Pristina. Il 12 giugno 1999 le prime forze della NATO entravano in Kosovo su mandato ONU, al termine della campagna aerea dell’Alleanza Atlantica che aveva messo fine al sanguinoso conflitto interetnico tra kosovari e serbi.
Per aver contribuito ininterrottamente per 21 anni alla sicurezza e alla libertà di movimento di tutti i cittadini del Kosovo, nel rispetto della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la missione KFOR (Kosovo Force) ha rappresentato e rappresenta un fondamentale fattore di stabilità.
Forte di oltre 50 mila soldati nel 1999, attualmente il contingente multinazionale conta circa 3.500 militari forniti da 27 nazioni ed è comandato per il settimo anno consecutivo dall’Italia, con il Generale di Divisione dell’Esercito, Michele Risi.
Le truppe di KFOR svolgono un fondamentale ruolo deterrente, mantenendo una presenza diffusa su tutto il territorio con le pattuglie e con appositi team di collegamento e monitoraggio che misurano il polso della situazione anche dal punto di vista sociale ed economico.
Al Comando Regionale Ovest a guida italiana, basato sul 17° Reggimento artiglieria contraerei “Sforzesca” è assegnato il compito esclusivo di proteggere il monastero serbo-ortodosso di Visoki-Decani, unico sito di interesse culturale e religioso sorvegliato dalla Kosovo Force.
Tra gli sforzi principali di KFOR figura anche quello di consolidare la stabilità, sostenendo lo sviluppo di strutture di sicurezza professionali, democratiche e multi-etniche.
“Stabilità e sicurezza sono, infatti, funzionali alla ripresa del dialogo tra Belgrado e Pristina promosso dall’Unione Europea e sostenuto dalla NATO, processo che rappresenta l’unica via per raggiungere una soluzione durevole di cui beneficeranno l’intera regione dei Balcani Occidentali e tutta l’Europa”, ha dichiarato il Generale Risi in occasione dell’anniversario.
Le truppe di KFOR svolgono un ruolo di deterrenza, mantenendo una presenza diffusa su tutto il territorio con le pattuglie e con appositi team di collegamento e monitoraggio che misurano il polso della situazione anche dal punto di vista sociale ed economico.
Le Forze Armate italiane esprimono con circa 600 uomini e donne il secondo contingente piu’ numeroso dopo quello statunitense.
Da un punto di vista nazionale, oltre ad aver assunto la leadership della piu’ longeva delle operazioni dell’Alleanza Atlantica, l’Esercito Italiano detiene dal 1999 il comando della regione occidentale del Kosovo, fornisce un contributo importante con i Carabinieri della Multinational Specialized Unit (MSU), presenti anche loro dall’inizio di KFOR, e guida il battaglione che raccoglie informazioni e sorveglia l’area di operazioni.
Nel corso dell’emergenza Covid-19 che ha interessato anche il Kosovo, KFOR ha proseguito le proprie attività sul campo con regolarità, attraverso l’adozione di misure preventive a tutela della salute dei cittadini del Kosovo e dei militari della missione, secondo le predisposizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
KFOR ha poi fatto la sua parte nell’ambito della risposta globale della NATO alla pandemia, distribuendo un notevole quantitativo di dispositivi di protezione individuale alle istituzioni sanitarie del Kosovo e facilitando iniziative avviate da Paesi che fanno parte della Kosovo Force come Stati Uniti, Polonia, Turchia, Austria e Italia.
In particolare, l’Esercito ha inviato un team del 7° Reggimento Difesa CBRN (Chimica-Biologica-Radiologica-Nucleare) che ha sanificato decine di strutture pubbliche nel Paese.
Un intervento speciale che si è svolto in parallelo ad importanti progetti in campo sanitario dell’Ambasciata d’Italia a Pristina, che ha donato al Ministero della Salute kosovaro presidi sanitari e un intero laboratorio di virologia.
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