La Fratellanza Musulmana e Hamas: cambio di linguaggio ma non di strategia politica

Di Chiara Cavalieri*

IL CAIRO. La recente dichiarazione della Fratellanza Musulmana sul cessate il fuoco a Gaza, seguita a poche ore di distanza dal discorso del capo negoziatore di Hamas Khalil al-Hayya a Il Cairo, ha attirato l’attenzione di esperti e analisti politici.

Non si è trattato di una semplice coincidenza, ma di un’operazione di comunicazione strategica, con messaggi calcolati per riposizionare l’Islam politico sulla scena regionale e internazionale.

Il capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya
Il capo negoziatore di Hamas, Khalil al-Hayya

Un linguaggio completamente mutato: dal jihad alla diplomazia

Il Maggiore Generale Adel Azab, ex vice ministro dell’Interno egiziano e direttore dell’Antiterrorismo, spiega che il discorso di al-Hayya non è stato quello di un combattente, ma di uno statista.

Niente più retorica di guerra o proclami militanti: nel suo intervento ha parlato di garanzie americane, ritiro e scambio di prigionieri.

Ha ringraziato pubblicamente Egitto, Qatar, Turchia e Iran, proiettando Hamas in un linguaggio di alleanze regionali e calcolo politico, non più solo di resistenza armata.

Dichiarazione ufficiale della Muslim Brotherhood in merito al cessate il fuoco
Dichiarazione ufficiale della Muslim Brotherhood in merito al cessate il fuoco

La trasformazione più evidente è l’abbandono del termine “Diluvio di Al-Aqsa”, slogan utilizzato ossessivamente da Hamas dal 7 ottobre 2023 per glorificare l’attacco contro Israele.

Al suo posto, al-Hayya ha usato l’espressione “Battaglia del 7 ottobre”, più neutra e istituzionale.

Secondo Azab, si tratta di una scelta tattica precisa: “Diluvio” è diventato in Occidente sinonimo di violenza cieca e terrorismo.

Cambiare nome serve a ripulire l’immagine internazionale di Hamas e presentarla come un attore politico legittimo.

Sincronizzazione sospetta: il ruolo della Fratellanza

Due ore prima del discorso di al-Hayya, la Fratellanza Musulmana aveva diffuso una propria dichiarazione, perfettamente in linea con i temi espressi da Hamas.

Per il Generale Azab, questa sincronizzazione è la prova di un coordinamento diretto tra l’organizzazione madre e la sua branca operativa palestinese. “Le direttive della Fratellanza non restano mai sulla carta: vengono immediatamente tradotte sul campo”.

La strategia appare chiara: la Fratellanza, dopo anni di marginalizzazione politica, tenta di rientrare in scena attraverso la causa palestinese, sfruttando il cessate il fuoco come strumento di ri-legittimazione.

Da movimento rivoluzionario a interlocutore politico

Un altro passaggio simbolico è racchiuso nelle parole pronunciate da al-Hayya: “La pace sia su Gaza, sui suoi uomini, donne e bambini…”.

I festeggiamenti per l’accordo di pace tra Israele e Hamas

Secondo Azab, questa formula chiude la fase della guerra e apre quella della politica.

Hamas non parla più da resistenza armata, ma da interlocutore statale, cercando riconoscimento internazionale e spazio negoziale.

L’Islam politico, nelle sue varie declinazioni, non si presenta più come antagonista armato, ma come forza da includere nei calcoli regionali.

Due messaggi, un’unica regia

Confrontando la dichiarazione della Fratellanza e il discorso di Hamas, gli esperti notano la stessa struttura linguistica e lo stesso messaggio di fondo: la tregua non è una sconfitta, ma una vittoria politica.

L’Islam politico non arretra, ma cambia pelle.

La resistenza armata lascia spazio a quella diplomatica.

La Fratellanza parla dall’estero con linguaggio diplomatico, Hamas da Il Cairo con linguaggio di campo, ma il contenuto è identico.

L’obiettivo è riprendere spazio e legittimità, dopo anni di isolamento internazionale.

Questo probabilmente è soprattutto dovuto alla sconfitta tattica a Gaza e strategica nel contesto generale della guerra di liberazione.

Uno degli elementi più importanti della sconfitta strategica di Hamas, è la perdita del supporto politico di Turchia e Qatar, i quali hanno preferito l’ interesse di accordi con l’America.

Il pragmatismo della Fratellanza: un linguaggio “doppio

L’esperto di sicurezza nazionale egiziana Mohamed Makhlouf, giornalista di Akhbar Al-Youm, sottolinea che la dichiarazione della Fratellanza Musulmana è stata scritta in un linguaggio bilingue: tono religioso e patriottico per la base popolare, linguaggio diplomatico e politico per la comunità internazionale.

Questa doppiezza non è nuova: è la stessa strategia usata dal movimento per decenni.

Quando necessario, la Fratellanza attenua la sua retorica per apparire moderata agli occhi dell’Occidente, senza rinunciare alla propria agenda ideologica.

Un passaggio chiave del comunicato è: “Il gruppo si congratula con il popolo palestinese e con il Movimento di Resistenza Islamico, Hamas, per questo risultato”.

Makhlouf spiega che questa separazione artificiale tra “popolo” e “movimento” è una mossa calcolata per prendere le distanze formali da Hamas e proteggere la Fratellanza da responsabilità legali e politiche, mantenendo però un legame organico.

Tre messaggi strategici nascosti

Secondo Makhlouf, dietro la retorica si celano tre messaggi principali:

  1. La Fratellanza resta la forza ideologica di Hamas, e Hamas continua a esserne il braccio operativo.
  2. L’organizzazione cerca di rientrare sulla scena internazionale con un linguaggio più morbido, per recuperare legittimità.
  3. Non teme un eventuale disarmo di Hamas, perché, come in passato, è pronta a nascondere la sua ala armata dietro una facciata politica.

Questa dinamica si è già vista in altri contesti: quando i regimi stringono la morsa, la Fratellanza arretra tatticamente, per poi riemergere attraverso canali politici e diplomatici.

Conclusione: l’Islam politico cambia linguaggio, non strategia

La tregua di Gaza non segna solo la sospensione (momentanea) di un conflitto armato. Segna soprattutto un’evoluzione retorica e tattica dell’Islam politico rappresentato da Fratellanza Musulmana e Hamas. Il movimento non scompare, ma si adatta: cambia linguaggio, modula la narrazione, cerca spazi diplomatici e sfrutta la causa palestinese per tornare al centro del gioco.

Dietro le parole di pace, la battaglia per l’influenza e la legittimità è appena iniziata.

*Presidente Associazione Eridanus
vice presidente UCOI – Unione dei Consoli Onorari Stranieri in Italia
vice presidente UCOIM (Unione dei Consoli Onorari Italiani nel Mondo)

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