Roma. Questa mattina, alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio e quello della Difesa, Lorenzo Guerini, hanno svolto a nome del Governo, le comunicazioni sulla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali nell’ambito dell’esame congiunto delle Deliberazioni adottate dal Consiglio dei ministri il 17 giugno scorso ai sensi della legge 21 luglio 2016, n. 145 (Doc XXV, n. 4 e Doc XXVI, n. 4).
Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’intervento del ministro Guerini.
Preambolo
Presidenti, Onorevoli Colleghi,
in prosecuzione all’intervento del collega Di Maio che mi ha appena preceduto, intendo ora illustrare le linee di sviluppo dell’azione esterna della Difesa che sottendono l’impianto missioni in esame.
La strategia della Difesa, nel perseguire la tutela degli interessi nazionali, conferma il ruolo dell’Italia quale uno dei principali “provider di sicurezza” sul piano internazionale.
Consentitemi, però, innanzitutto, di rivolgere il mio più vivo apprezzamento al personale civile e militare delle Forze Armate. Mai come in questo ultimo anno, nell’affrontare la pandemia, gli Italiani hanno potuto rendersi conto della loro professionalità e spirito di sacrificio.
Nella certezza di interpretare anche il sentimento degli Onorevoli Colleghi, colgo questa occasione per ringraziare le donne e gli uomini della Difesa, per ciò che fanno e per come lo fanno, ovunque siano essi impegnati.
Il disegno strategico dell’azione esterna della Difesa
Prima di entrare nel merito delle varie missioni e operazioni, mi preme sottolineare il quadro di riferimento geo-strategico in cui si inserisce il nostro impegno internazionale. Impegno che si può sintetizzare in 4 punti:
- rafforzare ulteriormente il ruolo del Paese nel contesto delle Organizzazioni Internazionali alle quali apparteniamo, NATO, UE e ONU, che rappresentano il riferimento imprescindibile della architettura di sicurezza nazionale e internazionale;
- contribuire alla sicurezza internazionale garantendo una presenza rafforzata, visibile e percepita quale fattore di stabilità, in tutti gli scenari le cui dinamiche possono avere ricadute sull’Europa e sull’Italia;
- contribuire a sviluppare forme strutturate di cooperazione volte a supportare la costituzione e il rafforzamento delle istituzioni dei Paesi dove operiamo;
- tutelare i nostri interessi strategici nazionali, ovunque essi si collochino.
Si tratta di ambiti d’azione tra loro complementari e che possono essere condotti in maniera congiunta.
L’obiettivo è quello di fornire il nostro contributo ovunque il Paese ritenga necessario, focalizzando la nostra attività nell’area di preminente interesse strategico nazionale del “Mediterraneo Allargato”, che le recenti evoluzioni dello scenario internazionale hanno collocato nuovamente al centro delle dinamiche di sicurezza globale.
Una macroregione segnata da crisi di natura politica e sociale e dalla costante e sempre insidiosa minaccia degli estremismi di matrice jihadista, nonché caratterizzata dalla crescente presenza di attori regionali e grandi potenze che mirano a rafforzare il proprio posizionamento geo-politico.
Lo schieramento delle nostre Missioni e Operazioni si colloca quindi proprio all’interno del Mediterraneo Allargato, con una specifica attenzione al continente africano, sempre più centrale negli interessi di sicurezza europei e italiani.
Uno sforzo significativo che confluisce nel più ampio alveo della proiezione del Paese e della tutela della sua sicurezza, specialmente in quei contesti in cui la Difesa agisce, in sinergia con le componenti del Ministero degli Affari Esteri, quale strumento di “diplomazia militare”.
Situazione e principali missioni nei quadranti di riferimento
Il complesso del dispositivo previsto dalla delibera in esame vede schierate una media di circa 6500 unità di personale, con un massimo autorizzato di circa 9500, distribuite in 40 missioni, in linea con il dispositivo autorizzato lo scorso anno, che vado sinteticamente a illustrare.
