La Libia verso nuovi equilibri? Le considerazioni di Alpha Institute

Di Marlene Mauro*

La successione di eventi recentemente verificatasi in Libia impone la riflessione sui possibili cambiamenti nel posizionamento dei principali attori internazionali coinvolti. Gli equilibri interni al Paese, sono attualmente strutturati intorno alla contrapposizione tra i tre poli principali rappresentati dall’esercito nazionale libico (LNA) del generale Khalifa Haftar, a capo delle forze di Tobruk; dal governo di Accordo Nazionale (GNA) internazionalmente riconosciuto di Al Sarraj di stanza a Tripoli e dalle milizie islamiste dell’ex premier Khalifa Ghwell, riorganizzatesi nel febbraio 2017 nella nuova Guardia Nazionale Libica (LNG). Lo scenario fino al febbraio 2017, ha visto evolvere la situazione interna a favore delle forze di Tobruk guidate da Khalifa Haftar. Le evidenze riportate di seguito nell’analisi, mostrano tuttavia la possibilità di un parziale cambiamento di equilibri nel breve e medio periodo. I recenti avvenimenti e il coinvolgimento indiretto del Qatar, potrebbero generare un ribilanciamento a favore del governo di Al Sarraj.

Lo scenario potrebbe di conseguenza riconfigurarsi e indurre gli attori internazionali (Federazione Russa, Italia, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, ONU) a convergere sulla NOC quale principale attore interno, e su Al Sarraj, quale espressione temporanea della riunificazione libica. Nello scenario descritto, gli attori internazionali manterrebbero i rispettivi e divergenti interessi nel Paese, optando tuttavia per una marginalizzazione del ruolo di Haftar, a favore della più “orientabile” leadership di Al Sarraj. Una riflessione sull’opportunità di continuare a fornire sostegno al generale, troverebbe del resto una valida motivazione a partire dalla defezione di Haftar alla conferenza del Cairo del febbraio 2017. La conferenza, istituita per emendare gli accordi di Skhirat del 2015, avrebbe aperto la strada ad una composizione delle controversie, ponendo le prime solide basi verso la fine della guerra civile che affligge il Paese dal 2011. L’assenza del generale ha dimostrato la mancata volontà di procedere lungo la strada indicata dai suoi stessi alleati egiziani e russi, infastidendo non poco Mosca e il Cairo, i cui interessi sono subordinati ad una parziale ripacificazione del Paese. Il solo elemento di significativa rottura con lo scenario attuale sarebbe il ridimensionamento del ruolo di Khalifa Haftar e il supporto su cui lo stesso leader di Tobruk potrebbe contare. Un isolamento progressivo di Haftar da parte dei supporter internazionali, permetterebbe di fatto la parziale riunificazione interna intorno alla NOC (quale centro di gravità degli interessi libici) e ad Al Sarraj, quale espressione momentanea della fase di transizione. L’evoluzione in tal senso, potrebbe risultare – nel medio periodo – vantaggiosa per tutti gli attori coinvolti, minimizzando gli oneri derivanti dal perdurare della guerra civile e garantendo il soddisfacimento parziale degli interessi strategici perseguiti dai principali attori internazionali. Una simile evoluzione escluderebbe tuttavia ogni possibilità di dialogo, configurando, nel breve periodo, un nuovo scenario di intensa conflittualità tra le forze di Haftar e di Al Sarraj, e il conseguente deterioramento delle condizioni di sicurezza che avevano permesso la riapertura dell’Ambasciata italiana e il ritorno in Libia di altri attori internazionali pubblici e privati.

Scenario a Febbraio 2017

Lo scenario a febbraio 2017 mostrava un equilibrio sfavorevole al GNA Fayez di Al Sarraj.

La successione di eventi evidenziava difatti un incremento significativo del supporto accordato dalla Federazione Russa di Vladimir Putin all’LNA guidato da Haftar. Oltre alla visita dello stesso Haftar sulla portaerei Kutznetsov lo scorso 11 gennaio 2017, il posizionamento appariva supportato dalle voci sull’invio di armi russe all’LNA.

