dove un gruppo di “manifestanti” ha attivato la reazione della Kosovo Police, intervenuta sia in tenuta antisommossa che con l’utilizzo di mezzi, tra cui uno che, per disperdere la folla, ha poi utilizzato un idratante.
Nel frattempo, in un’altra strada del quadrivio, altri “manifestanti” avevano eretto una barricata. Con l’arrivo di un plotone di militari ucraini la barricata è stata smantellata. E gli operatori hanno sedato la “protesta violenta”
Infine, un altro plotone dei Carabinieri di MSU (Multinational Specialized Unit) in tenuta antisommossa ha protetto la quarta strada da possibili infiltrazioni di altri “facinorosi”.
Le attività si sono concluse con successo e nel rispetto degli obiettivi prefissati, valorizzando gli elevati standard operativi.
“La KFOR – ha commentato alla fine della Silver Sabre, il suo comandante Giovanni Fungo, Generale di Divisione italiano – modifica la sua struttura per adattarla alle necessità contigenti e garantire il massimo livello di sicurezza nel Kosovo”. Un obiettivo, ha concluso il comandante di KFOR, raggiungibile “attraverso uno sforzo congiunto che ci vede protagonisti, insieme alle organizzazioni partner”.
La Kosovo Force che impiega circa 4 mila militari di 29 Stati – 550 sono italiani che appartengono a tutte le Forze Armate, con una prevalenza dell’Esercito, secondi dopo gli Stati Uniti – prosegue il suo intervento per attuare gli accordi di pace secondo la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU numero 1244. ossia di garantire un ambiente sicuro, la libertà di movimento per tutti gli abitanti del Kosovo e delle organizzazioni internazionali presente nel Paese balcanico. Dal 2013 l’Italia ha la leadership della missione.