In prima istanza, intendo fornire un sintetico aggiornamento sui più recenti sviluppi di situazione in Afghanistan, rimandando alla mia ultima informativa al Senato per maggiori dettagli.
Pochi giorni fa è stato completato, come pianificato, il rientro del nostro contingente nazionale in Italia.
Contemporaneamente, a conferma del fatto che chi collabora con l’Italia non viene lasciato solo, con l’Operazione Aquila è stato anche garantito l’arrivo in Italia di una prima aliquota di 230 collaboratori afgani e delle loro famiglie. In questi giorni sono in atto, di concerto con i Ministeri dell’Interno e degli Esteri, le attività per la valutazione delle ulteriori richieste presentate, per un eventuale successivo trasferimento in Italia.
Per quanto riguarda il futuro del Paese, le ipotesi attualmente allo studio da parte della NATO prevedono, fino al 2024, la prosecuzione del sostegno finanziario e dell’attività formativa e addestrativa a favore delle forze di sicurezza afgane presso strutture dei Paesi dell’Alleanza.
Non si può negare che oggi la situazione interna desta preoccupazione, in considerazione del livello della violenza e della postura aggressiva dei Talebani, a discapito dell’auspicato processo di riconciliazione nazionale.
La Difesa sarà pronta, in ogni caso, a contribuire alle eventuali future iniziative volte a non disperdere i risultati fin qui conseguiti.
Lo dobbiamo al popolo afgano e alle sue istituzioni, con le quali abbiamo lavorato fianco a fianco, in questi lunghi anni, conseguendo importanti obiettivi sul piano sociale e dei diritti, pagando per questo un prezzo altissimo, con i nostri 723 feriti e 53 caduti, cui va il nostro deferente e commosso ricordo.
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Nel quadrante mediorientale sarà confermato il nostro impegno in Iraq, paese di elevata priorità strategica, sia sul piano degli equilibri regionali, sia a tutela dei nostri interessi nazionali, a partire dal tema prioritario degli approvvigionamenti energetici.
Nonostante gli sforzi del Governo del Primo Ministro Al Khadimi, la situazione nel Paese continua ad essere critica, sia dal punto di vista economico – sociale, sia sul piano della sicurezza, come mi ha confermato il Ministro della Difesa iracheno Enad nel nostro incontro della scorsa settimana.
È necessario proseguire l’azione di contrasto contro il Daesh, le cui capacità operative, per quanto anemizzate, restano imprevedibili e sempre insidiose.
In questa prospettiva, pertanto, anche nel 2021, l’Italia confermerà il proprio contributo alle due missioni internazionali già presenti in Iraq, Inherent Resolve (OIR) e NATO Mission Iraq (NM-I).
Nel corso dell’anno, in piena sintonia con le autorità irachene, si procederà, in linea con quanto già anticipato lo scorso anno a queste Commissioni, al graduale travaso di assetti e capacità dalla prima alla seconda Operazione, privilegiando in tal modo le attività di traininge capacity building, peculiari della missione NATO, di cui assumeremo il Comando nella primavera del 2022.
Si tratta di un ruolo molto ben accolto dalla nostra controparte irachena, a conferma dell’eccellente livello della nostra relazione bilaterale.
Relazione che non potrà che rafforzarsi, consentendo al nostro Paese di assumere un ruolo di riferimento in un paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente.
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Spostandoci nei contigui settori meridionali, l’area del Golfo continua ad essere vitale per la stabilità dell’intera regione e per la salvaguardia dei nostri interessi, specialmente per quanto concerne la vie di comunicazioni marittime.
Al riguardo, in maniera complementare alle numerose attività di cooperazione tecnico-bilaterale con tutti gli Stati del Golfo, la Difesa intende confermare gli impegni già avviati in precedenza.
Un ruolo centrale assumerà sempre più il Kuwait e in particolare la base di Al Salem, divenuta centro nevralgico delle nostre capacità di supporto strategico nella regione, alla cui sicurezza contribuiamo anche con una batteria missilistica, autorizzata da questo Parlamento lo scorso anno.
