Beirut. E’ la fine dei partiti tradizionali anche in Libano. Da giorni la piazza protesta al grido di “Governo corrotto, non vogliamo pagare”. La gente ha abbandonato i gruppi politici e si è riunita di fronte ad un luogo storico di Beirut, il Gran Serraglio. Ora non vedi più in strada le bandiere politiche ma solo quella nazionale.
Con un debito di 3 miliardi e 700 milioni di euro, il Governo libanese intende mettere mano nelle tasche dei cittadini per pagare il promesso aumento salariale dei funzionari.
L’aumento delle tasse taglia, per prima cosa, il consumo quotidiano con un aumento dell’IVA all’11% e colpisce anche aziende e banche, non in forma progressiva.
Quello che fa arrabbiare i cittadini è che il 30% dei guadagni bancari sono in mano ai politici.
Il Libano è considerato un Paradiso fiscale e questa prerogativa protegge chi fa parte della classe dirigente. Nel 2016 i benefici fiscali sono stati di 2.800 milioni di euro.
Il Paese ha conosciuto, nel passato, le proteste per la gestione dell’ambiente ed oggi la gente torna in strada contro l’aumento delle tasse. Colpita da una pessima qualità della vita, dal costante taglio ai servizi elettrici, stanca della corruzione.
La gente denuncia, inoltre, la mancanza di uno Stato trasparente che da 12 anni emette bilanci annuali, senza il controllo del Parlamento. Una pratica che ha aumentato il nepotismo tra i dirigenti pubblici che rifiutano di rendere conto del loro lavoro.
Dopo 29 mesi, il Governo ha creato il Ministero della Corruzione, un sintomo del male che patisce la politica. Priva di credibilità tra i 4 milioni di abitanti e con una popolazione giovanile che intende emigrare.
La protesta ha avuto come obiettivo lo stesso capo del Governo, Saad Hariri che è stato fatto oggetto di una pioggia di acqua, dalle bottigliette che i manifestanti portavano con sé.