Di Bruno Di Gioacchino
TEL AVIV. Ieri,, per la prima volta nella sua storia, la Lega Araba ha espresso una condanna formale dell’attacco del 7 ottobre 2023 perpetrato da Hamas.

Insieme all’Unione Europea e ad altri 17 Paesi, ha firmato a New York un documento senza precedenti: la dichiarazione chiede la liberazione degli ostaggi, il disarmo del gruppo islamista e la cessazione del suo controllo sulla Striscia di Gaza, per avviare il trasferimento dei poteri all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). È un passaggio che potrebbe aprire la strada alla nascita di uno Stato palestinese sovrano e indipendente.
Dalla Dichiarazione di Rabat del 1974 in poi, la Lega Araba ha sempre sostenuto il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, riconoscendo nell’OLP l’unico legittimo rappresentante.

Ma non aveva mai preso posizione in modo netto contro Hamas, nemmeno nei momenti più critici.
Questa condanna, dunque, rappresenta una discontinuità storica: gli Stati arabi si dissociano apertamente da Hamas, scegliendo un approccio pragmatico e istituzionale, orientato alla soluzione dei due Stati.
La dichiarazione non risparmia critiche nemmeno a Israele: si condannano assedio, bombardamenti e crisi umanitaria a Gaza, in un passaggio che riequilibra le responsabilità e sottolinea la necessità di una de-escalation reciproca.
È una scelta voluta, pensata per tenere uniti i firmatari e per presentare il documento come un punto di convergenza tra sensibilità diverse.
A rafforzarne la portata diplomatica è la presenza di attori chiave della regione: Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Giordania e Turchia.
Malgrado le differenze politiche e strategiche che li separano, questi Paesi concordano su un punto: Hamas non può più essere l’interlocutore del mondo arabo e deve lasciare il passo all’ANP.
Si tratta, nei fatti, della nascita di una nuova coalizione diplomatica araba con un’agenda condivisa di pacificazione.
Francia e Arabia Saudita hanno co-presieduto la conferenza.
L’Unione Europea ha definito “storica” la decisione della Lega Araba. Regno Unito e Francia hanno annunciato l’intenzione di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina entro settembre 2025, se la violenza non cesserà.
Gli Stati Uniti, invece, hanno boicottato la conferenza, segnalando una crescente divergenza strategica con gli alleati europei.
Se davvero Hamas dovesse cedere il controllo della Striscia di Gaza, questo rappresenterebbe una svolta epocale.
Il documento prevede anche una missione temporanea delle Nazioni Unite per monitorare il processo e garantire la sicurezza dei civili. Parallelamente, si aprirebbe uno spiraglio per la ricostruzione di Gaza, con il sostegno coordinato della comunità internazionale.

Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di grandi potenze occidentali sarebbe un elemento di forte pressione diplomatica su Israele, spingendolo verso un tavolo negoziale che oggi appare ancora distante.
Ma le incognite non mancano: Hamas resta radicato in parte della società palestinese e dispone ancora di una struttura militare autonoma.
All’interno del mondo arabo, inoltre, non sono escluse resistenze da parte di settori più radicali.
Eppure, ciò che fino a ieri sembrava impossibile, oggi, è diventato pensabile.
La richiesta araba di una transizione da Hamas all’ANP non è più solo auspicata: è messa nero su bianco, in un documento firmato da governi che fino a poco tempo fa si muovevano in ordine sparso.
Dopo decenni di dichiarazioni, slogan e veti incrociati, la Lega Araba propone finalmente una soluzione politica concreta.
Se questa convergenza si trasformerà in azione istituzionale, la giornata di ieri potrà essere ricordata come quella nella quale la causa palestinese ha smesso di essere ostaggio della militanza armata e ha ripreso il cammino verso la sovranità, la pace e il riconoscimento internazionale.
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