Ciò anche alla luce della chiusura, negli Emirati Arabi Uniti, della base aerea di Al Minhad, che si completerà nei prossimi giorni con il rientro dei materiali.
Relativamente a questa specifica situazione, la Difesa guarda con attenzione alle azioni diplomatiche in corso per la ripresa del dialogo e il ristabilirsi di relazioni positive con gli EAU, che rappresentano sicuramente un partner strategico nella Regione.
In aggiunta, tra le missioni di nuovo avvio, intendiamo fornire un contributo operativo all’iniziativa di sorveglianza marittima europea nello Stretto di Hormuz, denominata EMASOH, con l’impiego di un’unità navale ed un assetto di sorveglianza aerea.
La missione, avviata nello scorso 2020 a seguito degli eventi registrati a danno delle navi mercantili in transito, ha lo scopo di salvaguardare la libertà di navigazione nello Stretto, favorendo il dialogo e il confronto tra i Paesi rivieraschi per la stabilizzazione dell’area.
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Per completare la panoramica sul Medioriente, vorrei ora soffermarmi sul Libano.
Il Paese continua ad attraversare una delle sue crisi economiche e sociali più profonde, su cui si è innestata uno stallo politico, che dallo scorso agosto non consente di esprimere un Governo in grado di portare avanti le ormai ineludibili riforme.
L’esplosione del porto di Beirut del 5 agosto 2020 e gli effetti della pandemia, sono stati colpi durissimi per la tenuta delle istituzioni libanesi e in particolare delle sue Forze Armate.
Poche settimane fa ho co-presieduto con la collega francese Parly una videoconferenza, con i partner del Gruppo Internazionale di Supporto al Libano, sulla sempre più grave crisi che ha colpito le Forze Armate libanesi, che in più occasioni sono risultate essenziali per la salvaguardia della democrazia del Libano e del suo popolo.
Oggi le Forze Armate Libanesi hanno bisogno di un sostegno urgente ed immediato da parte della Comunità Internazionale.
L’Italia, in virtù della storica vicinanza con il popolo libanese, si è già attivata su più fronti, attraverso l’azione sinergica del mio dicastero e di quello del collega Di Maio, allo scopo di soddisfare questa nuova emergenza, come fatto all’indomani del già citato evento in Beirut con l’Operazione “Cedri”.
Operazione, quest’ultima, che si è andata ad affiancare a quelle di più lunga durata cui partecipiamo convintamente e in maniera importante, come la missione UNIFIL, di cui deteniamo oggi il comando, e la missione di addestramento bilaterale MIBIL.
Per quanto concerne UNIFIL, inoltre, nelle more delle decisioni che saranno prese in sede ONU, abbiamo offerto un’unità navale per la sua aggregazione al dispositivo marittimo della missione.
Contributo che ci consentirebbe di rafforzare la presenza nazionale nel bacino del Mediterraneo Orientale, oggetto di una sempre più marcata competizione per lo sfruttamento delle risorse presenti nell’area e dove risiedono rilevanti interessi nazionali a voi noti.
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Spostandoci al Continente Africano, che come detto assume rilevanza sempre maggiore, l’impegno del nostro Paese si sviluppa principalmente all’interno di un virtuale “triangolo d’instabilità”, incentrato sul Sahel, che vede i suoi vertici nella Libia a nord, nel Golfo di Guinea a ovest e nel Corno d’Africa a est.
Si tratta di un’area geografica che rappresenta il vero confine sud dell’Europa e coincide in larga parte con il Fianco Sud dell’Alleanza Atlantica, le cui differenti regioni, al di là della esemplificazione grafica, hanno dinamiche interconnesse e si influenzano reciprocamente, con evidenti riverberi sull’Europa e sull’Italia.
Per questo motivo in seno all’Alleanza Atlantica continuiamo, in ogni occasione, a promuovere una maggiore attenzione verso il Sud, una direttrice strategica che pone alla NATO sfide altrettanto insidiose di quelle del certamente più “attenzionato” fianco orientale.
