Golfo di Guinea, le risposte internazionali e regionali alla pirateria marittima

Di Valeria Fraquelli.

Conakry. Il Golfo di Guinea è da anni nelle mani di pirati che prendono di mira le imbarcazioni per prendere ostaggi e chiedere un riscatto oppure per rivendere il carico al mercato nero ottenendo guadagni fraudolenti.

Senza contare che i pirati si rendono protagonisti di rapine e violenze efferate che terrorizzazo la popolazione locale e aumentano l’incertezza e l’insicurezza in Paesi gà molto poveri e instabili.

Per questo servono risposte sia internazionali che regionali. Le risposte internazionali arrivano dalle organizzazioni che si occupano di garantire sicurezza e pace a livello globale come le Nazioni Unite, la International Maritime Organization, l’Unione Europea, l’Interpol.

Le Nazioni Unite tengono sotto stretta sorveglianza la situazione lungo tutte le coste africane perchè è ormai evidente a tutti che quello della pirateria è un problema che si può e si deve risolvere a livello globale.

Nella risoluzione del 2012, il Consiglio di Sicurezza scrive: “Esprimendo profonda preoccupazione per la minaccia che la pirateria e le rapine a mano armata in mare nel Golfo di Guinea rappresentano per la navigazione internazionale, la sicurezza e lo sviluppo economico degli Stati della regione, sollecita gli Stati della regione del Golfo di Guinea ad agire rapidamente, a livello nazionale e regionale, con il sostegno della comunità internazionale, ove possibile e di comune accordo, sviluppare e attuare strategie nazionali di sicurezza marittima, anche per l’istituzione di un quadro giuridico per la prevenzione, e la repressione della pirateria e della rapina a mano armata in mare, nonché il perseguimento di persone che commettono tali crimini, e la punizione di coloro che sono stati condannati e incoraggia la cooperazione regionale a tale riguardo”.

La strategia 2017 dell’Organizzazione marittima internazionale è quella di attuare misure di sicurezza marittima sostenibili e di migliorare la sicurezza marittima in Africa occidentale e centrale, al fine di contrastare la pirateria e le rapine a mano armata contro le navi e sostenere così lo sviluppo del settore marittimo.

Questa strategia consiste si basa su diversi elementi, tra cui l’effettiva attuazione delle convenzioni dell’IMO, al fine di costruire l’infrastruttura legislativa necessaria per criminalizzare la pirateria, l’assistenza bilaterale e l’impegno continuo di follow-up, da svolgere in modo adeguato alle esigenze degli Stati membri dell’IMO.

Hanno un ruolo importante anche la formazione regionale, incentrata sullo sviluppo di quadri giuridici per la prevenzione e la repressione della pirateria, e la formazione di funzionari a vari livelli per le indagini sulla pirateria e i reati connessi; l’assegnazione di competenze per accelerare il cambiamento e facilitare i canali di comunicazione tra gli Stati membri dell’IMO.

L’Unione europea è uno dei principali attori nella lotta contro la pirateria nel Golfo di Guinea. Nel 2014 l’Unione Europea ha adottato la sua strategia per il Golfo di Guinea, che si basa sugli obiettivi generali definiti nel suddetto codice di condotta di Yaoundé.

Ci sono quattro obiettivi strategici: costruire una comprensione comune della portata della minaccia (ridurre la cosiddetta “cecità del mare”), aiutare i governi regionali a mettere in atto solide istituzioni multiagenzie, sostenere lo sviluppo di economie prospere e rafforzare le strutture di cooperazione esistenti.

Inoltre, l’Unione Europea sta cercando di sviluppare la sicurezza e la stabilità a lungo termine attraverso la promozione di una crescita inclusiva, generando benefici dalla ricchezza e dalla creazione di posti di lavoro per tutte le persone. La cooperazione è fondamentale.

Un dispositivo antipirateria in azione

L’Interpol ha invece lanciato tutta una serie di iniziative per migliorare le capacità delle Forze di Polizia locali di contrastare efficacemente la pirateria.

L’azione si è incentrata su tre settori principali: migliorare le capacità di raccolta delle prove delle forze di polizia locali; agevolare una migliore cooperazione tra gli attori dei diversi paesi interessati; assicurandosi che gli ostaggi siano interrogati e interrogati e che vengano raccolte tutte le informazioni pertinenti.

Se queste sono le risposte internazionali e globali, ci sono anche delle risposte alla pirateria di dimensione regionale.

“L’Operazione Prosperity” è stata un’iniziativa lanciata da Nigeria e Benin nel 2011 per garantire un ambiente marittimo sicuro. Inizialmente la missione doveva durare sei mesi, poi è stata prorogata di altri sei mesi.

L’accordo tra i due Paesi prevedeva che la marina nigeriana avrebbe fornito le navi e la maggior parte della logistica e delle risorse umane per l’operazione, mentre la marina del Benin avrebbe aperto le sue acque alle navi nigeriane per pattugliare.

Tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, l’area ha visto una riduzione degli attacchi tentati ed effettivi, grazie alla continua presenza di forze militari nel dominio marittimo, e le due marine . condivisione di informazioni e intelligence.

Oltre alla collaborazione tecnica, la Marina del Benin ha beneficiato anche della formazione con la sua controparte nigeriana.

Un militare della Marina Militare in missione anti pirateria

Un’altra contromisura interessante è il lancio del Maritime Trade Information Sharing Centre Gulf of Guinea (MTISC-GOG).

Questa attività è stata avviata principalmente dallo stesso settore navale a causa della mancanza di coinvolgimento degli Stati regionali nella sicurezza marittima. Il Centroe ha cambiato il suo nome nel 2016 in Maritime Domain Awareness for Trade – Guinea Gulf, funziona come un sistema di dichiarazione volontaria, e incoraggia le navi a segnalare la loro posizione e rotta, nonché qualsiasi attività sospetta che potrebbero incontrare.

La più ampia iniziativa regionale per contrastare la pirateria è il Codice di condotta relativo alla repressione della pirateria, alla rapina armata contro le navi e all’attività marittima illegale nell’Africa occidentale e centrale, noto anche come “Codice di condotta Yaoundé”.

Tale decisione è stata adottata nel giugno 2013 al fine di promuovere la cooperazione marittima e la condivisione e il coordinamento delle informazioni.

In particolare, gli Stati firmatari si sono impegnati ad arrestare, indagare e perseguire le persone che hanno commesso atti di pirateria o sono ragionevolmente sospettati di commettere atti di pirateria; a salvare navi, persone e beni oggetto di pirateria; a designare un punto focale nazionale per facilitare un flusso di informazioni coordinato, efficace e tempestivo, a cooperare allo sviluppo e alla promozione di programmi di formazione e di istruzione per la gestione dell’ambiente marino.

Tuttavia, il Codice di condotta di Yaoundé, come qualsiasi altro Codice di condotta analogo, non è un documento giuridicamente vincolante e non impone alcun obbligo agli Stati firmatari, e quindi la sua piena ed efficace attuazione dipende necessariamente dalla buona volontà, dalla ricchezza e dalla capacità degli Stati coinvolti.

Le risposte, sia regionali che globali, non possono che dipendere dalla volontà degli Stati coinvolti di cooperare ed è per questo che cooperazione e rispetto reciproco tra i vari Paesi devono essere al primo posto.

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