Magistratura: dalla giurisdizione all’eversione, da Tangentoli al CSM di Luca Palamara & Co.

Di Alexandre Berthier

Roma. Quando di fronte a comportamenti incongrui e abnormi della magistratura né il Governo, né il Parlamento, né il Presidente della Repubblica – supremo custode della Costituzione – intervengono, è d’obbligo dedurre che o sono intimoriti e si sentono minacciati o sono complici! Tertium non datur!

Lo scandalo che aveva travolto il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) nel maggio del 2019, con l’intervento della Procura di Perugia che indagò, per corruzione, il consigliere Luca Palamara, si stava ormai perdendo, come d’abitudine,  nell’oblio dei soliti italiani, ben noti campioni di ignavia, e nella melma degli archivi di coloro che avrebbero dovuto pur procedere in qualche direzione.

Una riunione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM)

Sennonché, pochi giorni fa, dalle intercettazioni riguardanti Palamara, inviate a suo tempo dai PM di Perugia al CSM e alla Procura Generale della Cassazione, sono riapparsi sulle pagine del quotidiano La Verità ulteriori, inquietanti tasselli di una realtà che definire putrida non rende giustizia alla giustizia.

Il consigliere Luca Palamara

Così, il 20 maggio apprendiamo che in una chat, nell’agosto del 2018 – caso Nave “Diciotti” e Salvini Ministro dell’Interno, con la politica dei porti chiusi e del contrasto all’immigrazione clandestina – il Procuratore Capo di Viterbo, Paolo Auriemma, già consigliere del CSM, non indagato, avrebbe detto a Palamara, consigliere del CSM, poi sospeso dalle funzioni e a stipendio ridotto: “Salvini indagato per i migranti? Indagato per non avere permesso l’ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili”.

Palamara avrebbe replicato: “Hai ragione, ma bisogna attaccarlo”!!!

A questo punto si dovrebbe dire al Procuratore Capo della Repubblica di Viterbo che l’operato della Procura di Agrigento era chiaramente contra legem e che avrebbe dovuto essere obbligatoriamente esercitata l’azione penale contro il PM agrigentino, responsabile, come ipotesi minima, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sino ad arrivare alle ipotesi contemplate dall’art. 289 del Codice Penale “Attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali” (da uno a 5 anni) (1) o dell’art. 270 del Codice Penale “associazioni sovversive” (da 5 a 10 anni) (2).

Ma, come ci ha insegnato Giovanni Giolitti (3), “Le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici” e, come in mille e mille altri casi, per un magistrato i magistrati sono quasi sempre amici.

Certo, questo caso sembrerebbe essere stato invece quello del “partito dei PM” che si è rivoltato contro sé stesso. Ora a qualcuno potrebbe sembrare semplice obiettare che per integrare le fattispecie previste dagli artt. 289 e 270 citati deve emergere la violenza come elemento costitutivo di essi reati.

Ma questo concetto va inteso come un qualsiasi mezzo utilizzato per coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o di determinazione.

Essendo qui soggetti passivi organi di Governo o il Presidente della Repubblica, anche una forma di violenza impropria rileva ai fini della configurazione dei predetti delitti.

Infatti, l’oggetto della tutela di tali norme è il libero svolgimento, da parte dei più importanti organi costituzionali o regionali delle proprie funzioni e prerogative.

Così, se un Ministro dell’Interno, in esecuzione di leggi dello Stato e dell’Unione Europea, vieta lo sbarco di migranti economici, non aventi titolo ad entrare nel Paese e nel territorio U.E., e un Procuratore della Repubblica per contro ne ordina, evidentemente illegalmente, lo sbarco, con un provvedimento ritenuto erroneamente ed immediatamente esecutivo dalle Forze di Polizia, certamente in capo al PM procedente dovrebbero ricadere le gravi conseguenze di siffatti comportamenti, che integrano un vero e proprio attentato ai pubblici poteri (4).

