Mar Rosso: Bruxelles da il via libera all’operazione “Aspides”. Forse un primo passo verso una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Europa

Di Fabrizio Scarinci

BRUXELLES. Il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea ha dato il via libera definitivo alla missione “Aspides”, con cui, nei prossimi mesi, Bruxelles affiancherà l’operazione “Poseidon Archer” lanciata da Washington e Londra allo scopo di proteggere il traffico mercantile transitante tra il Golfo di Aden e il Mar Rosso dagli attacchi dei ribelli filo-iraniani Houthi.

La principale area oggetto delle operazioni

Fino a questo momento, oltre agli Stati promotori dell’iniziativa (ossia Francia, Italia e Germania), i Paesi che hanno già dato la propria disponibilità ad inviare assetti nell’area sono Portogallo, Grecia, Danimarca, Belgio e Paesi Bassi.

Stando a quanto si è avuto modo di apprendere, la missione dovrebbe essere solo di natura difensiva; senza, dunque, includere operazioni d’attacco contro i siti di lancio di missili e droni collocati nel territorio controllato dagli Houthi.

Come anticipato nelle corso delle ultime settimane, il Quartier Generale dell’operazione sarà situato in Grecia (per la precisione a Larissa), mentre il comando tattico, che dovrebbe essere a rotazione, verrà affidato, in questa prima fase, all’Italia, che prenderà parte alle operazioni con il cacciatorpediniere Ciao Duilio.

Il cacciatorpediniere Caio Duilio della Marina Militare

Come più volte sottolineato, il tratto di mare che collega l’Oceano Indiano al Mar Rosso (e, dunque, al Mediterraneo) rappresenta un’area di primaria importanza sia a livello economico che a livello strategico.

A livello economico perché la gran parte degli scambi commerciali tra il continente asiatico e quello europeo passa da quelle parti (l’unica alternativa percorribile è, di fatto, quella di circumnavigare l’Africa, che comporta, però, il rischio di forti rialzi sui prezzi delle merci) e a livello strategico perché Mediterraneo, Mar Rosso e Golfo di Aden rappresentano, per Washington, la via di comunicazione più rapida tra quelli che sono, di gran lunga, i due scacchieri più importanti del pianeta, ossia quello europeo e quello dell’Indo-pacifico.

Rendendo impraticabile la navigazione attraverso il “collo di bottiglia” rappresentato dallo Stretto di Bab-al Mandab e dalle acque circostanti, gli attacchi degli Houthi hanno, dunque, il potenziale per assestare un duro colpo al sistema globale a guida statunitense.

In tale ottica, si spiega molto facilmente anche la celerità con cui Washington ha dato il via alle operazioni “Prosperity Guardian” prima e “Poseidon Archer” poi (a cui si sono, tra l’altro, aggiunti anche i raid contro le milizie filo-iraniane operanti tra Siria ed Iraq).

F/A-18E Super Hornet statunitensi in volo. Questi aerei sono stati più volte impiegati nell’ambito delle operazioni contro gli Houthi

Ad risultare danneggiata dalle azioni degli Houthi non è, però, solo l’influenza americana nel mondo.

L’impraticabilità di quelle acque rischia, infatti, di colpire molto pesantemente anche (e soprattutto) gli europei, che potrebbero subire prima e più di altri il forte incremento dei prezzi dovuto al cambiamento delle rotte seguite dai mercantili.

Quelli che rischiano, però, di pagare il conto più salato sono, ovviamente, i Paesi mediterranei, che oltre al rischio di un innalzamento dei prezzi, potrebbero anche vedere una drastica riduzione del livello di attività dei loro porti.

In virtù di tale situazione, è, quindi, da considerarsi in modo positivo il fatto che l’Unione Europea abbia deciso di assumersi la responsabilità di garantire la protezione delle rotte in questione, così com’è altrettanto positivo che l’Italia abbia giocato un ruolo di primo piano rispetto a tale scelta.

Che sia un primo passo affinché gli europei riescano a definire una loro strategia condivisa rispetto alle aree di loro primario interesse e stabilire con Washington una forma di cooperazione più paritaria e maggiormente proficua per entrambe le sponde dell’Atlantico?

Al momento non è dato saperlo, ma, di certo, gli eventi di questi anni sono destinati a imprimere profondi cambiamenti nell’approccio europeo alle relazioni internazionali, da cui potrebbe sorgere, col tempo, una mentalità molto diversa da quella che abbiamo conosciuto nel corso degli ultimi decenni.

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