Unione Europea della Difesa, la Cooperazione strutturata permanente è realtà

Di Valeria Fraquelli

Bruxelles, Martedì scorso i ministri della Difesa si sono riuniti per la prima volta in formato PESCO ed hanno formalmente adottato tutta la lista dei 17 progetti e delle raccomandazioni sulla struttura della futura cooperazione.

Il vertice di Bruxelles

Difesa europea, Cooperazione strutturata permanente (PESCO) collaborazione con la NATO sono stati i temi al centro del Consiglio Affari Esteri (CAE) dell’Unione Europea. Per implementare la PESCO, i ministri hanno adottato una “council decision” per approvare la prima lista dei 17 progetti proposti. I ministri si sono confrontati sulla revisione coordinata annuale sulla Difesa (CARD), sul Fondo europeo per la Difesa, sul lavoro in corso sulla mobilità militare e sui partenariati con i paesi partner nel campo della difesa.

In agenda sono stati scritti anche gli sviluppi inerenti le principali iniziative nei settori della Sicurezza e della Difesa e l’aggiornamento sulle operazione e missioni militari di politica di Sicurezza e di Difesa comune (PSDC) in corso, con particolare attenzione agli sviluppi delle missioni di addestramento in Somalia, Repubblica centrafricana e Mali.

 

Sul tavolo dei Ministri, anche la cooperazione tra l’Alleanza atlantica e l’Unione Europea.

Report Difesa ricostruisce tutti i passaggi politico-diplomatici.

Si è cominciato a parlare ufficialmente di Cooperazione Strutturata permanente all’inizio degli anni 2000, ma questa forma di collaborazione per una difesa comune è stata istituzionalizzata solo nel 2010 con il Trattato di Lisbona. Ritardi ed intoppi hanno fatto sì che la vera Unione Europea per la Difesa sia nata solamente dopo otto anni.

Vediamo quali sono le tappe più importanti del lungo e tormentato percorso che ha portato gli Stati membri del progetto comunitario ad impegnarsi in materia di difesa.

Tutto comincia il 16 dicembre 2002, quando il gruppo di lavoro della convenzione VIII sulla Difesa, presieduto dal francese Michel Barnier, approva la creazione di una “forma specifica di cooperazione più stretta tra gli Stati membri che desiderino svolgere i compiti di Petersberg più esigenti e avere la capacità necessaria per rendere credibile questo impegno.

Il 22 gennaio 2003, in occasione del quarantesimo anniversario del trattato di Elysium, la Francia e la Germania desiderano “trasformare la PESD in un’Unione Europea per la sicurezza e la difesa (UESD), che deve anche contribuire al rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza”.

Il 29 aprile dello stesso anno, si tiene a Bruxelles uno storico incontro. I leader tedeschi (Schröder), francese (Chirac), belga (Verhofstadt) e lussemburghese (Juncker) durante la riunione sostengono la creazione di una “Unione della Difesa e della Sicurezza europea”.

Il cancelliere tedesco Gerhard Schröder invoca, in un discorso davanti al Bundestag, un'”Unione europea di Sicurezza e di Difesa da cui nessuno deve e può essere escluso”. Il vertice del 2003 pone quindi grandi ambizioni per la difesa europea.

Il 18 giugno 2004, il testo finale del trattato costituzionale, approvato dai capi di Stato e di Governo (l’Unione Europea all’epoca aveva 25 membri) e dal Consiglio europeo di Bruxelles, conferma il principio della cooperazione strutturata permanente. Il trattato viene firmato a Roma il 29 ottobre 2004.

Tra il 29 maggio 2005 ed il 1° giugno 2005 il voto negativo nei referendum organizzati in Francia e nei Paesi Bassi seppellisce il progetto di trattato costituzionale.

Il 23 giugno 2007, i capi di Stato e di Governo riuniti nella capitale belga, al termine di una lunga discussione, giungono finalmente ad un accordo su un nuovo trattato.

Il testo firmato a Lisbona il 29 ottobre 2007 riprende, per quanto riguarda la Difesa, le disposizioni del trattato costituzionale. L’Europa della Difesa si istituzionalizza quindi sul trattato di Lisbona.

Il 12 giugno 2008, l’Irlanda respinge con un referendum la ratifica del trattato sottoscritto in Portogallo.

