Di Marco Pugliese
Roma. Il Generale di Corpo d’Armata (Ris) dell’Esercito, Vincenzo Santo vanta un lungo curriculum sia nella Forza Armata che nelle missioni internazionali, soprattutto in ambito NATO.
Report Difesa lo ha intervistato.

Il Generale di Corpo d’Armata (Ris) Vincenzo Santo
Generale, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in queste ore, sembra che voglia bloccare i porti per l’attracco di navi che trasportino migranti. E’ la stessa soluzione che lei, giorni fa, ha proposto. Crede sia quella giusta?
A dire il vero io non ho suggerito la chiusura dei porti: Ho detto che questa opzione, proprio per la delicatezza e le sensibilità che va toccando la lascerei per uno step successivo. Ma rischia di essere una decisione dalla durata breve, con un risultato insignificante. L’immigrazione è un’emergenza. Tutti lo dicono ma nessuno ad oggi ha mai fatto capire come si debba affrontare. Il nostro obiettivo non sono i migranti. In quanto emergenza per lo Stato italiano, la stessa deve essere trattata su differenti livelli e coinvolgere tutti gli organismi di un Esecutivo.
Ha parlato di un super prefetto per gestire il problema. In che modo?
Si parla di emergenza immigrazione? Bene, allora si nomini un super prefetto che abbia la responsabilità anche sulla gestione giornaliera dei migranti. Emergenza significa emettere decreti d’urgenza per gestirla, certo temporanei, ma non si può da un lato parlare di emergenza e dall’altro non fare nulla se non la cosa più facile, cioè buttare via soldi qui in Patria. Ma anche dall’altra parte, in Africa, senza avere contezza di quali obiettivi si vogliano realizzare e, soprattutto, chi sia stato incaricato di conseguirli e, infine, quali siano i risultati. Tutto sembra cadere in un grosso buco nero, dove il malaffare trova terreno fertile. Pertanto, è un’emergenza complessa che richiede un sistema di azioni coraggiose e coordinate tra loro a livello Paese.

Migranti
E le associazioni di volontariato?
Non si può lasciare tutto in mano al volontariato ed a un volontariato fuori controllo, pur con tutti gli accordi convenuti dal passato Governo. Certo, la sola misura di chiudere i porti, da sola è insufficiente e, ritengo, inutile. A quante navi che Malta non accetta dovremo dire di no? Siamo quasi in estate, la meteorologia non ci aiuterà e i flussi aumenteranno, certamente. Malta non sarà in grado di accettarli tutti comunque. Riusciamo a figurarci le risposte di altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo? Spagna, Francia, Grecia e via dicendo? Non scherziamo. Ci vuole ben altro coraggio per far fronte a questa emergenza.
Parla di Spagna, Francia e Malta. Secondo lei, come prenderanno questo blocco, anche se la Francia ha bloccato di fatto le proprie frontiere?
Le nazioni, contrariamente a quanto gli appassionati internazionalisti ubriachi delle sciocche speranze vendute al mondo da gente come i Soros, devono vivere nella consapevolezza che il rispetto dei propri interessi passa inesorabilmente dalla definizione di obiettivi (chiamiamoli politici) che si traducono in politiche e, quindi, in strategie. Le strategie hanno un costo, talvolta pesante, che va dall’incomprensione, alla rottura delle relazioni sino, nel caso davvero peggiore, a venire alle mani.
Ogni decisione comporta delle conseguenze. E queste vengono misurate solo se alla base c’è stato uno studio attento delle alternative che vedono l’esame di che cosa usare e come impiegarlo. Devo dire che di quello che potrebbe pensare Malta che ad oggi se n’è altamente fregata del problema, o della Spagna, la quale ha usato anche la forza dalle parti di Ceuta e Melilla, o della Francia che viene a casa nostra con l’arroganza di far fare dei controlli sanitari a un migrante irregolare, me ne frego altamente.
Quando lei parla d’incursioni, nello specifico cosa intende? A quale tipo d’azione pensa?