Ma è soprattutto sul fronte dell’Unione Europea che stiamo svolgendo un’azione di massima sensibilizzazione. Ho, infatti, a più riprese, trasmesso all’Alto Rappresentante Borrell e ai miei colleghi Ministri della Difesa, l’esigenza di profondere uno sforzo maggiore ed integrato dell’Unione proprio nell’Africa sub-sahariana, rafforzando le iniziative già in atto sia in Corno d’Africa che in Sahel.
Ritengo infatti necessario che Bruxelles debba assicurare un’unica regia all’azione dei paesi europei nell’area, che abbracci le progettualità non solo della dimensione militare ma di tutti quei settori della cooperazione, politica ed economica, indispensabili al rafforzamento delle istituzioni statuali e allo sviluppo delle comunità di quei Paesi.
Un impulso che l’Unione, per la sua natura politica, può dare più efficacemente.
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Tornando nello specifico dei nostri impegni, il Corno d’Africa continua ad essere uno dei cardini della nostra proiezione internazionale.
In Somalia permane la minaccia posta dall’organizzazione terroristica Al Shaabab, la cui rete si estende operativamente anche nei Paesi vicini, incluso il Mozambico.
Su quest’ultimo Paese, in particolare, ritengo opportuno fare alcune considerazioni circa la situazione nella sua provincia più settentrionale, Capo Delgado, un’area caratterizzata anche dalla presenza di risorse energetiche.
Gli scontri tra la locale insorgenza, infiltrata dai movimenti jihadisti, e le forze di sicurezza locali hanno causato un’immediata crisi umanitaria e l’interruzione dell’attività estrattiva, fonte di reddito essenziale per il paese africano, le cui istituzioni hanno chiesto il supporto dell’Unione Europea.
Su iniziativa di Lisbona, a Bruxelles sono pertanto in corso tutti i necessari approfondimenti e le consuete attività di pianificazione che potranno portare, nei prossimi mesi, all’approvazione di una nuova missione “non esecutiva” di addestramento in Mozambico, cui seguirà la valutazione sulla eventuale partecipazione nazionale.
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Per quanto riguarda gli impegni operativi previsti dalla delibera in esame, confermiamo la nostra presenza:
- a Gibuti, dove opera la nostra Base Militare di supporto, hub addestrativo regionale nel quale si svolge l’importante attività formativa dei Carabinieri, a favore delle forze locali e di quelle somale, nell’ambito della MIADIT,
- in Somalia, contribuendo sia alla missione ONU UNSOM che alla EUTM in Mogadiscio, che guideremo anche per l’anno in corso,
- in Oceano Indiano e Golfo di Aden, continuando il pluriennale impegno nazionale nell’operazione anti-pirateria ATALANTA.
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Spostandoci lungo la fascia subsahariana, la regione del Sahel è certamente diventato uno dei capisaldi della nostra azione esterna.
Si tratta di un’area altamente instabile dal punto di vista politico e sociale e cronicamente povera dal punto di vista economico. Condizioni che la rendono per questi motivi terreno fertile per gli estremismi di matrice jihadista, spesso associati ai movimenti di insorgenza locale.
Porosità dei confini ed una scarsa capacità di controllo del territorio, completano il quadro di una regione attraversata da traffici illegali di ogni natura che dal Sahel giungono sulle coste nord-africane a poche centinaia di miglia dall’Italia e dall’Europa, una minaccia grave e diretta alla nostra sicurezza.
Di concerto con i partner internazionali ed in sinergia con il MAECI, la Difesa opera nella regione su più direttrici, contribuendo sia alle iniziative UE, quali EUTM Mali, EUCAP Sahel Mali e EUCAP Sahel Niger, sia a quelle multilaterali della Coalizione per il Sahel – mi riferisco alla Task Force Takuba– a cui si affiancano le attività condotte in tutta la regione, con approccio bilaterale, dalla missione di assistenza ed addestramento MISIN in Niger.
