Libia: ONU, Italia e migranti tanti gli “attori” in commedia

Di Alexandre Berthier 

Roma. Il problema sempre attuale dello sbarco e della permanenza in Italia dei migranti clandestini provenienti dalla Libia trova cause e responsabilità anche e soprattutto nelle equivoche decisioni di un’ importante organizzazione intergovernativa a carattere internazionale, costituita da quasi tutti gli Stati del mondo e comunque da quasi tutti i soggetti riconosciuti dal diritto internazionale pubblico: l’ONU.

Lo sbarco dei migranti dalla Sea Watch a Catania lo scorso febbraio

Da una settimana la Sea Watch 3 – proprietà di una ONG tedesca, ma battente bandiera olandese – ha solcato il Mediterraneo con a bordo 53 pseudo naufraghi, poi ridotti a 43, giungendo, come ben noto, al limite delle acque territoriali italiane, in prossimità di Lampedusa, con il fermo proposito di poter rifilare ancora una volta il suo miserevole carico allo Stato italiano.

Essendo ben conosciute le scorrette procedure seguite da questi “pescatori di uomini”, travestiti da sedicenti volontari e che spesso si avvalgono pure di incredibili complicità di talune istituzioni nazionali.

Fino a poco tempo fa capitanati da un italiano, Arturo Centore, con precedenti di servizio nel 1996 nella nostra Guardia Costiera e di navigazione con la Marina mercantile, ma al momento inquisito per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ed ora al comando di una ragazzina di nome Carola Rackete (1).

Carola Rackete

Non ci vogliamo soffermare, ulteriormente ,sulla vexata quaestio se si debba o meno accoglierli, se si debbano osservare le leggi dello Stato o se si debba invece seguire la legge del cuore (dei sostenitori dell’accoglienza senza limiti), da ritenersi al tempo stesso sicuramente molto stupida e al contempo anche abbastanza criminale.

Infatti l’operato incongruo di alcuni organi dello Stato potrebbe far ipotizzare persino ipotesi di tradimento, così come contemplate nel libro II°- titolo primo del nostro Codice Penale che tratta dei Delitti contro la personalità dello Stato.

Si, perché consentire o addirittura agevolare un’ invasione incontrollata del nostro Paese – persino con incomprensibili ed irragionevoli accordi internazionali – di centinaia di migliaia di stranieri, di eterogenee provenienze, spesso con una reiterata marcata volontà di non censirli e incapacità di gestirli e controllarli, è sicuramente reato di alto tradimento, per violazione sistematica della Sovranità internazionale dello Stato e della sua sicurezza interna.

Uno Stato restato inattivo e di conseguenza apparso pure impotente di fronte alla plateale violazione delle sue frontiere nazionali e gravemente e colpevolmente inadempiente per non avere difeso il confine esterno dell’Unione Europea, coincidente con i confini marittimi dell’Italia: una vicenda vergognosa, blandamente giustificata come si fosse trattato di un ineluttabile destino, come avviene per gli effetti di un terremoto o di un maremoto.

Ma non si è trattato di un terremoto né tanto meno di un maremoto. E’ stata solo la conseguenza di uno Stato che ha evidentemente perso da tempo la sua dignità di un Paese sovrano, vittima di una Costituzione che lo ha condannato a non essere governato (68 governi in 73 anni, dal 1946), abituato ad essere la Cenerentola delle politiche estere altrui, con delle Forze Armate che – sistematicamente delegittimate e spesso snaturate da impieghi impropri – sono evidentemente dimentiche ed incapaci di adempiere il dovere della salvaguardia delle libere istituzioni, richiamato anche nella formula di giuramento prestato dal 1978 dai militari (2).

Bene, sin qui si è analizzato il problema italiano del fenomeno delle migrazioni massive, conseguenti alla scellerata distruzione della Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista (1977-2011) e dall’assassinio del suo capo carismatico Mu’ammar Gheddafi, cui l’Italia prese parte con un ruolo miope, sconsiderato e persino suicida per i propri interessi economici e per la sua sicurezza interna ed internazionale, dianzi richiamata.

Sarkozy e Gheddafi

Al regime di Gheddafi è subentrato il niente e il territorio che fu della Giamahiria è divenuto ostaggio di bande e milizie tribali incontrollate da un impotente e ridicolo Governo di accordo nazionale proclamato sotto l’egida dell’ONU, a seguito di un accordo siglato nel 2015 da indefiniti ed inaffidabili rappresentanti del Congresso di Tripoli e della Camera di Tobruch.

E la scomparsa di una autorità statuale effettiva ha creato le premesse per ravvivare e consolidare un traffico redditizio, di proporzioni enormi, di essere umani, attirati in Libia per essere sfruttati attraverso le più infami e talora feroci e spietate forme di commercio che possono mai avere per oggetto le persone.

E a chi ne ha la possibilità economica, come ben sappiamo, si offre la possibilità di raggiungere l’Europa attraverso l’Italia, ritenuta a ragione l’anello più debole delle frontiere del vecchio continente.