Migranti a bordo di Nave Diciotti

Per non parlare poi di una incompetenza tecnica, pure rilevata dal Procuratore di Viterbo ed emersa nella citata chat, della Procura di Agrigento, che avrebbe dovuto vedere competente esclusivamente la Procura di Roma, atteso che il reato alla base delle successive condotte criminose poste in essere è stato commesso all’estero, ovvero nel luogo di partenza dei migranti, con ipotesi minima di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sino a quelle di procurato naufragio e tratta delle persone, prevista dall’art. 601 CP, che commina fino a 20 anni di reclusione per i responsabili.

Tornando poi all’art. 270 prima evocato, merita una riflessione la sua sicura configurazione eversiva, che ovviamente nessuno ha perseguito, della famosa vicenda processuale nota come “Tangentopoli”.

Tangentopoli, o inchiesta “Mani pulite”, comportò non solo il disastroso cambio del volto della politica italiana, ma segnò la fine della cosiddetta “Prima Repubblica”, provocando ben 41 morti tra politici e imprenditori.

Un’aula di un Tribunale

Morti causati in buona parte da metodi ritenuti, ma solo dalle vittime e dai loro difensori, come vere e proprie torture, quando addirittura non istigazioni al suicidio.

L’inchiesta fu caratterizzata da un ricorso abnorme alla custodia cautelare preventiva, spesso in aperto dispregio con le previsioni garantistiche del nuovo Codice di rito, da poco entrato in vigore.

Una custodia cautelare che spesso ebbe fine solo con il suicidio degli indagati. Fu una autentica strage di persone che in molti casi avevano fatto ciò che si riteneva facessero quasi tutti.

E in un Paese che si vanta di aver abolito prima di molti altri Stati la pena di morte, nessuno ha eccepito che la conduzione dell’inchiesta giudiziaria si tradusse di fatto in 41 sentenze di morte, emesse non da un Tribunale ma da ardite quando non impulsive decisioni, favorite da un incredibile furore investigativo di un PM e di una Polizia giudiziaria che si fece asservire in modo intollerabile e spesso vergognoso (5).

Quel PM, che dette inizio alle indagini, osannato a lungo come la mano delle giustizia, come un eroe, un novello Savonarola, fini poi per dimettersi malamente dall’ordine giudiziario, per passare dopo qualche tempo nelle fila della politica, lasciando una Italia distrutta economicamente e politicamente, senza essere assolutamente riuscito nella crociata moralizzatrice che con il Pool di “Mani pulite” si era prefisso.

E che la magistratura, quella di allora e quella di oggi, non possa moralizzare nessuno è carta conosciuta. Purtroppo, anche i magistrati della Repubblica di San Marino, quasi tutti cittadini italiani, negli anni che vanno dal 2013 al 2016 hanno voluto imitare – ma tardi e male, da perfetti dilettanti, ricercando inutilmente fama e onori – i loro idoli del famoso Pool di Milano.

Hanno indagato tutte le più importanti personalità del piccolo Stato, che avevano fatto grande e ricca la Repubblica e i suoi cittadini, imprigionandone diverse, senza però riuscire a far suicidare nessuno, e distruggendo anche lì i partiti tradizionali, subito soppiantati da volenterosi sprovveduti che hanno ridotto il Paese sul lastrico!

Però, questo scherzetto, almeno a San Marino, ha fatto perdere il posto alla Dirigente del Tribunale Unico sammarinese (6) – che aveva architettato lo sconvolgimento giudiziario e istituzionale del Paese – retrocessa per tutto questo e altro, dopo tanti anni di arrogante permanenza al vertice della giustizia della antica Repubblica, a semplice “commissario delle legge”.

Chi scrive non dubita minimamente che la “Tangentopoli” italiana e quella sammarinese siano state due attività formalmente e sostanzialmente eversive, ovvero che hanno sovvertito gli assetti costituzionali dei due Stati, ossia il capovolgimento del complesso di principi ed istituti nei quali si esprime la forma democratica dello Stato secondo i suoi principi fondamentali.