Tra i vari accordi firmati nel 2008, vi era infatti anche la cancellazione del debito contratto nei confronti di Mosca in cambio dell’acquisto di armi russe, necessarie per rimodernare il sistema di difesa libico dopo le sanzioni e l’isolamento internazionale degli anni ’90. Nonostante l’embargo sulle armi tutt’ora in vigore, diverse fonti hanno ribadito la possibilità di una ripresa di questi accordi, con Haftar quale principale beneficiario ed erede diretto dell’accordo di fornitura militare già siglato tra il governo di Gheddafi e Mosca.

Il 24 febbraio 2017, la visione del materiale fotografico divulgato dall’Esercito Nazionale Libico (LNA) dimostrerebbe l’avvenuta consegna di un aereo MIG-23, probabilmente versione MDL, contraddistinto dal simbolo della Russian Air Force. Il MIG-23 è stato fotografato nella base aerea di Al Abraq, controllata dalle forze di Haftar.

Le singole parti dell’aereo potrebbero essere transitate su territorio libico disassemblate, per favorirne il passaggio e in previsione di un assemblaggio presso la stessa base aerea di destinazione. Il 25 gennaio 2017, l’unico MIG-23ML impiegato dall’LNA (numero di serie “26453”) era stato abbattuto nei cieli di Bengasi. Un mese dopo, il 24 febbraio 2017, due nuovi MIG-23BN sono riapparsi in servizi con numeri di serie 9119 e 8772.

Nel febbraio 2017, il supporto russo ad Haftar è stato quindi confermato, sebbene esistessero già in precedenza rilevanti evidenze di un posizionamento di Mosca in tal senso. Alle evidenze già citate si aggiunge il trasporto, avvenuto il 1 febbraio 2017, di 70 feriti dell’LNA da parte di un II-76TD russo presso la base di Benina. L’aereo sarebbe atterrato in Egitto per poi proseguire verso Mosca. La base di Benina è stata al centro di recenti indiscrezioni circa la presenza di un contingente di forze speciali russe (22 uomini) al confine tra Libia ed Egitto. La notizia, divulgata  originariamente dalla britannica BBC nel marzo 2017 e subito smentita da parte russa ed egiziana, non sembrerebbe inserire ulteriori elementi utili all’analisi. Le forze speciali potrebbero essere giunte presso la base aerea di Benina già in precedenza (febbraio 2017). La loro presenza, se confermata, rimarcherebbe inoltre il coinvolgimento russo nella regione, senza tuttavia costituire elemento di per sé rilevante nel determinare i futuri interventi di Mosca.

A quando detto si aggiunga il sostegno diretto dell’esercito egiziano alle forze di Haftar, che ha garantito a queste ultime – in triangolazione con Mosca – stabili flussi di armi e supporto nelle attività di addestramento. L’assistenza del Cairo ha inoltre permesso all’LNA di acquisire il controllo dei maggiori porti petroliferi nel settembre 2016, di respingere i jihadisti a Bengasi e Derna e contrastare le milizie di Misurata. La conquista della Mezzaluna Petrolifera e la successiva consegna dei terminal di Brega, Zueitina, Ras Lanuf e Es Sider alla National Oil Corporation (NOC) avvenuta 15 settembre 2016, aveva di fatto posto Haftar in posizione di oggettivo vantaggio tattico. La riconsegna dei terminal alla NOC, avvenuta nonostante la Camera dei rappresentanti di Tobruk riconosca solo l’autorità della NOC “parallela” di base nell’est del Paese e guidata da Nagi Maghrabi, aveva inoltre migliorato le prospettive economiche della compagnia petrolifera.

Dal settembre 2016 la NOC ha risollevato la produzione dai 200.000 barili di petrolio al giorno dello scorso agosto ai 700.000 di inizio 2017. La crescita è stata favorita anche dalla riattivazione dei giacimenti petroliferi occidentali di Sharara ed el-Feel e dalla riapertura dell’oleodotto al-Rayana, sottratto al controllo delle milizie di Zintan.

