Massacro di Volinia: arriva la declassificazione russa. Operazione geopolitica per dividere la Polonia e l’Ucraina

Di Giuseppe Gagliano*

VARSAVIA. Il massacro di Volinia, avvenuto tra il 1943 e il 1945, rappresenta uno degli episodi più cruenti e divisivi della storia dell’Europa orientale.

Un’immagine del massacro di Volinia

 

L’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA), legato all’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) guidata da Stepan Bandera, si rese responsabile di stragi sistematiche contro la popolazione polacca nelle regioni di Volinia e Galizia orientale.

Stepan Bandera

 

Le vittime polacche stimate oscillano tra i 60 mila  e i 100 mila, mentre anche la comunità ucraina subì gravi rappresaglie. Le atrocità raggiunsero il loro apice nell’estate del 1943, con villaggi rasi al suolo e intere famiglie massacrate.

La Polonia ha ufficialmente riconosciuto questi eventi come genocidio, mentre l’Ucraina tende a interpretarli come una tragedia bilaterale, evitando il termine genocidio per non alienare la memoria di eroi nazionali come Bandera. Questa divergenza di lettura storica è rimasta una ferita aperta nei rapporti tra i due Paesi, nonostante la loro cooperazione militare e politica contro la Russia.

La mossa dell’FSB: obiettivi e significato

In prossimità del Giorno della Vittoria, il 7 maggio scorso, l’FSB ha annunciato la declassificazione di documenti d’archivio relativi al massacro di Volinia.

La scelta non è casuale.

La Russia, in guerra con l’Ucraina dal 2022, ha fatto ampio uso della storia come strumento di guerra psicologica e diplomatica.

Pubblicare questi documenti significa, per Mosca, alimentare le tensioni storiche tra Ucraina e Polonia proprio mentre entrambe si presentano come alleate nell’opposizione al Cremlino.

I materiali, presumibilmente provenienti dagli archivi del NKVD, potrebbero contenere rapporti dettagliati sulle stragi commesse dall’UPA, collaborazioni tra i nazionalisti ucraini e i nazisti tedeschi, e testimonianze polacche sulle atrocità. Si tratterebbe di documenti che rafforzano la narrativa polacca sul genocidio e mettono Kiev in difficoltà, costringendola a confrontarsi con un passato scomodo e con pressioni politiche interne ed esterne.

 

La commemorazione delle vittime del massacro

 

Il peso strategico della memoria

Nonostante l’assenza di dettagli completi sul contenuto dei documenti, l’operazione dell’FSB è chiaramente orientata a rafforzare la narrazione russa che dipinge l’Ucraina come erede di un nazionalismo violento e collaborazionista. Questo messaggio, ripetuto fin dall’inizio del conflitto, mira a giustificare l’aggressione russa come una “denazificazione” del vicino occidentale.

La declassificazione arriva in un momento di particolare sensibilità.

Dal gennaio scorso, l’Ucraina ha revocato un precedente divieto alle esumazioni dei resti delle vittime polacche, consentendo l’avvio di alcune operazioni nei villaggi colpiti. Tuttavia, Varsavia continua a chiedere un riconoscimento esplicito del genocidio, mentre Kiev mantiene una linea prudente per non incrinare il fragile equilibrio politico interno.

Un’alleanza sotto pressione

La Polonia ha sostenuto militarmente e diplomaticamente l’Ucraina fin dall’inizio della guerra, ma la questione di Volinia resta una condizione essenziale per Varsavia. Alcuni leader polacchi hanno chiaramente legato il sostegno all’integrazione europea dell’Ucraina alla risoluzione di questa controversia storica.

Donald Tusk, capo del Governo polacco

 

Il Governo polacco, diviso tra l’approccio moderato di Donald Tusk e le pressioni nazionaliste interne, potrebbe sfruttare la declassificazione per intensificare le proprie richieste.

Kiev, dal canto suo, si trova stretta tra le aspettative degli alleati occidentali e la necessità di non provocare la reazione dei gruppi ultranazionalisti, per i quali l’UPA rappresenta un simbolo di resistenza contro l’occupazione sovietica.

Le intenzioni russe e i rischi di manipolazione

La Russia, con questa operazione, intende destabilizzare il fronte europeo a sostegno dell’Ucraina.

I documenti storici, anche se autentici, possono essere selezionati, manipolati o decontestualizzati per servire una precisa agenda politica. Non è la prima volta che Mosca utilizza gli archivi come arma diplomatica: basti pensare al modo in cui ha affrontato la questione del massacro di Katyn, negandone per decenni la responsabilità sovietica.

Un’immagine del massacro di Katyn

Nel caso di Volinia, la selettività delle fonti rischia di oscurare altri fattori storici fondamentali, come la responsabilità dell’URSS nel deterioramento dei rapporti etnici nella regione dopo il Patto Molotov-Ribbentrop e le deportazioni forzate di polacchi e ucraini.

Una sfida di memoria e verità

Per Varsavia e Kiev, la posta in gioco è doppia: mantenere viva la cooperazione strategica e affrontare il passato con maturità storica.

La memoria condivisa non può essere un ostacolo, ma dovrebbe diventare uno strumento di riconciliazione. Solo una narrazione inclusiva, capace di riconoscere tanto il dolore polacco quanto quello ucraino, potrà neutralizzare le manovre propagandistiche russe.

Le commemorazioni congiunte, come quella avvenuta nel 2023 a Lutsk, rappresentano un passo nella giusta direzione, ma restano isolate. In un contesto segnato dalla guerra e dalla manipolazione della storia, la sfida sarà costruire una memoria comune senza cedere al ricatto politico e senza rinunciare alla verità.

*Presidente Centro Studi Cestudec

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