di Chiara Cavalieri *
WASHINGTON D.C. La crisi di Gaza e la questione palestinese si trovano nuovamente al centro della diplomazia internazionale.
Da un lato, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha invitato sei Paesi della regione a partecipare a un incontro straordinario a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite; dall’altro, l’ex segretario generale della Lega Araba Amr Moussa ha risposto con fermezza alle dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha negato la possibilità di uno Stato palestinese.

Secondo quanto riportato dal canale israeliano Channel 12, Trump ha rivolto un invito ai leader di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania e Turchia per un vertice sulla guerra in corso a Gaza.
L’incontro si terrà martedì, a margine della sessione ONU di New York, e precederà di pochi giorni l’arrivo di Netanyahu alla Casa Bianca.
Fonti vicine al dossier hanno confermato che l’obiettivo della Casa Bianca è quello di coinvolgere direttamente le principali potenze regionali nella gestione del conflitto, cercando di rilanciare il ruolo degli Stati Uniti come attore centrale nella mediazione internazionale.
Gaza al 716º giorno di guerra
Il vertice proposto arriva in un contesto drammatico: al 716º giorno del conflitto, l’Esercito israeliano continua a bombardare edifici residenziali e campi profughi.
Fonti ospedaliere hanno denunciato, solo nella giornata di domenica, la morte di 41 civili palestinesi, di cui 26 a Gaza City.

Le forze israeliane, guidate dal comando meridionale, hanno lanciato un’operazione su larga scala nella città, invitando i residenti a evacuare tramite volantini, messaggi audio e telefonate.
È stata inoltre dichiarata una “zona umanitaria” a Khan Yunis, con ospedali da campo, reti idriche ripristinate e distribuzione di aiuti di base.
Secondo fonti militari, oltre 550 mila abitanti di Gaza City sono stati evacuati, mentre tre divisioni dell’esercito hanno avviato operazioni contro le roccaforti di Hamas.
La posizione di Amr Moussa: “Opportunità da sfruttare”

Commentando la notizia dell’invito di Trump, Amr Moussa ha parlato di una “opportunità da sfruttare saggiamente”.
Intervenendo al programma “Al Hekaya” su MBC Masr, l’ex segretario generale della Lega Araba ha sottolineato l’importanza di rispondere positivamente a un’iniziativa che, se condotta con chiarezza, potrebbe aprire un dialogo costruttivo tra Washington e il mondo arabo sulla questione palestinese.
Moussa ha suggerito che una delegazione araba ristretta, guidata da Egitto, Arabia Saudita e Giordania, rappresenti la posizione collettiva, insistendo su un mandato chiaro a favore della creazione di uno Stato palestinese e della soluzione dei due Stati come unico quadro realistico per la pace.
Moussa a Netanyahu: “La maggioranza riconosce la Palestina”
Sempre nelle stesse ore, Moussa ha replicato duramente alle dichiarazioni di Netanyahu secondo cui non ci sarà mai uno Stato palestinese.
L’ex diplomatico ha ricordato che il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte della Gran Bretagna ha un valore storico e simbolico particolare, in quanto proprio Londra, con la Dichiarazione Balfour del 1917, diede origine al processo che portò alla nascita di Israele.
“È libero di dire ciò che vuole – ha affermato Moussa – ma la maggioranza ora riconosce la Palestina. Quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza l’hanno già fatto, e circa l’80% della comunità internazionale ha preso la stessa posizione.”
Secondo Moussa, questo trend diplomatico rappresenta un movimento globale irreversibile, che non riguarda più soltanto i Paesi arabi ma il rispetto del diritto internazionale. Paesi come Spagna, Irlanda, Canada e Australia hanno aperto la strada a ulteriori riconoscimenti, consolidando l’idea che “lo Stato ha ora un proprietario”.
L’ex segretario generale ha sottolineato che il sostegno alla causa palestinese “non è più confinato al mondo arabo, ma è diventato un sostegno globale”.
Il riconoscimento britannico, in particolare, costituisce un atto di riparazione storica che restituisce credibilità al diritto internazionale, minato negli ultimi anni dalle violazioni israeliane e dalle guerre in Gaza, Libano, Siria e Qatar, che Moussa ha definito come “una manomissione senza precedenti della dignità araba”.
Tra diplomazia e realtà sul campo
Il duplice intervento di Amr Moussa – favorevole a un dialogo con Washington e critico verso Netanyahu – delinea una strategia chiara: sfruttare ogni occasione diplomatica per riaffermare i diritti del popolo palestinese, mantenendo al tempo stesso viva la prospettiva di una soluzione politica.
Il vertice di New York voluto da Trump, insieme ai nuovi riconoscimenti internazionali, potrebbe rappresentare un punto di svolta nella ridefinizione dei rapporti tra Stati Uniti, Israele e mondo arabo.
Resta ora da vedere se questa dinamica troverà sbocco in risultati concreti sul terreno, in una fase in cui la guerra a Gaza continua a mietere vittime e a mettere alla prova la tenuta dell’intero ordine.
*L’autrice è presidente dell’Associazione italo-egiziana Eridanus e vicepresidente del Centro Studi UCOI-UCOIM
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