In particolare, con riferimento a Takuba, lo scorso marzo abbiamo avviato il rischieramento del nostro contingente nella zona tri-frontaliera del Liptako Gourma, e più precisamente nelle basi di Gao e Menaka, e prevediamo di raggiungere la capacità operativa iniziale subito dopo l’estate.
Come noto, in questa fase, il contributo della Difesa si concretizzerà soprattutto nella capacità di ricognizione ed evacuazione sanitaria ma prevediamo, a partire dal 2022, di estendere l’attività anche all’addestramento delle componenti di forze speciali locali.
Ciò in piena sinergia con quanto già in atto nell’ambito della MISIN, a Niamey dove, proprio in queste settimane, è iniziata la costruzione di una nostra base di supporto quale hubregionale per l’addestramento e l’assistenza alle forze di sicurezza locali.
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Riprendendo l’immagine del “triangolo di instabilità” che ho prima evocato, al vertice più occidentale troviamo l’area del Golfo di Guinea, bacino di elevata importanza commerciale ed energetica, in cui sono presenti rilevanti interessi nazionali. L’area è oggetto di sempre più frequenti e pericolosi atti di pirateria e criminalità e per questo posta al centro del progetto pilota dell’UE per la Presenza Marittima Coordinata.
La Difesa, a partire dallo scorso 2020, ha avviato nelle acque del Golfo l’operazione Gabinia, impiegando nell’area un’unità navale, il cui contributo si è rilevato da subito decisivo, con interventi che hanno permesso di interrompere alcuni atti di pirateria marittima contro unità mercantili.
Si tratta di una presenza, confermata per il 2021, anche funzionale a sviluppare e rafforzare le relazioni bilaterali con i Paesi rivieraschi, agendo, come di consueto, in sinergia con la rete diplomatica nazionale.
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La panoramica sul nostro impegno internazionale nel continente africano si conclude con la Libia, vertice settentrionale del triangolo e area di confluenza dei traffici illegali e dei fenomeni di instabilità che la interconnettono direttamente con i quadranti meridionali di cui ho appena parlato.
Il punto di situazione illustrato prima del mio intervento dal Ministro Di Maio è stato dettagliato ed esaustivo e ben ci aiuta a comprendere, pure in presenza di un trendcertamente positivo, le numerose criticità che ostacolano la definitiva pacificazione della Libia.
In termini di politica di difesa, l’elemento che desta maggior preoccupazione è la presenza di mercenari e miliziani stranieri, la cui uscita dal territorio libico è condizione essenziale per i successivi passaggi verso una gestione unificata ed inclusiva delle forze armate e di sicurezza nel paese.
Raggiunto l’auspicato obiettivo delle elezioni, infatti, sarà necessario procedere con un efficace processo di Riforma del Settore della Sicurezza che preveda il confluire delle milizie di tutte le regioni del paese in un unico apparato istituzionale libico, con lo scopo di superare le attuali divergenze e di agire da creatore di sicurezza e garante di democrazia per il proprio popolo.
Un processo che non può che essere a guida libica e che già ci vede agire in supporto alle autorità locali con un intenso e articolato piano di cooperazione tecnico-militare in settori di alta valenza quali quello della sanità militare, dello sminamento umanitario e della formazione.
Pertanto, anche nel 2021 sarà prorogata la missione di assistenza MIASIT che, in seguito all’intesa tecnica di cooperazione da me siglata con l’allora ministro della Difesa libico lo scorso dicembre, svolgerà anche il compito di Ufficio di Coordinamento per la cooperazione militare a Tripoli.
Nell’ambito delle attività marittime che vedono coinvolta la Difesa, lo scorso anno, in occasione della presentazione delle Missioni 2020, queste Commissioni mi hanno sollecitato a perseguire due specifici indirizzi:
- un maggiore coinvolgimento dell’UE e quindi un rafforzamento del ruolo della missione IRINI nell’addestramento e monitoraggio delle Autorità marittime libiche;
- un più definito ruolo delle strutture della Difesa italiana nei confronti della Marina libica, in particolare in termini di coinvolgimento diretto nelle attività da questa condotte.
Parto da questo secondo aspetto.
