Di Giuseppe Gagliano*
Nel panorama della sicurezza saudita, Mansour bin Mohammed bin Saad Al Saud si sta imponendo come figura chiave di raccordo tra interessi politici, commerciali e di intelligence. Nato all’interno della vasta famiglia reale saudita, ha sviluppato la propria carriera nel settore della sicurezza nazionale, ricoprendo a lungo incarichi di rilievo presso il ministero degli Interni. La sua nomina a governatore della provincia di Hafr Al-Batin nel 2013 — area strategica al confine con Iraq e Kuwait — lo ha trasformato in un operatore con accesso diretto a dossier delicati: sicurezza dei confini, reti di intelligence e cooperazione con alleati regionali. Dopo il suo ritiro da quella funzione, il suo profilo non ha perso peso: al contrario, si è proiettato sulla scena internazionale come figura di connessione privilegiata tra Riyadh e Islamabad.

Il legame con l’ISI e la dimensione “discreta” della cooperazione
Secondo fonti specializzate, Mansour intrattiene rapporti strutturati con subappaltatori che operano per Inter-Services Intelligence (ISI), il principale servizio di intelligence del Pakistan. Si tratta di società e operatori “discreti” che, pur non figurando in canali ufficiali, svolgono attività tecniche nel campo delle tecnologie di sorveglianza, cyber-intelligence e IT per l’intelligence.
Queste relazioni — che si sviluppano sotto il livello diplomatico — hanno un obiettivo preciso: favorire il trasferimento di know-how e rafforzare le capacità saudite in settori sensibili come la cyber-sicurezza, la protezione delle infrastrutture critiche e il controterrorismo. Mansour, con la sua conoscenza diretta dell’ecosistema imprenditoriale pakistano, svolge un ruolo di mediatore, capace di tenere insieme le esigenze strategiche dello Stato e gli interessi delle imprese tecnologiche.
L’ecosistema tecnologico pakistano come piattaforma strategica
Il Pakistan è oggi un nodo importante nello sviluppo di tecnologie per la sicurezza, grazie a una rete dinamica di startup e aziende tech, spesso collegate a contratti governativi e finanziamenti esteri. In questo scenario, Mansour rappresenta per Riyadh un interlocutore operativo: conosce le imprese più influenti, i centri tecnologici legati all’intelligence e le reti informali attraverso cui l’ISI trasferisce competenze sensibili ai partner considerati “strategici”. È un canale che sfugge alle lentezze diplomatiche e consente un’interazione più fluida su progetti con alto grado di riservatezza.

La delegazione saudita e il consolidamento dei rapporti
Il 7 ottobre 2025 Mansour ha guidato una delegazione saudita a Islamabad come presidente del Consiglio Congiunto per gli Affari Saudi-Pakistano. L’obiettivo ufficiale della missione era rafforzare la cooperazione economica e commerciale. Dietro i sorrisi e le dichiarazioni di circostanza, tuttavia, la visita ha avuto un significato strategico più profondo: i colloqui hanno incluso questioni di difesa, investimenti in tecnologie critiche e discussioni riservate sul coordinamento tra intelligence. Durante gli incontri con il primo ministro Shehbaz Sharif, Mansour ha ribadito l’intenzione saudita di utilizzare il Pakistan come hub tecnologico e operativo per progetti di sicurezza avanzata.
Investimenti come leva geopolitica
A margine della visita sono stati firmati diversi Memorandum of Understanding per investimenti infrastrutturali e tecnologici: tra questi, accordi a Karachi per progetti energetici e urbanistici, e l’acquisizione da parte di investitori sauditi di una quota di controllo della società K-Electric, risolvendo dispute pregresse. Questa mossa va letta in parallelo con gli interessi sauditi in settori come AI, cybersecurity e infrastrutture digitali. La cooperazione economica diventa così un veicolo per approfondire partnership più sensibili, in particolare quelle legate alla sicurezza.
Dalla cooperazione tecnica alla convergenza strategica
Il rapporto tra Arabia Saudita e Pakistan non è nuovo. Islamabad è da decenni uno dei partner di sicurezza più importanti per Riyadh, sia per ragioni militari sia per la presenza di una vasta comunità pakistana nel Regno.
Ma con Mansour si sta assistendo a un’evoluzione: la relazione non passa più solo per i canali ufficiali di Stato, ma anche per reti parallele che coinvolgono il settore tecnologico e quello dell’intelligence. Il suo ruolo consente di sincronizzare gli interessi commerciali e quelli strategici, dando a Riyadh un accesso privilegiato alle competenze pakistane più avanzate in ambito cyber e sicurezza.
La dimensione geopolitica: equilibrio e opacità
Questa cooperazione si colloca all’interno di una strategia saudita più ampia di diversificazione delle alleanze in Asia. Riad guarda a Islamabad non solo come a un partner militare tradizionale, ma come a un hub tecnologico e geostrategico.
Ciò avviene in un momento di crescente competizione globale, in cui la sicurezza informatica e l’intelligence tecnologica diventano strumenti cruciali di proiezione di potenza. Tuttavia, la natura discreta di questi legami solleva interrogativi rilevanti: il ricorso a subappaltatori non ufficiali riduce la trasparenza e rischia di creare zone d’ombra difficili da controllare.
Un architetto silenzioso delle nuove relazioni saudite
Mansour bin Mohammed bin Saad Al Saud incarna una nuova generazione di operatori sauditi: meno visibili dei diplomatici ufficiali, ma fondamentali nella costruzione di alleanze tecniche e strategiche. La sua rete di contatti in Pakistan e il suo profilo di sicurezza ne fanno una pedina preziosa nella ridefinizione degli equilibri regionali. In un mondo in cui la potenza si misura sempre più nella capacità di controllare infrastrutture digitali e reti di intelligence, figure come la sua operano nell’ombra ma ne determinano la traiettoria.
Un equilibrio delicato tra pragmatismo e potere
La cooperazione con l’ISI e con il settore tecnologico pakistano offre a Riyadh strumenti strategici senza precedenti. Ma implica anche una gestione attenta di equilibri delicati: da un lato l’ambizione di rafforzare le proprie capacità di intelligence e difesa, dall’altro la necessità di non compromettere rapporti con alleati tradizionali e di evitare ricadute negative in termini di trasparenza. Mansour è il perno di questa strategia: un mediatore tra due mondi, politico e tecnico, che opera dove le diplomazie ufficiali non possono arrivare.
*Presidente Cestudec (Centro studi strategici)
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