In tutto questo sembra sfuggire alla generalità di quanti dibattono la problematica dei flussi migratori, che da anni aggrediscono l’Italia, che nel territorio libico ha sede un ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che da anni si limita però solo a denunciare la presenza di campi di concentramento e prigioni dove bande e milizie tribali rinchiudono migranti di diversa provenienza, asseritamente trattati in modo disumano e schiavizzati, e che si limita a ripetere sterilmente che in Libia c’è la guerra, che occorre portare stabilità in quel Paese, che occorre evacuare legalmente le persone dei centri di detenzione e chiuderli.

Ancor più interessante è sapere che l’Alto Commissario dell’UNHCR – che di fatto dà per scontato che i migranti ristretti nei centri di detenzione debbano essere accolti tutti in Italia – dal 1° gennaio 2016 è un italiano: Filippo Grandi, che dal 1997 opera nell’ONU.

Ancor più inquietante è mettere a fuoco che l’ex presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, dal 1998 al 2012 ha ricoperto l’incarico di portavoce di UNHCR per il Sud Europa.

Incarico che gli ha consentito poi di svolgere, durante l’espletamento delle funzioni proprie della terza carica della Repubblica Italiana dal 2013 al 2018, una destabilizzante e spesso imbarazzante azione di proselitismo dell’accoglienza incontrollata.

Dunque l’ONU, anziché pervenire a soluzioni risolutive del “problema Libia”, così come vorrebbe l’attuazione degli articoli 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite, affida all’UNHCR un’ inaccettabile azione di disinformazione e di disorientamento della comunità internazionale, tendente a non risolvere il problema ma a farne carico invece ad un solo Paese: l’Italia-

E sostenendo in proposito ardite interpretazioni del diritto internazionale e del mare, dimenticando l’ONU e l’Italia che quegli ordinamenti non sono cogenti bensì pattizii e che necessitano dell’accettazione dei destinatari per avere una qualsivoglia operatività.

Difatti Tunisia, Malta, Francia, Spagna e molti altri Paesi continentali dell’Unione Europea ignorano del tutto le speciose interpretazioni delle norme da parte dell’ONU, del Consiglio d’Europa e delle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), di cui solo l’Italia sembra avere paura!

Oltretutto, l’ONU disponeva di uno strumento che, nel dopo guerra e durante il lungo periodo di decolonizzazione, fu risolutivo in moltissimi casi: l’Amministrazione Fiduciaria delle Nazioni Unite (3), che consentiva di affidare ad uno Stato membro dell’ONU un territorio non autonomo – come è oggi l’area geografica che definiamo Libia – al fine di avviarlo progressivamente all’autogoverno o all’indipendenza (4).

Ciò premesso, preso atto che gli eventi del 2011 – a cui l’Italia prese purtroppo parte attiva – hanno reso a tutti gli effetti il territorio libico un “territorio nullius” dove non esiste autorità statuale, neppure virtuale, è essenziale che si promuova un intervento militare internazionale, sotto l’egida dell’ONU teso a stabilizzare tutta l’area, installandovi quindi una Amministrazione Fiduciaria sino a quando non si trovi una soluzione della problematica, disarmando le varie milizie, liberando tutti i migranti e rifugiati ristretti nelle prigioni e nei campi di concentramento, riportando nei paesi di provenienza i migranti economici e nei paesi più vicini a quelli di origine i rifugiati.

Alternativamente, sia l’Italia che gli altri Paesi dell’Unione Europea interessati alle invasioni vere e proprie dei migranti possono, disgiuntamente o congiuntamente, chiedere l’intervento militare della NATO per liberare i migranti dalle prigioni, affidando poi all’ONU il rimpatrio degli stessi.

Infine, l’Italia, per porre fine ai vergognosi e incredibili attacchi alla sua Sovranità da parte di soggetti privati come le ONG potrebbe, senza dover chiedere il permesso a nessuno, intervenire direttamente con un blocco navale ovvero occupando militarmente la costa libica, neutralizzando l’azione dei trafficanti di uomini in Libia e affidando alla sua Marina Militare ed alla sua Aeronautica Militare il compito di liberare il Mediterraneo da natanti e aerei responsabili di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, quando addirittura non direttamente responsabili di tratta di persone.

Le leggi per operare – purché si voglia farlo – c’erano già e si poteva tranquillamente fare a meno pure del famoso Decreto Sicurezza bis.

  1. Va rilevato che questa ONG stranamente ha pure una portavoce italiana, Giorgia Linardi.
  2. Artt. 1 e 2 della legge 11 luglio 1978 n. 382 del “Norme di principio sulla disciplina militare”.
  3. Istituto previsto dal cap. XII dello Statuto dell’ONU.
  4. All’Italia venne affidata inutilmente dal 1950 al 1960 l’Amministrazione Fiduciaria della Somalia. Al termine del mandato la Somalia si affidò alla guida e sostegno dell’URSS! Fu l’ennesima riprova della congenita incapacità di governare ed amministrare dell’Italia repubblicana.

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