Libano: la presenza di milioni di rifugiati incide sul tessuto sociale. In aumento i minori

Di Matteo Seklaoui

BEIRUT (nostro servizio particolare). Il Libano detiene un insolito record, è il Paese al mondo con la più alta percentuale di rifugiati rispetto alla propria popolazione (circa 6 milioni e 800 mila abitanti).

In Libano cresce il numero dei rifugiati 

Negli ultimi anni ai profughi palestinesi (circa 500 mila già stanziati nel Paese dal 1948) si sono aggiunti i profughi siriani (circa 2,5 milioni) fuggiti dalla guerra che ancora insanguina la Siria.

Altri rifugiati (circa 20 mila) provengono da Iraq, Etiopia, Sudan e da altri Paesi.

Questi dati sono in continua evoluzione e come se non bastasse non sono nemmeno del tutto attendibili dato che molti non vengono registrati .

Il Libano è soggetto a questa forte migrazione di profughi principalmente a causa della sua posizione geografica.

E’, infatti, considerato da sempre “uno Stato cuscinetto” dato che confina con la Siria e con Israele.

Una grandissima percentuale di rifugiati qui presenti è costituita da  minori (circa il 48%).

Molte famiglie che entrano nel Paese hanno già diversi bambini e questo rende lo scenario  di questi ultimi anni ancora più straziante.

Si vedono, in strada, numerosi bambini affamati che frugano nella spazzatura in cerca di qualcosa da mangiare o da vendere, in modo da guadagnare qualche spicciolo.

Oppure si vedono bambini di 10-11 anni badare ai propri fratelli o sorelle ancora più piccoli mentre i genitori cercano  “lavori occasionali” per permettere di racimolare il minimo indispensabile alla propria famiglia.

In aumento anche i bambini che cerano di racimolare qualcosa per vivere

Un altro fattore preoccupante sono le numerose nascite nei campi profughi. Questi neonati non ottengono nè la cittadinanza libanese né quella siriana o palestinese.

Sono insomma veri e propri “bambini fantasma”.

Negli anni precedenti alla crisi, la gestione di questa emergenza è stata piuttosto deplorevole ma con l’arrivo della crisi mescolata alla pandemia da Covid-19 la situazione é diventata insostenibile.

I profughi essendo aumentati a dismisura consumano ingenti quantità di cibo, acqua, medicinali, energia elettrica, carburanti ed altro ancora.

Tolgono così la possibilità alla popolazione libanese di poter accedere a quelle poche risorse rimaste nel Paese  che sono, a stento, sufficienti per tutti.

Si generano così una sorta di guerra tra poveri, tensioni sociali e problemi di integrazione tra il popolo libanese e i rifugiati.

Un altro aspetto da non sottovalutare che deriva da questa pressione migratoria, a cui è stato sottoposto il Libano in questi ultimi anni, è l’alta possibilità che il fenomeno stravolga i già fragilissimi equilibri religiosi su cui si basa la democrazia confessionale libanese.

Per fronteggiare questa emergenza oltre alle Agenzie delle Nazioni Unite come UNNRWA e UNCHR presenti da tempo, operano molte ONG internazionali quali, ad esempio, COOPI, Save The Children, Ordine di Malta, Ward Child, Pro Terra Sancta, Caritas Libano e tante altre.

Tutte prestano un prezioso aiuto offrendo assistenza medica, psicologica, generi alimentari, indumenti e persino istruzione ai bisognosi di ogni nazionalità compresi i “nuovi poveri libanesi “.

Affiancano, con il loro lavoro, lo scarso e insufficiente aiuto offerto dal governo locale.

Nonostante tutte le inevitabili tensioni provocate da questa emergenza la società civile libanese, ancora una volta, non si è sottratta a dare il suo contributo spontaneo dimostrando uno spirito di grande accoglienza nei confronti dei rifugiati.

Ha offerto supporti di ogni genere attraverso molte associazioni locali che spesso si autofinanziano, attraverso forme di assistenzialismo, solidarietà e vicinanza fraterna che esprimono quanto il popolo libanese sia per cultura generoso e altruista.

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