L’Italia, con il fenomeno delle immigrazioni irregolari è vittima di violenza alla sua sovranità dall’inizio. I porti più vicini non sono sempre quelli italiani ma ce ne sono in Egitto ed in Tunisia. E del resto, se abbiamo riconosciuto un Governo in Libia…
Pertanto, in considerazione che la maggior parte dei barconi partono dalla Tripolitania, non vedo perché noi si debba rispettare la sovranità di un Paese che non è in grado di controllare quei tratti di costa e quindi operare all’interno delle acque territoriali libiche. Permettendo così il salvataggio di chi si arrischiasse ancora in mare, ma riportandolo subito a riva nei centri che l’ONU, invece di chiacchierare tanto, dovrebbe creare e mantenere. Ma anche, con la nostra “brava intelligence” sottoporre ad un migliore controllo quei tratti di costa e, all’occorrenza, intervenendo con azioni dirette per distruggere le aree di raccolta/imbarco degli scafisti. E questo è quello che possono fare le nostre Forze Armate, oltre che schierare un ospedale da campo o far le guardie alle dighe.
Pensa anche ad azioni utilizzando l’Aeronautica militare?
La ricognizione aerea è fondamentale. Ma non mi tirerei indietro in missioni al suolo, in Libia non saremmo i primi a farlo. Altri già intervengono, gli americani per esempio. Che siano droni oppure aerei pilotati, poco cambia. Del resto avendo a suo tempo autorizzato l’uso dell’aeroporto di Sigonella per i velivoli non pilotati americani che non volano sulla Libia per il piacere di trasmettere immagini di un bel panorama, è come se già fossimo noi ad intervenire. Ne siamo parte. In guerra, anche un cuoco è un nemico, anche se sa friggere solo le uova.
Poniamo s’arrivasse a ciò, la logistica di tali operazioni sarebbe gestita dall’ Italia od in loco?
Intanto, non vedo grossi problemi logistici e, comunque, qualunque operazione in atto, anche nel più lontano Afghanistan viene gestita dal territorio nazionale. Inevitabile. Parliamo di un’area del Mediterraneo, non siamo nel Pacifico.
Paesi terzi accetterebbero incursioni italiane sul proprio suolo, non vi è rischio d’escalation?
Credo di aver risposto anche a questa domanda quando ho parlato di interessi e conseguenze. Stiamo dando un sacco di soldi alla Libia, stiamo addestrando, mi hanno detto, la loro Guardia Costiera, sono questi i risultati? Adesso si parla di Tunisia. Ne siamo veramente certi? Di certo lì c’è uno Stato che, sebbene stia passando ora un periodo di crisi, funziona, e credo che abbia maggiori possibilità di controllare il territorio, anche perché oltre a vendere l’olio di oliva per volontà di Bruxelles, in barba al nostro, riceve un bel po’ di nostri connazionali come turisti.
È chiaro il suggerimento? Noi dobbiamo guardare ai nostri obiettivi e uno di questi ricade nella sicurezza e l’ordine sociale, ma, come ho già detto, è tutto l’Esecutivo a doversene farsene carico. Non è solo il problema di Matteo Salvini. Ognuno Dicastero deve fare la sua parte. Certo, non si può pensare di individuare misure coordinate con un Consiglio di ministri, purtroppo a noi manca un National Security Council, la cui funzione nella circostanza aiuterebbe.
Dopo il blocco dei porti, quale potrebbe essere la mossa successiva?
La chiusura dei porti, l’ho già detto, la lascerei come ultima ratio. Se proprio. Ma è solo un fatto dimostrativo. È l’ultima spiaggia, qualcosa da giocare come ultima risorsa.
Ben inteso che voler chiudere solo i porti significa ora offrire il fianco a tutto un movimento d’ opinione buonista, con scarsi risultati nel medio e lungo termine. E, purtroppo, evoca episodi del passato. Facile da strumentalizzare. Significherebbe, come accennato prima, prendere di mira questi disgraziati che comunque scappano da un qualcosa che probabilmente li spaventa. Ciò non ci deve influenzare anche se deve essere chiaro con chi abbiamo a che fare senza farsi prendere sempre dal sentimento umanitario a tutti i costi.
Il nostro obiettivo non sono loro. Con la sola chiusura dei porti, rischiamo di avere ora delle vittorie, forse soltanto una, solo tattiche, ma alla fine temo che cederemo. Perderemo la guerra dimostrando di non avere determinazione e di cedere al primo naufragio o all’immagine del primo bambino annegato, fake o no che sia. I nostri “target” sono dall’altra parte ed è lì che bisogna andare a prenderli per porre fine a questa emergenza e perché no, anche per far vedere la nostra determinazione nel combattere un vero e proprio commercio di schiavi.
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