Il 19 giugno 2009 il Consiglio europeo di Bruxelles approva l’idea di un protocollo irlandese come appendice al futuro trattato che consenta al governo irlandese di convocare un secondo referendum. Senza toccare il testo principale, ricorda alcuni principi: “Spetta a ciascuno Stato membro decidere […] Se partecipare ad una cooperazione strutturata permanente”.

Si arriva così ad un accordo dei 27 su un protocollo di difesa chiamato proprio “irlandese”.

Il 1° dicembre 2009, entra in vigore il Trattato di Lisbona (http://www.europarl.europa.eu/italy/it/scoprire-l-europa/il-trattato-di-lisbona).  Esso non prevede un termine per la creazione di una “cooperazione strutturata permanente”, ma il presente indicativo usato nel testo indica l’entrata in vigore immediata del dispositivo “se gli Stati lo desiderano”.

Il 2 febbraio 2010, il Belgio definisce una cooperazione strutturata permanente, come “un concetto unico con diversi pilastri”, diversi domini, consentendo di combinare due principi: “ambizione” e “inclusività” come “la sua progressività”.

Secondo il Belgio, questi principi sono ripetuti durante la presentazione delle priorità della Presidenza belga alla Camera dei Deputati il 9 marzo 2010.

Nel marzo 2010, un primo incontro sulla cooperazione strutturata permanente a Madrid dimostra il poco entusiasmo per questa novità del trattato di Lisbona. Nessuno vuole prendere il comando di una cooperazione strutturata permanente

Il 23 giugno 2010, i tre Paesi che prenderanno la presidenza dell’Unione Europea (Belgio, Ungheria, Polonia) propugnano una cooperazione strutturata permanente, inclusiva, militare, unica, permanente, graduale o convergente. Il trio di presidenze presenta quindi la sua posizione sulla cooperazione strutturata permanente.

Il 13 luglio 2010, una riunione di gruppi di esperti dell’Unione Europea cerca di individuare alcuni principi comuni.

Tra il 23 ed il 24 settembre 2010 la riunione informale dei ministri della Difesa di Gand seppellisce ogni idea di cooperazione strutturata permanente; viene detto che “non esiste una volontà politica comune di continuare ora con il CSP, (anche se) ci sono casi in cui è necessaria una migliore coordinazione” top-down “, così dichiara il Ministro belga della Difesa Pieter de Crem.

Il 6 dicembre 2010 i ministri della Difesa e degli Affari Esteri dei Paesi del triangolo di Weimar, Polonia, Germania e Francia, chiedono a Catherine Ashton di dare un nuovo impulso alla PSCD, per potere varare misure concrete. Gli Stati riprendono l’iniziativa mentre Parigi, Berlino e Varsavia scrivono alla Ashton.

Foto di gruppo per l’inizio della Cooperazione strutturata permanente.

Il 26 gennaio 2011, rispondendo alla lettera dei tre Stati membri del triangolo di Weimar, l’alto rappresentante ritiene che gli Stati membri abbiano bisogno di raggiungere un accordo sui “criteri di attuazione e le modalità per conciliare la flessibilità ed efficienza “. Una dichiarazione amichevole di disaccordo. Una risposta dettagliata alla lettera di Weimar

All’inizio di maggio del 2011, Spagna e Italia cercano di riportare in cima all’agenda europea l’argomento. Inviano quindi una lettera all’alto rappresentante, sostenendo “un approccio pragmatico incentrato sul contenuto piuttosto che concentrarsi sui concetti e sui criteri della PESC”, come il “contesto di bilancio e politica attuale” obbliga. Spagnoli e italiani formulano proposte sulla cooperazione strutturata permanente.

Il 2 settembre 2011, i cinque ministri degli Esteri di Francia, Germania, Spagna, Italia e Polonia firmano una lettera alla riunione informale di Sopot, in Polonia, per un rafforzamento della politica europea di Sicurezza e difesa. Chiedono un riesame di “tutte le opzioni, giuridiche e istituzionali, compresa la cooperazione strutturata permanente, per consentire lo sviluppo delle capacità della PSDC mancanti, tra cui un quartier generale europeo di guida e di pianificazione”. La questione della PESC lascia il campo della politica e diventa oggetto di colloquio, anche di monologo.

Il 23 giugno 2016, la Brexit libera le energie e costringe i 27 a cercare un nuovo stimolo da parte dell’Unione europea. La difesa e la sicurezza risalgono ai vertici dell’agenda politica. La difesa diventa prioritaria, i colloqui sono più liberi, i progetti escono.