In questa ottica l’ “eversione” cui tratta l’art. 270 CP è sinonimo del termine “sovversione”. Peraltro, la formula “eversione dell’ordine democratico” è stata interpretata in modo autentico dall’art. 11 della legge 29 maggio 1982, n. 304 “Misure per la difesa dell’ordine democratico” che precisa che ad essa corrisponde la formula “eversione dell’ordinamento costituzionale”.

Ma anche l’operato della Procura di Agrigento, in questa ottica, viene a costituire una sovversione dell’ordine democratico andando ad interferire con l’esercizio legittimo di un potere di Governo che, in quanto atto politico, è insindacabile per l’ordine giudiziario.

Ancora platealmente più grave e allarmante oltre ogni misura, la vicenda dell’imbarcazione battente bandiera tedesca al comando di Carola Rackete cui era stato vietato l’ingresso nelle acque territoriali italiane, che forzava l’ordine regolarmente notificatogli e con la violenza entrava in un porto italiano, sbarcando, con il piratesco placet della solita Procura agrigentina, il carico di clandestini provenienti dalla Libia.

Carola Rackete

Lunare il provvedimento della GIP di Agrigento che non ne convalida l’arresto e contro il quale la Procura di Agrigento presenta ricorso in Cassazione.

Inammissibile, “sovversivo” il verdetto della suprema Corte che dichiara legittimo l’operato della comandante tedesca.

Giova precisare che la CEDU (Corte Europea dei DIritti dell’Uomo), su ricorso di una ONG che richiedeva un intervento della Corte europea per ottenere lo sbarco di migranti economici, dichiarava invece che ricade sugli Stati lungo la rotta di navi che hanno a bordo dei naufraghi l’obbligo di assistenza ma non il diritto di sbarco!

Dunque, quali norme e quali principi applicano i magistrati italiani sin qui dedotti? Non quelli dello Stato, non la giurisprudenza della CEDU, neppure il diritto internazionale che citano a sproposito nei loro assurdi provvedimenti, che di giuridico hanno ben poco (7).

E tutto questo avviene nel silenzio tombale dello stesso Ministro dell’Interno, rivelatosi assolutamente inadeguato ad assolvere il suo compito ed ad esercitare i suoi poteri, di cui evidentemente non aveva piena cognizione, del capo del Governo e del capo dello Stato, per non parlare del ruolo suicida, innaturale, svolto dal Parlamento che, a fronte di eventi palesemente sovversivi dell’ordine democratico, autorizza il Tribunale dei Ministri di Palermo a sottoporre a giudizio il ministro de quo!

Un quadro che non si può che definire demenziale. Tutto questo in adesione di atti e richieste di una autorità giudiziaria contestualmente investita da uno scandalo immenso, assolutamente squalificata nel suo complesso, che la priva di ogni autorevolezza e credibilità.

E a giorni, lo stesso Parlamento dovrà tornare a decidere su un’altra richiesta di autorizzazione a procedere contro lo stesso ministro per vicende assolutamente risibili, che non meriterebbero nessuna risposta.

E’ evidente che lo scambio di opinioni tra Auriemma e Palamara getta una nefasta ombra sulla fisionomia complessiva della magistratura, quale ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, e quindi vacillano principi costituzionali fondanti un ordinamento democratico, come la soggezione dei giudici esclusivamente alla legge, così il giusto processo, sotto il profilo della terzietà e imparzialità del giudice, la disciplina e l’onore nell’adempimento delle funzioni pubbliche (8) (9).

Un insieme di eventi e comportamenti che minano alle fondamenta il patto di fiducia tra cittadini e istituzioni alla base dell’architettura costituzionale dell’amministrazione della giustizia. Una giustizia politicizzata in modo aggressivo e forse incontrollato che costituisce uno scandalo intollerabile (10).