Dal quadro descritto, il supporto russo a Tobruk sembrerebbe univoco. Esso è stato considerato da più parti come rafforzamento delle possibilità di Haftar di consolidare il suo vantaggio tattico e trasformarlo – nel medio-lungo periodo – in fattore decisivo capace di far acquisire al generale un ruolo di leadership nel Paese. Già in questa prima fase si inserivano tuttavia elementi di ambiguità nella politica di Mosca. Si evidenzia a riguardo l’accordo, siglato il 20 febbraio 2017, tra la compagnia libica National Oil Corporation (NOC), supporter del governo di Al Sarraj, e la russa Rosneft. La firma è arrivata a margine della Settimana internazionale del petrolio, evento che riunisce nella capitale britannica gli operatori del settore di tutta Europa e dei principali produttori mediorientali. Lavorando con NOC, la Rosneft e Mosca puntano ad aumentare la loro importanza nell’area, costruendo solide relazioni con il partner nordafricano. Le due compagnie hanno inoltre firmato un accordo di raffinazione del greggio che, secondo le dichiarazioni della società libica, svolgerà un ruolo rilevante nell’espandere la produzione petrolifera fino al valore obiettivo di 2,1 milioni di barili al giorno.

La debolezza di Al Sarraj veniva confermata anche dalle notizie giunte dal fronte islamista. l’11 febbraio 2017 in una cerimonia formale nel quartiere di Salah Al Deen a Tripoli, Khalifa Ghwell annunciava la nascita della Guardia Nazionale Libica (LNG), corpo militare costituito dall’unificazione delle milizie islamiste già fedeli all’ex premier Ghwell. L’LNG guidato formalmente dal comandante Mahmoud Al Zagat aveva dichiarato come suoi obiettivi la difesa delle principali infrastrutture del Paese. La nascita della Guardia Nazionale Libica concordata nel 2015 dal Congresso Generale Nazionale e ritardata fino al febbraio 2017, era stata ostacolata dalla difficoltà di accordo sulle componenti e sul ruolo della nuova forza armata. La nascita di un terzo elemento armato oltre alle forze del governo di Tripoli e all’LNA di Haftar poneva preoccupazioni in merito alla genesi di nuovi fattori di destabilizzazione. L’LNG è di fatto indipendente dal GNA, nonostante il testo approvato nel 2015 stabilisse il contrario. Il ritardo nella costituzione della nuova forza militare, nonché i legittimi dubbi in merito alla sua contrapposizione al governo legittimo, avevano inoltre già indotto quest’ultimo ad affidare i compiti sulla carta spettanti all’LNG alla Guardia Presidenziale. La nuova compagine militare è costituita prevalentemente da gruppi armati, provenienti in larga misura dalla città di Misurata. L’LNG si poneva alla nascita come unità indipendente, non affiliata né al Governo di Unità Nazionale, né alle forze di Tobruk guidate da Haftar.

L’LNG nasce dopo l’azione dimostrativa che aveva visto Ghwell protagonista del fallito colpo di Stato attuato a Tripoli con l’assalto a tre sedi ministeriali lo scorso 12 gennaio 2017. La nuova iniziativa di Gwell avveniva all’indomani della riapertura dell’Ambasciata italiana a Tripoli, l’unica occidentale. Nelle ore del golpe l’Italia avrebbe cercato il sostegno di altri governi occidentali per una dichiarazione di supporto al governo al-Sarraj, rimasta però sostanzialmente isolata.

L’evento, di rilevanza più mediatica che reale, si è presentato come azione dimostrativa volta ad evidenziare la scarsa capacità del governo di Fayex al Sarraj di garantire presidio e stabilità alle sue strutture legittime presenti a Tripoli. L’azione, riconducibile più ad un assalto armato che ad un golpe, è rapidamente rientrata. La successione di notizie in merito diffuse dalle principali testate giornalistiche libiche, ha evidenziato la convergenza e il reciproco supporto delle testate riconducibili a Khalifa Ghwell e all’LNA di Haftar. La convergenza di carattere mediatico, poteva configurarsi come parziale evidenza di un potenziale avvicinamento tra i due poli. La conflittualità interna è stata nuovamente evidenziata dall’assalto alla base navale di Abu Seta, sede del governo presidenziale. L’azione condotta il 19 marzo scorso ad opera di milizie vicine a Khalifa Ghwell, ha di fatto interrotto la tregua raggiunta a Tripoli tra GNA e milizie lo scorso 16 marzo.

