Pristina. Dallo scorso 17 novembre il Generale di Brigata dell’Esercito Italiano Luca Piperni è il nuovo vice Comandante della KFOR.
Piperni è subentrato al Generale di Brigata austriaco Günter Schöpf che ha prestato servizio per 13 mesi nell’ambito della missione NATO in Kosovo.
Report Difesa lo ha intervistato.
Signor Generale, l’anno prossino saranno 23 anni della costituzione della Kosovo Force (KFOR). Oggi come si è trasformata questa missione?
In questi anni, la Kosovo Force (KFOR) a guida NATO ha sempre operato per garantire la sicurezza e la libertà di movimento sul territorio kosovaro per tutte le comunità presenti.
Tale compito scaturisce dal mandato conferito dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 1244 del 1999.
Un primo cambiamento si é notato nel corso degli anni con la riduzione del numerico dei militari di KFOR, dai circa 55 mila nel 1999 si è passati agli attuali 3,600 circa provenienti da 28 Paesi contributori.
Tra questi ci sono non solo Paesi membri dell’Alleanza Atlantica, ma anche Paesi partner della NATO.
Il contributo da parte dei Paesi partner rientra nel programma “Partnership for Peace”.
L’Italia, é stata da subito parte attiva della missione KFOR ricoprendo ruoli di primo piano all’interno del Comando KFOR ma anche fornendo un apporto significativo in termini di unitá operative, diventando la prima nazione contributrice della missione.
Il nostro Paese é, attualmente, alla guida del Regional Command West (RC-W), unità multinazionale con responsabilità nel settore occidentale del Kosovo su base 185° Reggimento Artiglieria paracadutisti della Brigata Folgore, del Battaglione “ISR” (Intelligence Surveillance and Reconnaissance) e del Multinational Specialized Unit (MSU), composta da Carabinieri, impiegati nelle città di Pristina e di Mitrovica, per un totale di oltre 600 tra uomini e donne impiegati.
Le unitá, sia straniere che italiane, sono impegnate 7 giorni su 7 sul terreno e garantiscono un continuo monitoraggio dell’area di operazione con una flessibilitá tale da permettere alle unitá di KFOR di adattarsi a qualsiasi sviluppo di situazione.
La stretta collaborazione tra militari dei Paesi partecipanti che tipo di risultati ha prodotto, oltre alla pianificazione e condotta di esercitazioni congiunte?
La realtá operativa multinazionale comporta un continuo scambio non solo di procedure operative ed addestrative ma anche a livello di conoscenza e compresione delle diverse culture dei 28 Paesi contributori.
Alla base del successo di KFOR vi é appunto una grande coesione tra le nazioni che operano sotto l’egidia della NATO.
Il contesto in cui siamo chiamati ad operare presenta delle difficoltá e dei contrasti etnici e religiosi che minano la sicurezza e la stabilitá del Kosovo e della stessa area balcanica.
Se non ci fosse una forte coesione e comunione di intenti all’interno di KFOR, questa sarebbe la prima a mancare di credibilitá e di efficacia agli occhi delle comunitá locali che ritengono la presenza della NATO una garanzia per il mantenimento della pace e della sicurezza.
A proposito dell’addestramento quali sono le esercitazioni in agenda per il 2022?
Nel mese di gennaio prossimo si svolgerá, per tre giorni, l’esercitazione “Frozen Saber”, una serie di attivitá pianificate e svolte da KFOR, incentrate sulla gestione di situazioni di emergenza, come ad esempio la Medical Evacuation (MEDEVAC), e sull’intervento delle forze in caso di manifestazioni di disturbo che possano compromettere il buon esito della missione di KFOR.
Questo training avrá, quindi, come scopo quello di testare l’efficacia di attuazione delle procedure tecnico-tattiche di Teatro.
Come ogni anno, anche per il 2022, si prevede lo svolgimento della “Silver Sabre”, l’esercitazione inter-agenzia che ha lo scopo addestrare e perfezionare le procedure di gestione di eventi di pubblica calamitá.
Essa é supervisionata dalla NATO Kosovo Force (KFOR) in collaborazione con tutte le Organizzazioni kosovare preposte al soccorso (KSO) e gli enti locali.
Nelle vostre attività CIMIC le popolazioni serbe e kosovare apprezzano moltissimo quanto viene fatto per loro. Ma quale potrebbe essere il ruolo futuro di KFOR per portare alla piena pacificazione il Paese?
KFOR, nel pieno rispetto del proprio mandato, resta attenta a mantenere in quest’area un ambiente sicuro per tutte le comunità del Kosovo e a sostenere lo sviluppo delle KSF nell’ambito del proprio mandato originale, vale a dire quello di una forza di protezione civile nell’alveo della più ampia Kosovo Security Organization.
Inoltre KFOR sostiene il processo di dialogo mediato dall’Unione Europea tra Belgrado e Pristina ritenuta come unica soluzione alla situazione attuale.
Sempre in tema di collaborazioni, quali sono i rapporti con Kosovo Police?
La Kosovo Police in qualità di “first responder” é responsabile per il controllo e il mantenimento della sicurezza; quale “second responder” la responsabilitá ricade sull’European Union Rule of Law (EULEX) in tutto il territorio kosovaro, ad eccezione dell’area nei pressi del Monastero di Decane, dove KFOR in qualità di “first responder” é l’unico responsabile della sicurezza.
Ritengo che la Kosovo Police stia confermando giorno dopo giorno di avere un alto livello di capacità e di credibilità, svolgendo anche operazioni di polizia di altissimo livello, in coordinamento con Forze di Polizia straniere, tra cui anche i nostri Carabinieri.
Dopo la “crisi delle targhe” del settembre scorso la situazione si è normalizzata?
KFOR sin dall’inizio delle tensioni per la crisi delle targhe, ha facilitato e promosso colloqui con tutte le parti coinvolte per una rapida risoluzione della crisi.
KFOR é stata decisiva per il raggiungimento di alcuni punti fondamentali dell’accordo nell’ambito del dialogo facilitato dall’Unione Europea.
Ad oggi posso dire che la situazione si é normalizzata, ma KFOR resta vigile per assicurare il mantenimento della sicurezza e della stabilità in Kosovo oltre che nell’intera area balcanica.
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