Emerge ovviamente il dubbio se non sia stato il disegno costituzionale, che ha strutturato il CSM, a creare queste distorsioni. Certo, i nostri padri costituenti non potevano immaginare che quello che era stato concepito come organo autonomo, necessario per garantire la separazione dei poteri e l’indipendenza della magistratura, potesse trasformarsi invece esattamente nel suo opposto (11)!

Eppure i protagonisti del terremoto che scuote l’apparato della giustizia nazionale si sono fatti riconoscere da tempo.

Ma le lezioni del passato non insegnano nulla a questo nostro popolo di ignavi, incapace da sempre di esprimere e affermare il suo vero volere.

Il CSM non ha mai cessato di ricercare il suo riconoscimento di potere dello Stato al di sopra degli altri.

Ce lo spiegò bene Francesco Cossiga, indimenticabile Presidente della Repubblica, che nel 1985 dovette ingaggiare una battaglia contro il vicepresidente del CSM Giovanni Galloni – radicale rappresentante storico della sinistra cattolica che detestava tutto ciò che Cossiga rappresentava e che del CSM si riteneva padrone assoluto – che espose il Presidente della Repubblica ad un vero massacro mediatico.

L’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga

Il CSM usurpava il diritto di censurare il presidente del Consiglio Bettino Craxi, esercitato con arroganza smisurata.

L’ex capo del Governo, Bettino Craxi

Cossiga destituì Galloni e impose che si prendesse atto che l’organo di autogoverno dei magistrati è soltanto un organo amministrativo e mai, in alcun modo, un potere dello Stato.

Di fronte alle resistenze tracotanti di Galloni e di numerosi membri del CSM, inviò un generale dei Carabinieri con un contingente di militari con l’ordine di fare irruzione nel Palazzo dei Marescialli se Galloni non ne fosse uscito definitivamente(12)!

Da ricordare, anche, la terrificante e ben nota intervista che Cossiga rilasciò a Maria Latella a Sky TG 24 che aveva in studio il magistrato Luca Palamara, allora presidente dell’ANM, che il Presidente emerito apostrofò duramente con espressioni di profondo disprezzo e disistima – che mai nessuno avrebbe osato rivolgere ad un magistrato, addirittura in un seguitissimo programma televisivo – e che l’interessato dovette ob torto collo incassare.

Nella circostanza, il Presidente Cossiga definì l’ANM una associazione sovversiva e di stampo mafioso e inviò un severo monito pure al Guardasigilli Clemente Mastella, ricordandogli che l’abolizione dell’immunità parlamentare sarebbe stata la fine dello stato di diritto e avrebbe portato la magistratura all’esercizio di un potere assoluto.

L’annuale commemorazione della strage di Capaci non ha mancato di far registrare stonati quanto inopportuni collegamenti di taluni magistrati con gli insegnamenti di Giovanni Falcone.

Chiarisce bene Alessandro Sallusti nel suo editoriale che “oggi la magistratura dovrebbe tenersi bene alla larga dalla figura di Falcone e Borsellino, che della rettitudine morale e professionale avevano fatto la loro ragione di vita. Certi magistrati che oggi commemorano Falcone, sono simili a quei preti pedofili che dal pulpito invocano la Madonna pensando così di farla franca. E quei giornalisti che da anni li assecondano dando loro credibilità, dovrebbero astenersi per pudore dallo scrivere anche solo per sbaglio il nome di Falcone….Il nemico di Falcone, ancor prima della mafia, fu la politica e non pochi suoi colleghi che – grazie anche a una stampa asservita alla peggio magistratura (13) – lo lasciarono solo , per invidia e perché scomodo. Ma più degli ipocriti e dei farabutti, ci fa specie l’omertà di molti magistrati che le mani non se le sono sporcate. Come è possibile non avere un moto di pubblica ribellione dopo aver appreso che importanti e famosi colleghi (14) perseguitano Matteo Salvini (come avvenne per Silvio Berlusconi, nda) per esclusive ragioni politiche? . . . In altri campi, tutto ciò configurerebbe il reato di concorso esterno in associazione a delinquere, con l’aggravante di attentato agli organi dello Stato . . . ” (15) .