Quanto detto evidenzia la debolezza di Al Sarraj fino al periodo considerato e l’intenzione di Haftar di puntare de facto a un ruolo di comando ormai non più circoscritto all’area della Cirenaica. Agendo sul Parlamento di Tobruk perché non arrivasse ad approvare il governo di al-Sarraj, Haftar si è mosso per costringere la Comunità Internazionale a prendere atto del fallimento del leader di Tripoli e valutare opzioni alternative. A livello internazionale, gli interessi dell’Egitto e le posizioni francesi e russe contribuivano a creare un contesto internazionale di informale appoggio al generale dell’LNA. Il leader di Tobruk aveva inoltre rafforzato l’asse con l’Egitto e con la Russia. A quest’ultima, in cambio del supporto di cui si è già parlato, Haftar avrebbe promesso la concessione di due basi in Cirenaica, una vicino a Bengasi e l’altra a Tobruk, garantendo alla Russia un avamposto nel Mediterraneo centrale. L’equilibrio delle forze in campo fino al febbraio 2017, appariva quindi complessivamente poco favorevole alla tenuta del governo Al Sarraj istituito dopo gli accordi di Skhirat del dicembre 2015. La debolezza dell’GNA aveva suggerito ai supporter diretti di Al Sarraj serie riflessioni in merito all’opportunità di modificare il proprio posizionamento strategico in direzione di Khalifa Haftar. L’opportunità di agire con un ribilanciamento in tal senso sembrava riguardare in primo luogo l’Italia, pressochè unico Paese occidentale fortemente (ed univocamente) schierato a sostegno (anche tattico) del Governo internazionalmente riconosciuto di Tripoli.

Game Changer e potenziali fattori di cambiamento

Nonostante quanto descritto, il vantaggio di Khalifa Haftar potrebbe ridursi nel tempo a seguito di nuovi eventi intercorsi nel marzo 2017. Pur restando immutati gli interessi russi, di cui si è già reso conto, Mosca sembra dubitare del leader di Tobruk e potrebbe spostarsi su posizioni intermedie volte a raggiungere gli stessi obiettivi già manifesti in passato, ridimensionando però il ruolo giocato da Haftar. Una riflessione sull’opportunità di continuare a fornire sostegno al generale, troverebbe del resto una valida motivazione a partire dalla defezione di Haftar alla conferenza del Cairo del febbraio 2017. L’assenza del generale all’incontro voluto da Mosca e Il Cairo, potrebbe aver aperto la strada ad un nuovo posizionamento dei due attori, dimostrando l’indisponibilità del leader di Tobruk a seguire la strada indicata dai propri alleati.

Un secondo evento da considerare, riguarda la visita del 2 e 3 marzo che ha visto il premier Fayez  Al Sarraj recarsi a Mosca per incontrare il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. La notizia non ha avuto particolare rilevanza mediatica; ciò è dipeso in parte anche dal mancato incontro diretto con Vladimir Putin e dalle dichiarazioni con cui il Cremlino ha a più riprese ribadito di non voler cambiare posizionamento nello scenario libico. Mosca si è sentita in dovere di sottolineare la coerenza della sua posizione nell’area, giustificando l’incontro come espressione della volontà russa di pacificare il Paese coinvolgendo tutti gli attori di rilievo. La visita di Sarraj in un Paese che sostiene esplicitamente Khalifa Haftar, è giunta inattesa e non costituirebbe, di per sè, elemento sufficiente a ipotizzare un futuro cambiamento degli equilibri interni. La decisione di incontrare Sarraj potrebbe essere ricondotta alla sola volontà russa di accreditarsi come mediatore, per guadagnare ulteriori margini di manovra che permettano di orientare lo scenario libico. In questo quadro potrebbe rientrare anche l’accordo raggiunto il 20 febbraio scorso tra la compagnia libica National Oil Corporation (NOC) e la russa Rosneft. Questa interpretazione dei due eventi è al momento considerata la più verosimile da tutti i principali analisti; spiegare le mosse russe come ordinari tasselli del gioco diplomatico di Mosca, non sposterebbe in alcun modo la posizione di supporto ad Haftar e non introdurrebbe significativi elementi a sostegno di un futuro cambiamento di equilibri a favore di Al Sarraj.

Esistono tuttavia altre evidenze, capaci di modificare l’interpretazione del quadro descritto e di prefigurare uno scenario favorevole a Fayez al Sarraj, che potrebbe essere individuato dagli attuali sostenitori di Haftar come leader più idoneo a gestire la fase iniziale della riunificazione libica.

