Marina Militare: l’acquisto del missile Scalp Naval garantirebbe una grande autonomia alle attività della Forza Armata

Di Fabrizio Scarinci          

Roma. Nel corso degli ultimi anni, al fine di migliorare la propria capacità di colpire bersagli terrestri altamente paganti collocati a grande distanza dalle coste, la Marina Militare ha maturato l’idea di dotare le proprie unità di missili da crociera a lungo raggio.

La Marina Militare italiana sempre protagonista

Ad oggi, infatti, al di là degli AV8 B Harrier II (e, presto degli F 35) presenti sulle proprie portaeromobili, la nostra flotta ha in dotazione, al fine di compiere missioni land attack, solo il missile TESEO, un’evoluzione del missile antinave OTOMAT in grado di colpire, grazie all’utilizzo del sistema GPS, anche bersagli situati sulla terraferma

Tale sistema d’arma risulta tuttavia fortemente limitato dal suo raggio d’azione, che, come per il suo predecessore OTOMAT, non supera i 185 chilometri (gittata certamente ottimale per l’ingaggio del naviglio ostile ma relativamente scarsa per la conduzione di operazioni contro obiettivi situati in profondità nel territorio nemico).

Missile OTOMAT

Allo scopo di migliorare le sue prestazioni, Leonardo ed MBDA hanno avviato, nel 2018, un ulteriore programma di aggiornamento del missile (denominato TESEO EVO) che dovrebbe conferirgli un raggio d’azione più che doppio rispetto a quello attuale.

Già con l’acquisizione di quest’ultima versione del mezzo, la Marina si doterebbe, in effetti, di un sistema altamente flessibile capace di portare a termine con successo diversi tipi di missione.

Nondimeno, anche in ragione dei crescenti rischi che i sistemi missilistici aviolanciati o basati a terra potrebbero porre alle unità navali operanti a ridosso del territorio nemico, i vertici della Forza Armata vorrebbero poter disporre anche di un’arma capace di colpire a distanze maggiori di 500 o 600 chilometri, da schierare, oltre che sulle unità di superficie, anche sui sottomarini.

A tale riguardo, però, il mercato non offre un’ampia scelta; le Marine attualmente in possesso di simili capacità sono davvero poche e, tra i nostri alleati, gli unici ad aver prodotto missili navali di questo tipo sono gli americani e i francesi (e, a dire il vero, anche i sud coreani, con i quali, tuttavia, un simile tipo di collaborazione resta, al momento, piuttosto irrealistico).

Di conseguenza, le opzioni sarebbero limitate solamente al BGM-109 Tomahawk e allo Scalp Naval.

Un missile da crociera BGM-109 Tomahawk

Per quanto riguarda il Tomahawk, esso fu introdotto alla fine degli anni ’70 allo scopo di dotare le forze terrestri, navali e sottomarine americane di un mezzo capace (volando a quote bassissime seguendo le pieghe del terreno) di condurre furtivamente attacchi nucleari contro obiettivi situati ad oltre 2.500 chilometri di distanza.

Da tale mezzo sono poi scaturite diverse altre varianti dotate di gittata inferiore (solitamente compresa tra i 1.300 e i 1.700 chilometri) ed armate con testate convenzionali.

In queste ultime versioni, la possibilità di utilizzare il sistema GPS e l’introduzione di sensori di tipo networkcentrico hanno consentito sia una notevole riduzione dei tempi di pianificazione delle missioni, sia un notevole aumento del livello di precisione nel colpire gli obiettivi (se le versioni iniziali presentavano una “Calculate Error Probabaility” di circa 80 metri, in quelle più recenti si è scesi sotto i 10).

Nel corso degli ultimi 30 anni, il BGM-109 è stato ripetutamente impiegato in azione nel Golfo, nei Balcani, in Afghanistan e in Siria, dove, grazie al suo elevato livello di accuratezza, si è rivelato particolarmente efficace nel neutralizzare obiettivi di elevato valore strategico, fornendo un grande contributo nel disabilitare le capacità di reazione del nemico.

Attualmente il Pentagono e Raytheon sarebbero al lavoro per introdurre la versione “Block V” del missile, equipaggiata con sensori e sistemi di navigazione particolarmente avanzati e pensata per poter restare in servizio fino ai prossimi anni 40.

