DIFESA: IL MINISTRO CROSETTO PRESENTA IL CALENDARIO 2026. DOMANI AD ANCONA LA CERIMONIA DELLA GIORNATA DELL’UNITA’ NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE, PRESENTE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA

ROMA (dal nostro inviato). La situazione attuale dei vari conflitti nel mondo, non solo i più mediaticamente raccontati, come quelli tra russi e ucraini e tra Israele e Hamas, o tra Israele e Hezbollah ma anche quelli più sconosciuti (come gli africani) hanno bisogno di Forze Armate sempre più altamente specializzate per rispondere H24, in tutto il corso dell’anno, agli eventi che potrebbero nascere.

Un’immagine di un’azione di guerra in Ucraina

Il ragionamento fatto dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, ieri a Roma alla presentazione del primo calendario della Difesa è stato molto lineare. “Vivo – ha detto – il mio ruolo di ministro in un modo sempre più preoccupato. Vedo cose che non vorrei vedere. E il Paese non capisce che i tempi sono difficili. La nostra Difesa ha bisogno di investimenti non perché lo dice la NATO” ma perché lo richiedono appunto i conflitti in corso.

Il ministro Crosetto con la giornalista Monica Maggioni e il CHOD, Generale Luciano Portolano presenta il calendario della Difesa 2026

Il calendario 2026, voluto dal ministro intende raccontare, con gli scatti del fotografo Massimo Sestini,  proprio l’alta professionalità delle nostre Forze Armate, alle quali si aggiunge quella dei militari della Guardia di Finanza che non dipendono direttamente dalla Difesa ma che con gli altri colleghi in uniforme spesso lavorano fianco a fianco.

“La Difesa – ha aggiunto il ministro – è un’unica forza, al servizio del Paese. Una forza che unisce. Questo calendario racconta proprio questo: attraverso volti, storie, missioni. Frammenti di un impegno quotidiano, spesso lontano dai riflettori, a difesa e protezione di ciascuno di noi. Sono donne e uomini che danno il meglio di sé quando lavorano insieme, in squadra, con dedizione e silenzioso orgoglio. Operano in un mondo complesso, in cui le sfide cambiano rapidamente e nuove minacce mettono alla prova la nostra sicurezza e la nostra coesione sociale. Sono scenari che altri cercano di governare. Noi dobbiamo farci trovare pronti. Perché la Difesa si costruisce con i tempi lunghi della storia, con quelli della responsabilità, della visione, della politica nel senso più nobile del termine, non con i tempi brevi delle convenienze o delle opportunità elettorali”.

LA FESTA DEL 4 NOVEMBRE 

Domani si celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, una ricorrenza che affonda le sue radici nella storia del Paese.

Il manifesto per il 4 Novembre

 

Si vuole ricordare la vittoria dei nostri soldati nella prima Guerra Mondiale. Ricordiamo il messaggio, scolpito sui muri di tutte le caserme e in molti edifici pubblici: “Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12.

Bollettino di guerra n. 1268 La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza“. Firmato Generale Armando Diaz, Comandante Supremo del Regio Esercito.

Il Generale Armando Diaz

Esiste anche un Bollettino della Vittoria della Regia Marina:” Brindisi, XII novembre MCMXVIII

Comando in Capo delle Forze Navali mobilitate, Ordine del giorno n. 38

Marinai!

La guerra marittima condotta in Adriatico in unione a reparti degli Alleati e degli Stati Uniti col più costante e sagace ardimento nella ricerca dell’avversario in mare aperto e dentro i muniti porti è finita entro Pola con uno dei più luminosi esempi dell’eroismo italiano. Dal primo all’ultimo giorno, Voi avete perseverato in una lotta senza tregua supplendo al difetto dei mezzi ed alla gravità dei molteplici compiti, con una vigoria, con una audacia sempre più pronte e ferme. Tutti gli italiani conoscono i nomi dei singoli eroi e delle vittorie fulminee, ma non a tutti è nota l’opera silenziosa, aspra, generosa, compiuta in ogni ora, in ogni evento, in ogni fortuna, quando solamente una assoluta dedizione al dovere poteva superare l’imparità delle condizioni e la durezza degli ostacoli. Sappia oggi la Patria, di quanti sforzi ed eroismi ignoti è fatta questa sua immensa Gloria. Consideri come due volte la Vittoria abbia preso il volo e l’augurio dal gorgo ove le più potenti navi nemiche scomparivano: da Premuda al Piave, da Pola a Trieste e Trento. La grande nave colata a picco nel porto di Pola fu più che un presagio. Nel suo nome stesso ostentava la vecchia menzogna delle forze, non riunite ma coatte. La duplice dissoluzione è avvenuta. Come più non esiste l’esercito, così la flotta Imperiale non esiste più.

