Di Giuseppe Gagliano
KIEV. Sul fronte ucraino, laOrlan-30si intensifica giorno dopo giorno, con i cieli che diventano un campo di battaglia sempre più complesso.
Negli ultimi giorni, l’Esercito russo ha alzato la posta in gioco, schierando i suoi nuovi gioielli dell’industria bellica: i droni Zala Lancet e Orlan-30.

Questi velivoli senza pilota, dotati di capacità di jamming e intercettazione mai viste prima, rappresentano una minaccia crescente per le difese ucraine.
Ma a Kiev, gli ingegneri del Nova Technology Centre non stanno a guardare: catturati alcuni esemplari di questi droni, si sono messi al lavoro per smontarli, analizzarli e carpirne i segreti, in una corsa contro il tempo che potrebbe ridefinire gli equilibri del conflitto.
I droni Zala, sviluppati dalla ZALA Aero Group – una controllata del colosso russo Kalashnikov – non sono una novità assoluta.
Il Lancet, in particolare, si è già fatto un nome come “munizione vagante” letale, capace di colpire con precisione chirurgica bersagli a decine di chilometri di distanza.
Ma le versioni più recenti, affiancate dall’Orlan-30, portano con sé un’evoluzione significativa: sistemi avanzati di SIGINT (Signals Intelligence) e capacità di disturbo elettronico che mettono in seria difficoltà i radar e i sistemi di difesa aerea ucraini.
Secondo fonti sul campo, questi droni non si limitano a individuare e neutralizzare obiettivi, ma sono in grado di intercettare comunicazioni nemiche e disturbare i segnali GPS, rendendo quasi impossibile per le forze di Kiev prevedere o contrastare i loro attacchi.
Il Nova Technology Centre, un hub di innovazione tecnologica situato nel cuore della capitale ucraina, è diventato il baluardo della risposta di Kiev a questa escalation.
Qui, un team di ingegneri altamente specializzati sta lavorando senza sosta per decifrare i sistemi di questi droni catturati. Smontati pezzo per pezzo, i velivoli russi vengono sottoposti a un’analisi approfondita: dai sensori ottici ai moduli di jamming, fino ai software che ne guidano le operazioni.
L’obiettivo non è solo capire come funzionano, ma sviluppare contromisure efficaci per neutralizzarli. “Stiamo guardando dentro la mente del nemico – ha dichiarato un ingegnere del centro, che per ovvie ragioni di sicurezza ha preferito rimanere anonimo -. Ogni circuito, ogni linea di codice ci dice qualcosa su come la Russia sta affinando le sue armi”.
Il Zala Lancet, nelle sue versioni più avanzate, sembra aver raggiunto un raggio d’azione che supera gli 80 chilometri, una distanza che lo rende un’arma tattica formidabile, soprattutto quando combinato con droni da ricognizione come l’Orlan-30.
Quest’ultimo, progettato per missioni di sorveglianza a lungo raggio, è equipaggiato con sistemi di imaging termico e può volare per ore a quote difficili da intercettare.
Ma ciò che preoccupa maggiormente gli ucraini è la capacità di questi droni di operare in tandem: l’Orlan-30 individua i bersagli e trasmette i dati al Lancet, che poi esegue l’attacco finale con una precisione devastante.
A complicare ulteriormente le cose, i nuovi sistemi di jamming rendono i droni praticamente immuni ai tentativi di disturbo elettronico, un’arma su cui l’Ucraina ha fatto affidamento per contrastare la superiorità aerea russa.

Gli ingegneri del Nova Technology Centre non sono nuovi a questo tipo di sfide.
Sin dall’inizio del conflitto, il centro ha svolto un ruolo cruciale nello sviluppo di droni ucraini e nella modifica di sistemi stranieri per adattarli alle esigenze del fronte. Ora, però, la posta in gioco è ancora più alta.
Le informazioni raccolte dai droni catturati potrebbero non solo portare a nuove strategie difensive, ma anche ispirare la progettazione di UAV ucraini capaci di competere con i progressi russi.
“Non si tratta solo di difenderci – ha aggiunto un altro membro del team -. Vogliamo invertire il gioco, trasformare le loro armi contro di loro”.
Sul campo, meanwhile, la situazione rimane tesa. Le forze russe stanno intensificando l’uso di questi droni nelle regioni orientali, in particolare attorno a Donetsk e Pokrovsk, dove i Lancet hanno già dimostrato la loro efficacia contro sistemi di artiglieria e veicoli corazzati ucraini.
L’Orlan-30, invece, è stato avvistato in missioni di ricognizione profonde, probabilmente per mappare le difese di Kiev in vista di offensive future. Gli analisti militari concordano: la Russia sta puntando su una guerra aerea sempre più tecnologica, dove i droni non sono solo strumenti di supporto, ma vere e proprie armi decisive.
A Kiev, il lavoro del Nova Technology Centre è una corsa contro il tempo. Ogni ora spesa a studiare i droni russi è un’ora in meno per le truppe al fronte, che devono affrontare una minaccia in continua evoluzione.
Ma c’è anche un barlume di speranza: se gli ingegneri ucraini riusciranno a decifrare i segreti di Zala Lancet e Orlan-30, potrebbero non solo neutralizzare il vantaggio russo, ma aprire la strada a una nuova generazione di droni made in Ukraine.
In questa guerra, dove la tecnologia è diventata sinonimo di sopravvivenza, il laboratorio di Kiev potrebbe essere il luogo dove si decide il prossimo capitolo del conflitto.
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