Dal canto suo, il missile “Scalp Naval” (o MdCN-Missile de Croisière Naval) costituisce invece la versione navale (e sub-lanciata) del missile da crociera aviolanciato “Storm Shadow/Scalp”, prodotto da MBDA e sviluppato congiuntamente dai Governi britannico, francese e italiano.

Uno Saclp EG – Storm Shadow 

Il Governo di Parigi iniziò a pensare allo sviluppo di tale sistema già dalla fine degli anni ’90 (quando lo “Storm Shadow” era appena entrato in fase di sperimentazione), senza tuttavia riuscire a coinvolgere i governi degli altri due Paesi.

Infatti, se da un lato, la Marina britannica aveva già in dotazione alcune decine di Tomahawk, dall’altro, i nostri vertici politici dell’epoca ritenevano (erroneamente) superfluo il possesso di tali capacità.

Nondimeno, i francesi, in collaborazione con MBDA, sono comunque riusciti a portare a termine i loro progetti, ottenendo, nel giro di qualche anno, un sistema d’arma particolarmente flessibile e sofisticato.

Il missile è concettualmente molto simile al BGM-109: anch’esso, infatti, è in grado di sfuggire al rilevamento dei radar nemici volando a quote bassissime e, similmente alle ultime versioni del Tomahawk, è stato costruito facendo largo uso di materiali radar-assorbenti.

La sua gittata è di oltre 1.000 chilometri ed è in grado di colpire i propri bersagli con estrema precisione.

Introdotto sulle FREMM nel 2014 e sui sottomarini classe Scorpène nel 2017, lo Scalp Naval è stato impiegato in azione per la prima volta in occasione dell’attacco missilistico anglo-franco-statunitense del 2018 sulla Siria.

In generale, per quanto riguarda la scelta della nostra Marina, se la valutazione dovesse avvenire considerando solo i dati tecnici e le capacità dei due sistemi d’arma, pur essendo entrambi degli ottimi mezzi, il Tomahawk godrebbe verosimilmente di qualche vantaggio.

Del resto, l’efficacia e l’affidabilità del missile statunitense sono state provate più volte nel corso degli ultimi 40 anni e il denaro investito dal Pentagono nello sviluppo della versione “Block V” lascia presagire ulteriori notevoli miglioramenti.

Tuttavia, stando ad alcune valutazioni di carattere politico, strategico ed industriale, il prodotto della Raytheon risulterebbe, in realtà, penalizzato rispetto alla sua controparte transalpina.

A livello politico-strategico, infatti, quantunque le divergenze tra Roma e Parigi (peraltro soprattutto sul Mediterraneo) renderebbero oggi necessario un forte riavvicinamento tra Italia e Stati Uniti, è comunque importante tenere a mente come l’acquisto di un sistema d’arma statunitense comporti spesso numerose limitazioni riguardo al suo utilizzo, solitamente vincolato all’autorizzazione da parte del Pentagono e della Casa Bianca (cosa che accade anche per il pur irrinunciabile F 35).

L’acquisto dello Scalp Naval ci garantirebbe invece un’autonomia sensibilmente maggiore, tanto più in considerazione della recente approvazione, da parte dell’UE, del progetto GEODE, volto alla militarizzazione del sistema GALILEO (controllato anche da noi), sul quale certamente i sistemi d’arma europei come il missile Scalp Naval faranno affidamento al fine di individuare e colpire i propri bersagli, eliminando così la loro dipendenza dal GPS statunitense.

A livello industriale, inoltre, il fatto che MBDA sia parzialmente controllata da Leonardo potrebbe sicuramente favorire la partecipazione del nostro sistema industriale alla produzione e alla manutenzione di tali missili, con tutti i vantaggi del caso in termini di guadagno economico e, soprattutto, di acquisizione di Know-how.

Alla luce di ciò, è quindi lecito supporre che la Marina, almeno per il momento, propenda per acquistare il mezzo di origine francese, che verosimilmente installerebbe sulle FREMM di tipo “General Purpose” e su alcuni dei sottomarini U212 (ma forse anche sui Doria e su alcuni Pattugliatori Polivalenti d’altura), migliorando notevolmente le capacità d’attacco delle unità coinvolte nel programma e rinforzando l’importanza strategica del proprio ruolo a difesa degli interessi nazionali nell’ambito di un contesto mediterraneo sempre più pericoloso e imprevedibile.

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