Onore sempre a Voi tutti onesti e prodi Marinai d’Italia“. Firmato Paolo Camillo Thaon di Revel, Comandante in Capo delle Forze Navali Mobilitate.

L’Ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Ravel

Come si sa la parte aerea dipendeva dal Regio Esercito. L’Aeronautica divenne una Forza Armata nel 1923.

Francesco Baracca accanto al suo aereo

Domani mattina,  si terrà la cerimonia di deposizione di una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto presso l’Altare della Patria, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del ministro della Difesa, Guido Crosetto, delle più alte cariche dello Stato e dei vertici della Difesa.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Le celebrazioni proseguiranno ad Ancona, dove, il Presidente della Repubblica, accompagnato dal ministro della Difesa, presiederà la cerimonia militare.

In serata, alle ore 21.30, per la prima volta, presso l’Auditorium della Conciliazione di Roma, si terrà l’evento “La forza che unisce”, condotto da Serena Autieri e Fabio Rovazzi, che vedrà protagonisti la Banda Interforze della Difesa e numerosi ospiti d’eccezione.
Gli eventi saranno trasmessi in diretta streaming sul sito www.difesa.it e sui canali social della Difesa (Facebook e YouTube)

IL 4 NOVEMBRE AD ANCONA 

Nel corso della Grande Guerra, Ancona assunse un ruolo strategico di primaria importanza per l’Italia.

Bombardamento di Ancona del 24 maggio 1915

La sua posizione al centro dell’Adriatico ne faceva un nodo essenziale per il controllo dei traffici marittimi e per la protezione delle rotte di rifornimento dirette al fronte.

Il porto, già vitale per la vita commerciale della città, venne trasformato in base militare: qui furono installati depositi, officine e reparti di sorveglianza, e soprattutto vi operarono i sommergibili e le flottiglie dei MAS, piccole unità veloci e leggere che divennero simbolo della guerra navale italiana.

Grazie a questa presenza, Ancona non fu solo un retroporto, ma un vero avamposto offensivo della Regia Marina, in grado di minacciare direttamente le basi austro-ungariche di Pola e di Cattaro.

Impresa di Premuda. La corazzata Santo Stefano colpita dai MAS italiani

Non a caso fu dal porto marchigiano che salparono gli equipaggi protagonisti di due delle imprese più celebri della guerra sul mare: la beffa di Buccari del febbraio 1918 e l’azione di Premuda del giugno dello stesso anno, entrambe divenute parte della memoria nazionale.

All’alba del 24 maggio 1915, poche ore dopo la dichiarazione di ostilità, le navi della K.u.K. Kriegsmarine bombardarono a lungo la costa marchigiana e in particolare Ancona.

L’artiglieria navale colpì il porto, i binari della ferrovia e molti edifici civili.

La cattedrale di San Ciriaco riportò gravi danni e interi quartieri vennero sconvolti dalle esplosioni. Il bilancio fu di 73 vittime tra civili e militari, un numero doloroso che segnò profondamente la popolazione.

Quel bombardamento, pur causando distruzioni e lutti, non riuscì a paralizzare le attività militari e anzi spinse le autorità a rafforzare le difese costiere e ad accrescere la centralità di Ancona nel dispositivo italiano sull’Adriatico.

Negli anni successivi la città rimase costantemente esposta agli attacchi e ai rischi derivanti dalla sua funzione di base navale.

Nel 1918, 59 marinai e quattro cadetti, guidati dal Tenente di Vascello Joseph Weith, salparono da Pola con l’obiettivo di infiltrarsi nel porto, sabotare sommergibili e impossessarsi di alcuni MAS per rientrare in territorio nemico.

Lo sbarco avvenne però per errore a Marzocca, diversi chilometri a Nord della città, costringendo gli incursori a una marcia notturna verso Ancona.

Raggiunta la Mole Vanvitelliana, dove di solito erano ormeggiatii mezzi italiani, scoprirono che i MAS erano stati spostati a seguito di un allarme.

Colti di sorpresa nei pressi dello zuccherificio del Mandraccio, furono affrontati da Finanzieri e Carabinieri che, pur in numero esiguo, riuscirono a costringerli alla resa.

L’episodio, ribattezzato “la beffa al contrario di Ancona”, mise in risalto la determinazione delle forze locali e l’attenzione che l’Impero austro-ungarico continuava a riservare a questa base strategica anche a guerra quasi conclusa.

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