Altrettanto agghiacciante è apprendere che un magistrato come il Procuratore Nicola Gratteri abbia dichiarato che ci sono oltre 450 magistrati corrotti e si interviene molto blandamente o come Alfonso Sabella che ha definito pubblicamente il CSM come “un poltronificio”.

Nicola Gratteri

E, sempre Sabella “ Io – in una intervista a Il Riformista – uso termini anche più espliciti, se vuole. E’ un grande mercato delle vacche. Quando ho sentito Piercamillo Davigo che la politica sceglie per criteri di opportunità e la magistratura per meriti e competenza, sono trasalito: ha detto una solenne fesseria. In magistratura vieni scelto per logiche di appartenenza e non per merito! …Ma quando scoppiò lo scandalo Palamara si era capito che erano coinvolti tanti colleghi . Il fatto che si siano dimessi solo quelli coinvolti nelle chat è stato riduttivo, autoassolutorio. In quel momento bisognava far dimettere tutto il CSM” (16).

In tutto questo fa impressione non solo la isteresi del CSM, pomposamente ed inutilmente chiamato organo di autogoverno della Magistratura, ma l’assenza, il silenzio intollerabile del Presidente della Repubblica, che del CSM è il presidente e che siamo soliti definire primo magistrato della Repubblica (17), del Ministro della Giustizia e anche delle Forze Armate (18)!

Sul ruolo del Presidente ci limitiamo a constatare che Mattarella non è Cossiga, ma entrambi sono stati professori di diritto costituzionale, e quest’ultimo anche giudice costituzionale; ma probabilmente è molto più politico che giurista.

Ha accettato persino di essere eletto Presidente della Repubblica da un Parlamento che un sentenza della Corte costituzionale, di cui era membro, aveva definito composto illegittimamente!

Quanto al Ministro della Giustizia è notorio che mai nessuno tra i suoi predecessori è apparso tanto inadeguato e “mestatore”. A lui, ed al Presidente del Consiglio, competerebbero l’organizzazione dei servizi della giustizia e la titolarità dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati.

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede

Ma se un magistrato come Antonino Di Matteo (detto Nino) osa aggredirlo pubblicamente in televisione e dal Ministro non perviene nessuna reazione, abbiamo la certezza che al posto del Guardasigilli siede una “nullità assoluta”, così come è stato sottolineato più volte nel recente dibattito parlamentare, e molto, molto confusa, che solo in un Paese fuori controllo come il nostro può continuare a restare dove sta.

Sostiene Ginevra Cerrini Feroni, costituzionalista valentissima e coraggiosa dell’Università di Firenze, che “a fronte di tale evidente deriva, si imporrebbe adesso un intervento forte del Presidente della Repubblica, supremo custode della Costituzione, e non a caso posto da quest’ultima a presiedere il CSM. E’ solo il Capo dello Stato, col suo alto magistero di influenza, a poter dare avvio non solo ad una riforma complessiva della magistratura, che da troppi anni attendiamo, ma soprattutto ad un suo risorgimento morale ed etico , non più procrastinabile” (19).

Ma ci spiace dover considerare che questo Presidente della Repubblica non ha alcuna possibilità né capacità di fare fronte a un tale immane compito.

E’ risultato impotente nel compito di dare al Paese un Governo degno di tale nome, si è persino fatto imporre nell’estate del 2018 un candidato alla Presidenza del Consiglio che non si comprese allora né si comprende oggi da dove arrivi e perché sia stato messo dove sta.

Lo stesso Presidente Napolitano, ben altra tempra e autorevolezza, dovette subire l’oltraggio di essere ascoltato all’interno del Palazzo del Quirinale come testimone, nel famigerato e scellerato procedimento della cosiddetta “trattativa Stato-mafia” , da magistrati palermitani che restarono arrogantemente seduti all’ingresso del Presidente della Repubblica e Presidente del CSM, Capo dello Stato, ecc. ecc. !!!