Si segnala a riguardo che, sebbene Mosca non sembri al momento voler cambiare ufficialmente posizione, altri elementi potrebbero aiutare a spiegare la parziale apertura dimostrata al governo di Tripoli. La visita del 2 e 3 marzo di Al Sarraj a Mosca, giunta dopo gli accordi tra la compagnia petrolifera libica National Oil Corporation (NOC) e la russa Rosneft, si incrocia con l’avvicinamento economico tra Mosca e Doha. Il Qatar mantiene da sempre forti contatti con le milizie libiche di Tripoli e Misurata, legate alla Fratellanza Musulmana. Il fondo sovrano di Doha (Qatar Investments Authority) ha recentemente acquistato – come tappa conclusiva di un’operazione già avviata nei mesi scorsi e in consorzio con la compagnia svizzera Glencore – il 19,5% della Compagnia energetica Rosneft (acquisto sostenuto dal finanziamento dell’italiana Banca Intesa Sanpaolo). L’intenzione di cedere una quota del colosso energetico russo (l’inglese BP ha già circa il 20% del capitale) era stata annunciata dal presidente Vladimir Putin un anno fa, sulla spinta del crollo del prezzo del petrolio che, insieme alle sanzioni internazionali, ha drammaticamente impoverito gli incassi statali generando oggettivi problemi di sostenibilità economica. L’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, potrebbe dare nei prossimi anni nuovo vigore alle ambizioni di espansione internazionale di Rosneft, ridimensionate in parte dalle sanzioni. Di recente il gruppo guidato da Igor Sechin ha inoltre acquistato il 35% nella concessione del giacimento di Zohr, nell’off-shore egiziano, scoperto dall’Eni.

Nel definire il quadro acquistano rilevanza anche i recenti scontri che hanno coinvolto con esiti ambigui la Mezzaluna Petrolifera. Lo scorso 4 marzo le Brigate per la Difesa di Bengasi – sigla che racchiude al suo interno gruppi jihadisti quali Ansar Al-Sharia e il Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno annunciato di aver preso il controllo dei terminal petroliferi di Ras Lanuf e Es Sider, sottraendoli di fatto all’Esercito Nazionale Libico di Haftar che li aveva conquistati nel settembre 2016. Il 9 marzo, a soli due giorni di distanza dall’operazione tattica delle milizie islamiste, il GNA ha inviato la Guardia Petrolifera (PFG), accolta dalle Brigate di Bengasi con un pacifico passaggio di consegne dei terminal. Il governo Sarraj si è così riappropriato per breve tempo di un territorio strategicamente nevralgico, di fatto indispensabile a chi voglia garantirsi la reale leadership nel Paese. Sebbene i terminal siano stati riconquistati dalle Forze di Haftar (con il supporto egiziano) il 15 marzo, dopo pochi giorni dalle azioni delle milizie, l’atipica unità di intenti tra due fazioni generalmente rivali (milizie islamiste e governo tripolitano), non può passare inosservata. La successione di eventi potrebbe acquisire ulteriore rilevanza se incrociata con le manovre economiche di Doha, il cui stretto legame con le milizie islamiste è noto. Sebbene non esistano evidenze capaci di dimostrare un intervento del Qatar dietro la decisione di cedere i terminal di Ras Lanuf ed Es Sider a Tripoli, tale possibilità non può essere esclusa. Essa dimostrerebbe un momentaneo riposizionamento di Doha a favore di Al Sarraj, che potrebbe comportare, grazie alle pressioni economiche, una riduzione del sostegno russo ad Haftar. L’ipotesi di intervento di Doha nelle posizioni tenute in Libia dal Cremlino sembrerebbe sostenuta anche dal recente rafforzamento delle relazioni economiche tra Qatar e Federazione Russa.  il 18 marzo 2017, il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato l’importanza delle relazioni bilaterali tra i due Paesi, ribadendo la convergenza di interessi in diversi settori. Secondo le dichiarazioni dello stesso Putin, la Russia mantiene con il Qatar relazioni vantaggiose nel settore finanziario e negli investimenti, nella lotta contro il terrorismo e nella risoluzione dei conflitti nell’area del Medio Oriente e del Nord Africa.

Mosca non sembra orientata a modificare i suoi progetti strategici nell’area, ma gli obiettivi del Cremlino – complice anche l’intervento del Qatar – potrebbero essere raggiunti in piena compatibilità con la leadership di Al Sarraj. A cambiare sarebbero non tanto gli equilibri interni libici o gli obiettivi perseguiti dagli attori internazionali, quanto piuttosto la figura designata come guida transitoria verso la pacificazione del Paese.

