Stati Uniti: la NSA e le mani dell’Amministrazione Trump sull’Agenzia. E’ fuga dei leader

Di Giuseppe Gagliano*

WASHINGTON D.C. Negli Stati Uniti, la National Security Agency (NSA), il colosso dell’Intelligence incaricato di sorvegliare le comunicazioni globali e proteggere la sicurezza nazionale, si trova a un bivio critico.

la sede delal NSA

 

La decisione del Segretario alla Difesa di imporre una riduzione dell’8% del personale ha innescato una strategia tanto drastica quanto controversa: spingere i leader più esperti a lasciare l’Agenzia.

A guidare questa transizione, in un ruolo tanto delicato quanto temporaneo, c’è il Tenente Generale William J. Hartman, nominato direttore ad interim dopo l’improvvisa rimozione del predecessore, il Generale Timothy D. Haugh, e della sua vice, Wendy Noble.

Tenente Generale William J. Hartman, Direttore della NSA

Ma dietro questa mossa si nasconde un paradosso: la perdita di figure chiave rischia di indebolire un’istituzione che, in un mondo sempre più instabile, non può permettersi passi falsi.

Una purga che scuote l’NSA

La notizia, riportata da fonti come The Hill e Reuters, arriva in un contesto di turbolenza per l’apparato di sicurezza nazionale statunitense.

L’Amministrazione Trump, che ha orchestrato queste decisioni, sembra intenzionata a ridisegnare il panorama dell’Intelligence americana, riducendo l’influenza di alcune agenzie chiave come l’NSA e il National Security Council (NSC).

La rimozione di Haugh, un quattro stelle con una carriera impeccabile, e di Noble, avvenuta senza motivazioni ufficiali, ha sollevato perplessità tra i membri del Congresso e gli osservatori. Il rappresentante Jim Himes, membro di spicco della Commissione Intelligence della Camera, ha definito la mossa “sconcertante”, sottolineando l’assenza di trasparenza e il rischio di destabilizzare un’agenzia cruciale per la sicurezza cibernetica e la raccolta di intelligence.

A prendere le redini dell’NSA è stato chiamato William Hartman, un ufficiale di lungo corso con un passato di comando nella Cyber National Mission Force e come vice comandante di U.S. Cyber Command. Hartman, descritto come “ben qualificato” dal Generale in pensione Paul Nakasone, ex direttore NSA, si trova ora a gestire un’agenzia sotto pressione, con il compito di mantenere l’efficacia operativa mentre si attua una riduzione di personale che molti temono possa compromettere la capacità dell’NSA di affrontare minacce crescenti, soprattutto nel dominio cibernetico.

L’esodo dei veterani: una scelta rischiosa

La strategia di incoraggiare i dipendenti più esperti a lasciare l’NSA, come riportato in un recente post su X, è stata concepita per raggiungere l’obiettivo di riduzione dell’8% imposto dal Pentagono.

Tuttavia, questa scelta sta generando più problemi di quanti ne risolva.

Gli esperti di lungo corso, con anni di esperienza nella gestione di operazioni complesse di Intelligence e di Cybersecurity, sono una risorsa insostituibile.

La loro partenza non solo crea vuoti operativi, ma rischia di erodere la memoria istituzionale dell’NSA, un’agenzia che vive di competenze tecniche e conoscenze approfondite accumulate nel tempo.

In un’epoca in cui le minacce cibernetiche – da attacchi ransomware sponsorizzati da stati ostili a campagne di disinformazione – stanno crescendo in sofisticazione e frequenza, privarsi di figure esperte appare come una scommessa azzardata. Come evidenziato da Security Magazine, la perdita di collaborazione tra governo e industria, unita a una riduzione delle priorità e dei finanziamenti, potrebbe creare “opportunità sfruttabili” per i cybercriminali.

L’NSA, già sotto scrutinio per il suo ruolo controverso nella sorveglianza di massa, si trova così a navigare in acque turbolente, con un personale ridotto e una leadership in transizione.

Il contesto politico: una mano pesante

Le recenti mosse dell’Amministrazione Trump, come la rimozione di Haugh e la ristrutturazione del NSC (che ha visto il licenziamento di oltre 100 funzionari, suggeriscono un approccio più ampio: ridimensionare le istituzioni percepite come parte del cosiddetto “Deep State”.

Il presidente USA Donald Trump

La nomina di Marco Rubio come consigliere per la Sicurezza nazionale ad interim, in parallelo al suo ruolo di Segretario di Stato, rafforza l’impressione di una centralizzazione del potere nelle mani di figure fedeli alla linea politica del Presidente.

Questo, tuttavia, solleva interrogativi sulla capacità di coordinamento tra le varie Agenzie di Sicurezza, un compito che l’NSA e il NSC hanno storicamente svolto con un ruolo di primo piano.

Le critiche non mancano. Il senatore Mark Warner ha definito “sbalorditivo” che si licenzi un leader esperto come Haugh senza fornire spiegazioni, mentre si ignorano episodi come la fuga di informazioni riservate su Signal, un’app di messaggistica commerciale.

Anche il rappresentante Don Bacon, ex Generale di Brigata dell’Aeronautica, ha espresso preoccupazione, sottolineando l’eccellenza di Haugh nel suo ruolo.

La sensazione è che le decisioni siano guidate più da logiche politiche che da valutazioni strategiche, un timore alimentato dalla notizia che Laura Loomer, un’attivista di estrema destra, abbia rivendicato un ruolo nell’influenzare le scelte di personale nell’ufficio ovale.

Un futuro incerto

Mentre il Tenente Generale Hartman cerca di stabilizzare l’NSA, il futuro dell’Agenzia rimane incerto.

La riduzione del personale e la perdita di esperienza potrebbero compromettere la sua capacità di rispondere a minacce globali, specialmente in un momento in cui Cina, Russia e altri attori stanno intensificando le loro operazioni nel cyberspazio. La ristrutturazione in corso, che vede anche la fusione o l’eliminazione di alcune sezioni dell’NSA, sembra orientata a trasformarla in un’entità più snella, ma meno influente, focalizzata sull’esecuzione dell’agenda presidenziale piuttosto che sulla definizione di politiche strategiche.

In questo scenario, l’NSA si trova a un crocevia: riuscirà a mantenere il suo ruolo di baluardo della sicurezza nazionale, o diventerà un’Agenzia ridimensionata, subordinata a dinamiche politiche più ampie? La risposta dipenderà dalla capacità di Hartman di gestire questa transizione e dalla volontà dell’amministrazione di bilanciare le esigenze di sicurezza con le sue priorità ideologiche.

Una cosa è certa: in un mondo dove l’informazione è potere, privarsi di chi sa gestirla al meglio è un rischio che gli Stati Uniti potrebbero pagare caro.

*Presidente Centro Studi Cestudec

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