La magistratura, questa magistratura, che come ampiamente argomentato è adusa ricorrere impunemente ad azioni eversive, tese a sovvertire, con la più ardita disinvoltura e l’immancabile appoggio di frange della politica, l’ordine democratico dello Stato, non può essere mai affrontata con una riforma parlamentare fino a quando non avremo un autorevole capo dello Stato, uno statista vero come capo del Governo ed una maggioranza granitica in Parlamento.

Capisaldi, questi, di cui non si ha alcun sentore e di cui, forse, i protagonisti devono ancora nascere . . .

A questo punto, resterebbero garanti della Repubblica i soli militari, le Forze Armate, ma anche questi risultano non pervenuti. La legge 382 del 1978 assegna ai militari il compito della difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni, che stando così le cose – se si impedisce ad un Ministro dell’Interno di adempiere i suoi compiti fondamentali, se la Corte di Cassazione dichiara legittimo l’operato violento di una straniera che ha impunemente violato la sovranità dello Stato – tanto libere non sembrerebbero! Vorremmo ricordare al capo dello Stato che “ha il comando delle Forze Armate” (20), ma è quel Presidente della Repubblica che da Ministro della Difesa sospese il servizio di leva e ci ha regalato migliaia di volontari oggi cinquantenni con la pancia, che si aggirano per Roma vestiti da combattenti, ma con borse a tracolla poco marziali che ne tradiscono però la pigra e indolente veste impiegatizia! Cossiga si, sapeva di essere il comandante delle Forze Armate.