Il 27 giugno 2016 i ministri della Difesa di Francia e Germania presentano alle autorità comunitarie un patto europeo per la sicurezza, European security compact, una serie di venti proposte per una cooperazione strutturata e permanente nel campo della difesa. Gli Stati che vogliono avanzare nell’integrazione e lanciare nuove proposte devono poterlo fare in modi facile e veloce.

Nel corso di una riunione a Bruxelles, il 28 giugno 2016, i 28 capi di Stato e di Governo accolgono con piacere la strategia globale presentata da Federica Mogherini. Questa strategia ricorda con termini più discreti la PESCO. “ La politica di Difesa e di Sicurezza comune deve diventare più reattiva. Conviene cercare di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri che potrebbe portare ad una forma più strutturata di cooperazione in grado di usufruire pienamente delle opportunità offerte dal Trattato di Lisbona”, si legge nel preambolo della nuova strategia.

Ed il 13 luglio 2016, la Germania afferma nel suo “libro Bianco sulla Difesa” la volontà di utilizzare “tutte le opzioni create dal trattato di Lisbona, come la cooperazione strutturata permanente” e “di estendere le capacità europee nella NATO”.

Nell’agosto dello stesso anno, precisamente il 10, i ministri italiani della Difesa, Roberta Pinotti, e degli Affari esteri, Paolo Gentiloni, in una lettera aperta pubblicata dai quotidiani Le Monde e la Repubblica, chiedono “l’uso di tutte le disposizioni innovative del trattato di Lisbona, in particolare l’articolo 46 (cooperazione strutturata permanente), soprattutto in occasione del varo da parte di un gruppo di Stati membri di “una sorta di Unione per la Difesa europea”.

Il 28 agosto, i tre ministri degli Esteri del gruppo di Weimar (Germania, Francia, Polonia) indicano la loro volontà di “utilizzare tutti gli articoli del trattato sull’Unione europea, compresi quelli che non sono ancora stati utilizzati”, al fine di ” rafforzare e approfondire la nostra cooperazione di difesa.

Ed il 2 settembre presso la Gymnich (riunione informale dei ministri degli Esteri) a Bratislava, l’alto rappresentante dell’Unione, Federica Mogherini, dice di “prendere in considerazione la creazione di una cooperazione strutturata permanente. Si tratta di un set up che, secondo la Commissione, è particolarmente nell’obiettivo di sviluppare capacità civili e militari. Il Regno Unito ha già indicato che non si opporrà a questo progetto”.

Dieci giorni dopo, poco prima del vertice di Bratislava, i due ministri della Difesa di Francia e Germania, Jean-Yves Le Drian e Ursula von der Leyen, firmano una serie di proposte per vivificare il dibattito.

Il 14 settembre, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione dinanzi al Parlamento europeo a Strasburgo, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker mette la sicurezza e la difesa al centro dell’agenda comunitaria.

Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker

Il 16 settembre, i capi di Stato e di governo, riuniti per la prima volta a 27 (senza il Regno Unito) a Bratislava, si impegnano a concludere al Consiglio europeo di dicembre “una decisione su un piano di attuazione concreto per la Sicurezza e difesa e modi per sfruttare al meglio le opportunità offerte dai trattati, in particolare per quanto riguarda le capacità”.

Due mesi dopo, il 14 novembre, i ministri dell’Unione Europea per gli Affari esteri e la Difesa riuniti in seduta plenaria adottano un piano per attuare il piano di attuazione della sicurezza e della difesa (SDIP). Comincia così un nuovo ambizioso progetto. Per una cooperazione strutturata permanente, non scelgono un’opzione; ci sarà una cooperazione unica, come prescritto dal Trattato, ma aperta il più ampiamente possibile, e modulare.

Il 6 marzo 2017 il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri comincia a mostrare alcune divisioni interne e l’ultimo documento mandato al gruppo di esperti testimonia che gli Stati non sono stati in grado di raggiungere l’unanimità e devono quindi raggiungere soluzioni di compromesso.

Ed il 18 maggio,  i ministri degli Affari Esteri e della Difesa sono tutti d’accordo sulla necessità di arrivare ad un compromesso il prima possibile sulla PESCO, aperto a tutti gli Stati membri e basato su impegni precisi.