Gli scontri nella Mezzaluna Petrolifera hanno aumentato l’instabilità nel Paese, portando alcuni parlamentarti di Tobruk a chiudere che i porti della Mezzaluna petrolifera, sede dei terminal per l’esportazione del greggio estratto in Cirenaica, siano controllati dalla NOC “orientale”. L’Alleanza delle forze nazionali (AFN), partito dell’ex premier Mahmoud Jibril, ha invitato la commissione parlamentare dell’Energia nella Camera dei rappresentanti di Tobruk a intervenire con una legge che preveda lo sdoppiamento della NOC in due istituzioni. La NOC orientale ha deciso nei giorni scorsi di respingere l’accordo raggiunto nel luglio 2016 con la NOC di Tripoli per unificare le due amministrazioni rivali. La National Oil Corporation di Tripoli, da parte sua, ha ribadito che il suo interesse prioritario riguarda l’unità del paese, l’incremento nella produzione di petrolio e la salvaguardia delle infrastrutture petrolifere. Oltre alle reazioni interne, si segnala il comunicato congiunto diffuso su twitter, dopo la riconquista dei terminal del 15 marzo, dalle ambasciate di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti. Le quattro rappresentanze, mosse da interessi parzialmente divergenti, hanno tuttavia chiesto congiuntamente la fine delle ostilità nella zona della Mezzaluna petrolifera libica, sottolineando che le infrastrutture dovrebbero essere controllate in modo esclusivo dall’ente petrolifero National Oil Corporation in conformità con le risoluzioni 2259 e 2278 del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Il quadro descritto è soggetto a rapidi cambiamenti e presenta, di conseguenza, ampio margine di incertezza. Le evidenze raccolte sembrano tuttavia poter configurare uno scenario di convergenza dei principali attori internazionali verso il ridimensionamento del sostegno accordato ad Haftar e la riunificazione del Paese sotto la guida temporanea di Al Sarraj.

Se le spinte in tale direzione dovessero subire un’accelerazione o risultassero confermate da future evidenze, si potrebbe generare uno scenario che vede gli attori internazionali (Federazione Russa, Italia, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, ONU) convergere sulla NOC quale principale attore interno, e su Al Sarraj, quale espressione temporanea di una futura riunificazione libica. Nello scenario descritto, gli attori internazionali manterrebbero i rispettivi e divergenti interessi nel Paese, optando tuttavia per una marginalizzazione del ruolo di Haftar, a favore della più “orientabile” leadership di Al Sarraj. Il solo elemento di significativa rottura con l’attuale equilibrio sarebbe, di conseguenza, il ridimensionamento del ruolo di Khalifa Haftar e il supporto su cui lo stesso leader di Tobruk potrebbe contare. Un isolamento progressivo di Haftar da parte dei supporter internazionali, permetterebbe di fatto la parziale riunificazione interna intorno alla NOC (quale centro di gravità degli interessi libici) e ad Al Sarraj, quale espressione momentanea di un governo di transizione e pacificazione nazionale. Un’evoluzione in tal senso comporterebbe inevitabilmente un deterioramento delle condizioni di sicurezza nel breve periodo, dovuto all’escalation violenta tra le forze a sostegno dei due governi di Tripoli e Tobruk. Dal quadro delineato emergono due potenziali fattori di convergenza internazionale – la NOC e Sarraj – che potrebbero, come detto, orientare le scelte dei passati alleati a scapito di Haftar. Se lo scenario fosse confermato, la reazione del generale (spinto dal timore di un futuro isolamento) dovrebbe quindi coerentemente puntare sul parallelo indebolimento del premier Sarraj e della compagnia petrolifera nazionale. L’intensificarsi degli scontri ha già avuto modo di colpire entrambi i target, tanto con l’attacco alla base di Abu Seta – organizzato approfittando dell’assenza temporanea del premier in visita a Roma, quanto con le minacce di “sdoppiamento” della NOC. Sul secondo fronte, se Haftar decidesse di consegnare i terminal petroliferi di cui ha recentemente riacquistato il controllo alla NOC parallela fedele a Tobruk, potrebbe di fatto usare l’interruzione delle forniture petrolifere come strumento di pressione sulla Comunità Internazionale.

*Alpha Institute

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