Parigi. Durante una cena privata a Parigi un mese fa, il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha espresso la sua disapprovazione circa la strategia che sta seguendo la Francia ultimamente in Libano.
Nelle sue due visite effettuate dopo le esplosioni avvenute a Beirut, Macron ha ribadito alla classe politica libanese che la formazione di un nuovo governo era una priorità per far uscire il Paese dalla sua inerzia politica, per avviare programmi di riforme e per sradicare la corruzione galoppante tra i vari Ministeri.
Il Presidente francese ha anche promesso al partito Hezbollah di preservargli un ruolo esclusivamente politico sul territorio, ma non più armato.
Macron ha cercato di usare i rapporti storici tra il Paese dei Cedri e la Francia per persuadere i politici che solo in questo modo, il Libano usufruirebbe dei Fondi Esteri che gli permetterebbero di uscire dalla crisi economica che sta sprofondando il Paese nella povertà estrema.
Ma gli sforzi del Presidente francese non sembrano aver dato gli effetti desiderati sulla classe politica libanese che continua a adottare una politica di inoperosità prevalentemente eseguita da Hezbollah e i suoi alleati, cristiani e musulmani.
Dopo le dimissioni di Hariri a gennaio 2020 sotto le pressioni delle manifestazioni di piazza, è stato eletto Diab che si è dimesso pochi giorni dopo le esplosioni di agosto e attualmente indagato per corruzione.
Diab è stato sostituito da Mustafa Adib Abdul Wahed, il quale fino al 26 settembre è stato incapace di formare il nuovo governo desiderato dalla Francia.
Dimettendosi anche lui, Saad Hariri è tornato Primo Ministro il 22 ottobre.
Figura contestata dalla popolazione che l’ha portato a dimissionare a gennaio, esso è anche una figura non gradita da alcuni parlamentari e da potenti politici mediorientali. Hariri, anche lui oggi, non riesce a formare il nuovo governo in Libano.
Il principale motivo di questa impasse è la strategia che sta seguendo Hezbollah e i suoi alleati: politica di boicottaggio e di veto su qualsiasi iniziativa economica e no, al fine di conservare un ruolo predominante nel Paese, non solo politico come aveva previsto e desiderato il Presidente francese, ma anche e soprattutto un ruolo nella Sicurezza del Paese.
In effetti, Hezbollah insiste ad ottenere i Ministeri della Giustizia e degli Interni nel nuovo governo ancora da formare.
Il comportamento di Hezbollah ha allarmato l’amministrazione Trump e Israele costringendoli a contrastare la politica estera francese.
Sia gli USA che Israele oggi stanno cercando di impedire a Hezbollah qualsiasi ruolo in Libano.
Entrambi i Paesi hanno dichiarato che un partito terroristico non può essere un partito politico.
Ma il partito Hezbollah, da sempre fedele all’Iran e al regime siriano di Assad, continua a dimostrare che la soluzione della crisi economica e politica del Libano passerebbe esclusivamente da lui.
Questa realtà, molto evidente sul territorio, continua a dare molto fastidio all’amministrazione Trump e ha portato gli Stati Uniti ad imporre delle sanzioni su ogni individuo che risulta alleato a Hezbollah, sia un politico, un militare ma anche un imprenditore.
Sono finiti nel mirino il genero del Presidente della Repubblica libanese, Gebran Bassil, ex ministro dell’Acqua e dell’Energia e ancora capo del partito Free Patriotic Current, e otto figure militari in pensione oggi, tra cui l’ex capo dell’Esercito, Jean Kawaji e due ex ministri degli Interni.
Ma nemmeno le sanzioni sono riuscite a velocizzare la formazione del governo che vuole la Francia o di ridurre il potere di Hezbollah.
La terza visita di Macron programmata per oggi e domani verrà effettuata dal capo di Stato Maggiore francese Francois Lecointre, una sostituzione obbligata dopo che Macron è risultato positivo al Covid-19 alcuni giorni fa.
Questa volta però, la Francia non parlerà a nome suo, ma a nome dell’UE forse per dare più peso alla politica estera francese e per aiutare il Libano ad uscire da una crisi economica senza precedente. Macron, sta cercando di cucire i rapporti laddove si erano interrotti dopo le dimissioni di Hariri, Diab e Adib, le rielezioni di Hariri, ma soprattutto dopo le esplosioni e di conservare il peso politico di ogni confessione sul territorio.
L’alternativa a questa politica sarebbe stata sradicare il sistema sul quale è fondato il Paese dei Cedri.
Un’alternativa che nessuno sembra volere attualmente, visto che cambierebbe anche la scacchiera del Medioriente.
Da parte sua, Hezbollah si accontenta dell’inattività politica nel Paese con il doppio scopo: che l’amministrazione del nuovo Presidente americano, Joe Biden, sarà più clemente nei confronti dell’Iran e di conseguenza nei confronti di Hezbollah così come spera riottenere il consenso della fetta della popolazione che non è più tanto fedele al Partito.
In questi ultimi giorni, parecchie iniziative caritative sono state intraprese dal Partito che ha creato delle cooperative chiamate “Makhzen Nour” in sostegno della popolazione più bisognosa.
Con una carta di credito chiamata ‘al-Sajjad Card’ una famiglia potrebbe rifornirsi in una delle cooperative caritative gratuitamente.
Iniziative che il governo stesso non ha intrapreso ancora circa i 300 mila sfollati che sono scappati da Beirut dopo le esplosioni e che vivono a tutt’ora di donazioni internazionali.
Proprio per colpa dell’impasse politica tra Francia e Stati Uniti, il governo libanese si trova bloccato da ogni lato, ma chi paga le conseguenze di tutto ciò è la popolazione diventata ostaggio di un dilemma politico internazionale dal quale nessuno sembra voler scendere a compromessi….ancora.
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