E poi il 9 giugno, a Praga, durante una conferenza di alto livello sulla difesa organizzata dalal Repubblica Ceca, il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker si appella ad un nuovo risveglio europeo. I Paesi dell’Europa orientale, Slovacchia e Repubblica Ceca, fanno sapere di volere aderire al progetto.

Il 22 giugno, i 28 capi di Stato e di Governo decidono di iniziare il percorso per una cooperazione in materia di Difesa.

Poi a Parigi, il 13 luglio, ai margini di un vertice franco-tedesco, i ministri della Difesa dei quattro principali Paesi europei (Germania, Francia, Spagna, Italia) definiscono circa 20 principi comuni per la futura Cooperazione strutturata permanente. Vengono affiancati da Belgio, Paesi Bassi, Finlandia e Repubblica Ceca.

Il 6 settembre 2017 a Tallinn, durante una riunione informale dei ministri della difesa dell’Unione Europea, più di una ventina di Statii confermano il loro interesse per il nuovo progetto. Si mettono d’accordo su una serie di otto punti fondamentali da affrontare entro la fine dell’anno.

Il 26 settembre, in un discorso pronunciato all’Università francese della Sorbona, il Presidente francese Emmanuel Macron presenta un nuovo e più ambizioso progetto che parte dai pilastri fondamentali della PESCO per arrivare fino ad una piena capacità operativa.

Il Presidente francese, Macron

Il 18 ottobre dello stesso anno il Consiglio Europeo si riunisce e prende atto dei progressi fatti ma è ancora troppo presto per arrivare ad una notifica comune di tutti gli Stati membri della loro partecipazione alla PESCO.

Il 11 novembre, 23 Stati membri firmano un documento comune indirizzato all’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune per notificare la loro voglia di partecipare ad una cooperazione rafforzata permanente. Due giorni dopo, il documento è ufficialmente firmato dai ministri della Difesa dei 23 Stati membri e viene fatta anche una foto ricordo con l’alto rappresentante. Nella conclusione del documento il Consiglio Europeo per gli affari esteri decide di adottare una risoluzione comune basata su quello che era stato stabilito durante il Consiglio Europeo di giugno.

Il 24 novembre, i quattro Paesi che avevano dato il via all’iniziativa della PESC, Germania, Spagna, Francia e Italia, sottopongono al Consiglio una proposta di decisione del Consiglio che istituisce una cooperazione strutturata permanente e che stabilisce l’elenco degli Stati Membri partecipanti.

Il 27 novembre, gli stessi quattro Paesi presentano una lista di progetti. Ci sono progetti operativi ed industriali, l’EUFOR CROC, la standardizzazione delle procedure di comando e dei veicoli blindati. Vengono formati raggruppamenti per la formazione e la logistica ed i nuovi progetti vengono divisi in gruppi di 15 o 19 ( divisione in clusters).

Ed il 1° dicembre gli ambasciatori del COREPER si riuniscono con urgenza per discutere sui punti più delicati. Il dello stesso mese, il Consiglio dell’Unione Europea e l’alto rappresentante ricevono le lettere di notifica da altri due Paesi, l’Irlanda e il Portogallo (conformemente all’articolo 46, paragrafo 1, del TUE). Essi indicano che questi Stati intendono partecipare alla PESC sulla stessa base della notifica congiunta presentata da 23 Stati membri l’11 novembre precedente. L’alto rappresentante dà così il via ai lavori della PESCO.

L’8 dicembre gli ambasciatori del COREPER approvano il meccanismo di lancio della PESC, con il consenso di tutti, compreso il Regno Unito, che ha rinunciato a porre una sorta di veto sul progetto. Solo tre Paesi sono stati chiamati a fornire spiegazioni per la loro approvazione. Un’ultima riunione permette di ridurre i progetti comuni a 17 tra logistica e sostegno operativo.

E l’11 dicembre il Consiglio degli Affari Esteri approva ufficialmente la PESC. Il 14 si tiene la cerimonia di inaugurazione dei lavori della PESC, nell’edificio Europa del Consiglio Europeo e viene lanciata ufficialmente la cooperazione strutturata permanente con i 25 Stati che partecipano alla PESCO.

La cerimonia accoglie, simbolicamente, oltre ai capi di Stato e di governo, un membro per Stato partecipante. Una scelta sapientemente dosata per rappresentare i diversi eserciti (terra, aria, mare, logistica) e per avere un certo numero di donne.

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