Di Giuseppe Gagliano*
Le autorità francesi hanno scoperchiato un caso che conferma quanto il fronte interno europeo sia ormai parte integrante della guerra ibrida condotta dalla Russia. L’arresto di tre membri della ONG pro-russa SOS Donbass, e la messa sotto controllo giudiziario di un quarto, racconta una storia che va ben oltre la beneficenza proclamata dall’organizzazione. La vicenda mette in luce la capacità russa di infiltrarsi nelle pieghe del volontariato, del mondo associativo e persino del tessuto imprenditoriale, usando ONG di facciata per raccogliere informazioni sensibili e condurre un lavoro di propaganda mirato a indebolire gli Stati europei dall’interno.
Una ONG nata per aiutare il Donbass, usata per aiutare Mosca
L’associazione, formalmente registrata nel 2022 nei Pirenei Atlantici, dichiarava di fornire aiuti umanitari alle popolazioni del Donbass. Una narrazione perfetta per legittimarsi nel dibattito europeo e attrarre simpatizzanti sensibili al dramma civile ucraino. Ma secondo l’intelligence francese, dietro questa facciata si celava un apparato capace di raccogliere informazioni economiche, influenzare l’opinione pubblica e costruire una rete di propaganda filorussa direttamente sul territorio francese. È il classico schema della guerra ibrida: unire l’elemento emotivo dell’“aiuto umanitario” all’azione clandestina, sfruttando i valori occidentali — libertà di associazione, pluralismo, società civile — come strumenti contro gli stessi occidentali.
Le indagini e l’episodio dell’Arco di Trionfo
La DGSI, il servizio d’intelligence interna, aveva iniziato a osservare l’ONG all’inizio del 2025. La svolta è arrivata in settembre, quando manifesti con la scritta “La Russie n’est pas mon ennemi” comparvero sull’Arco di Trionfo. Non un’azione isolata, ma una mossa simbolica: colpire uno dei monumenti più sacri della memoria nazionale, nel cuore di Parigi, per lanciare un messaggio politico preciso. Le telecamere hanno collegato l’episodio a Vyacheslav B., uno dei membri dell’organizzazione, che avrebbe informato la direttrice Anna Novikova subito dopo.

Da lì, il passo verso l’intervento giudiziario è stato breve. Il caso è esploso tra il 17 e il 18 novembre, con arresti mirati e la conferma pubblica pochi giorni dopo.
I protagonisti della rete: tra propaganda, contatti economici e lealtà a Mosca
La figura centrale è Anna Novikova, quarant’anni, doppia cittadinanza, fondatrice e direttrice dell’ONG. Per gli investigatori, è il fulcro che tiene insieme assistenza, propaganda e attività informative. Le si contestano legami diretti con attori russi, oltre al coinvolgimento nella vicenda dell’Arco di Trionfo e tentativi di ricavare informazioni sensibili da dirigenti d’azienda francesi, un indizio chiaro della volontà di Mosca di colpire anche il cuore economico del Paese.
Vyacheslav B. rappresenta il braccio operativo, colui che agisce sul terreno. Vincent Perfetti è, invece, il ponte verso l’ambiente francese: sessantatre anni, residente in Seine-Saint-Denis, avrebbe raccolto informazioni d’interesse nazionale a beneficio di una potenza straniera. Bernard F., sottoposto a controllo giudiziario, mostra quanto la rete fosse già capace di coinvolgere cittadini francesi sensibili alla narrativa russa.
Le accuse sono pesanti: associazione criminale, intelligence con una potenza straniera, raccolta di informazioni strategiche, danneggiamento di un monumento storico per conto di un Paese estero. La pena potenziale arriva fino a dieci anni di carcere.
La Francia come teatro della guerra ibrida
Il caso SOS Donbass non è un episodio isolato. Rientra in un mosaico più ampio: campagne di disinformazione, gruppi pseudopacifisti che ripetono la linea del Cremlino, lobbying occulte, tentativi di sfruttare il malcontento sociale. L’Europa è un obiettivo di primo piano, perché ogni frattura interna è un vantaggio per Mosca. La vicenda francese ricorda quanto sia fragile il confine tra società civile e operazioni d’influenza quando una potenza straniera decide di infiltrarsi con risorse, reti e obiettivi strategici.
Non stupisce che gli ambienti filorussi sui social reagiscano parlando di “inchiesta politica” o di “persecuzione ideologica”, usando lo stesso linguaggio che da anni accompagna le narrazioni del Cremlino. Ma proprio questo coro coordinato conferma quanto la propaganda sia ormai parte integrante dell’operazione.
Un avvertimento per l’Europa
Il caso SOS Donbass è un campanello d’allarme per tutti i Paesi europei. Rivela la vulnerabilità delle nostre società aperte, la capacità delle reti russe di infiltrarsi dove meno ci si aspetta, l’urgenza di strumenti più sofisticati di contro-ingerenza. È un richiamo a non confondere la solidarietà con la manipolazione, l’assistenza con la propaganda, e a riconoscere che la sicurezza non passa solo dai confini esterni ma dalla capacità di proteggere il dibattito pubblico, le istituzioni e i cittadini dalle pressioni di potenze che mirano a destabilizzare l’Europa dall’interno.
*Presidente Centro studi strategici (Cestudec)
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