NOTE

  1. “. . . chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge; . .
  2. “Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. . . “
  3. Questa celebre citazione nel tempo è stata attribuita anche ad altri personaggi famosi
  4. Assai meglio di oggi, perseguiva questo delitto il Codice Zanardelli, delle cui previsioni si trova attuale vigenza nel Codice Penale della Repubblica di San Marino nell’art. 306 (Attentato contro i pubblici poteri) “Chiunque compie fatti diretti a impedire ai Capitani Reggenti (capi dello Stato), al Consiglio Grande e Generale (Parlamento), al Congresso di Stato (Governo)…ai Segretari di Stato (Ministri), …l’esercizio delle funzioni costituzionali ad essi demandate ovvero a provocarne illegalmente le dimissioni o lo scioglimento, è punito con la prigionia e con l’interdizione di quarto grado dai diritti politici” e nell’Art. 307 (Attentato contro la libertà dei pubblici poteri) 
  5. Uno dei nomi più famosi, tra le vittime, è Gabriele Cagliari, presidente dell’ENI, che dopo quattro mesi di carcere si suicida soffocandosi con un sacchetto di plastica; dopo tre giorni si uccide in casa, temendo di essere arrestato Raul Gardini, manager a capo dell’impero agro-alimentare della famiglia Ferruzzi di Ravenna, indagato per una maxi tangente da 150 miliardi dell’affare Enimont; impressionante anche la morte di Sergio Castellari, ex direttore generale del Ministero delle Partecipazioni Statali. Si ricorda in proposito una sgradevole e brutale dichiarazione di Piercamillo Davigo, membro del Pool di “Mani pulite”: “La morte di un uomo è sempre un avvenimento drammatico. Però credo che vada tenuto fermo il principio che le conseguenze dei delitti ricadono su coloro che li commettono non su coloro che li scoprono”. Così, Roberta Caiano su Il Riformista del 19 novembre 2019
  6. San Marino dispone di una organizzazione giudiziaria autonoma e completa, con la giustizia civile, penale, amministrativa e di volontaria giurisdizione di primo grado , di appello e di legittimità. I giudici hanno la qualifica di Commissari della Legge, possono avere incarichi inquirenti o giudicanti e intervengono in tutti i gradi di giudizio in modo monocratico. Anche a San Marino, la Repubblica ha ingenuamente concesso recentemente ai suoi magistrati garanzie di indipendenza di cui, si ha ragione di ritenere, non si pentirà mai abbastanza. San Marino pur non facendo parte dell’Unione Europea, ha stabilmente un giudice presso la CEDU
  7. La vicenda che ha riguardato la comandante Carola Rackete ha messo in luce una lunga serie di inconvenienti che hanno visto colpevolmente assenti le Forze Armate (Marina e Capitanerie di Porto-Guardia Costiera) cui competeva il fermo e l’allontanamento della nave battente bandiera tedesca, cui era stato vietato l’ingresso nelle acque territoriali italiane e il mancato intervento delle autorità dello Stato aventi competenza nel porto di sbarco: Prefettura, Questura e forze di polizia che hanno consentito una violazione gravissima della sovranità dello Stato ad opera di una imbarcazione privata straniera. Gravissimo il mancato arresto, oltre quello della comandante, di tutto l’equipaggio e dei parlamentari italiani a bordo della imbarcazione – tutti responsabili di reati gravissimi, quali la tentata sommersione della motovedetta della GdF, che avrebbe giustificato l’uso delle armi!!! – e la mancata opposizione, se necessario anche “manu militari”, al provvedimento della GIP che avrebbe pure dovuto essere arrestata anch’essa per concorso in attività eversiva. Vergognoso l’atteggiamento remissivo dell’Amministrazione dell’Interno
  8. Artt. 104 comma primo, 101 comma secondo, 111 comma secondo, 54 comma secondo della Costituzione
  9. Cfr. Ginevra Cerrini Feroni in “PM politicizzati – Non è l’eccezione ma la regola” su Il Giornale del 23 maggio 2020, pagg. 1 e 3
  10. Ibidem, Ginevra Cerrini Feroni, pag. 3
  11. Ibidem, Ginevra Cerrini Feroni, pure a pag. 3
  12. Così Paolo Guzzanti in “Quando Cossiga mandò i Carabinieri al CSM”, su Il Riformista del 29 novembre 2019
  13. Si farebbe volentieri riferimento anche a giornalisti di altre testate, con diversi orientamenti politici, ma non sono pervenuti; tacciono per vergogna o per nascondere? Giusto per capirci, di questa ennesima puntata di questo scandalo riesploso il 20 maggio, non si trova cenno sulle prime pagine, e spesso neppure in cronaca, nelle testate del Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Sole 24 ore, Il Messaggero, Il Mattino, Avvenire, Il Manifesto, Il Tempo, Quotidiano nazionale, l’Unità e sulla Gazzetta del Mezzogiorno!
  14. Uno per tutti, ad esempio, il Procuratore di Viterbo Paolo Auriemma
  15. Così Alessandro Sallusti in “Non nominate Falcone invano” su Il Giornale del 24 maggio 2020, pag. 1
  16. Così Francesco Viaviano in “La verità che nessuno vuol vedere è il CSM che va azzerato totalmente” su Il Quotidiano del Sud del 23 maggio 2020, pagg. 1 e 12
  17. Cfr. pure Ginevra Cerrini Feroni, op. cit., pag. 3; Fazzo e Manti in “Giudici contro Salvini – I silenzi di Mattarella – Pressioni, sms e nomine. Il silenzio del Quirinale nella guerra delle toghe – Sotto accusa l’attivismo del portavoce di Mattarella al CSM. L’incontro al Colle” su Il Giornale del 24 maggio 2020, pagg. 1, 2 e 3. Inoltre, per uno sguardo d’insieme sulla vicenda Palamara risulta di sicuro interesse anche l’ampio reportage di Emiliano Fittipaldi in “CSM, tutte le trame di Palamara, Lotti & Co.: “Se mi intercettano, diranno che sono la P5” su L’Espresso del 17 giugno 2019
  18. Gli artt. 1 e 2 della legge 11 luglio 1978, n. 382 “Norme di principio sulla disciplina militare” statuiscono che compito delle Forze armate è assicurare la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni
  19. Ibidem Ginevra Cerrini Feroni, pag. 3
  20. Art. 87 della Costituzione.

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