Come noto, la Missione Mare Sicuro assicura un dispositivo aeronavale per la sorveglianza e la sicurezza degli spazi marittimi di interesse nazionale e, attraverso la presenza di una Unità Navale logistica nel porto di Abu Setta, conduce attività finalizzate all’addestramento e alla manutenzione e condotta dei mezzi disponibili, oltre che allo sviluppo di una capacità di Comando e Controllo dei propri mezzi da parte della Marina libica.
In particolare, per quanto riguarda il Comando e Controllo, fino al 2 luglio 2020, a bordo della nostra nave sono stati resi disponibili, al personale libico, sistemi di comunicazione per i collegamenti con le centrali operative marittime degli altri paesi ed il coordinamento tra le proprie unità e quelle delle missioni nazionali e internazionali operanti nell’area.
A partire dal 3 luglio 2020, l’attività è condotta in piena autonomia dalla Marina libica, presso proprie infrastrutture a terra e senza il coinvolgimento alcuno di personale della Difesa italiana.
Sul fronte europeo, la Missione UE IRINI, a forte impronta italiana, ha come principale obiettivo quello di contrastare il traffico di armi verso la Libia in ottemperanza all’embargo posto in atto dalle Nazioni Unite.
Nonostante le diffidenze iniziali, ha sempre operato con un approccio bilanciato verso tutte le parti coinvolte, impiegando con continuità i pur ridotti assetti navali ed aerei a sua disposizione.
Inoltre, l’Italia ha dato forte impulso ad una revisione del mandato della Missione, nell’ottica di un rinnovato coinvolgimento nell’addestramento delle Autorità marittime libiche, in maniera analoga a quanto fatto dalla missione precedente, SOPHIA, al fine di rafforzarne le capacità, anche con un coinvolgimento concreto dell’UE e degli Stati Membri.
Nel mio ultimo colloquio con il Primo Ministro Dibaibah, ho colto l’occasione per evidenziare i risultati ottenuti da IRINI e per sottolineare, allo stesso tempo, l’importanza della ripresa dell’addestramento della Guardia Costiera libica da parte della Missione UE. Il comando della Missione ha già condiviso con le autorità locali una ipotesi di programma addestrativo, funzionale alla formazione del personale nella gestione delle situazioni di crisi ed emergenza, nel rispetto dei diritti umani e di genere.
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Per completare il quadro d’insieme del complesso scenario internazionale nel quale continueremo ad operare con un ruolo di assoluto rilievo, vorrei adesso soffermarmi sulla situazione e sugli impegni programmati nel continente europeo e nel Mediterraneo.
Il mare nostrum è oggi protagonista di un processo di territorializzazione mirato ad acquisire il controllo delle cospicue risorse energetiche presenti, attraverso una competizione sempre più accesa tra attori regionali e potenze esterne, su più piani di confronto, da quello economico-commerciale a quello politico-militare.
Ho già citato MARE SICURO e IRINI, impegni operativi che costituiscono la dorsale principale della nostra presenza nel Mediterraneo.
A queste si aggiungono il nostro contributo all’operazione NATO Sea Guardian nonché tutte le attività di dialogo e cooperazione con i paesi del Bacino.
In questo contesto si colloca anche la recente significativa decisione parlamentare per l’istituzione di una zona economica esclusiva nazionale. È evidente che nella sua concreta attuazione sarà altrettanto importante la sua tutela, a garanzia dei nostri diritti e per il contrasto delle azioni illegittime.
Per queste finalità, e per rendere chiaramente visibile a tutti la presenza italiana, stiamo aggiornando la “Strategia della Difesa per il Mediterraneo”, con l’obiettivo di valorizzare a pieno le capacità di presenza, sorveglianza, allerta tempestiva e intervento delle nostre Forze Armate
Tornando agli impegni operativi, sempre sotto l’egida dell’Alleanza, ed in aderenza alla sua postura a 360°, continuerà il nostro contributo alle iniziative di difesa collettiva e deterrenza, quali quelle di Air Policing nelle regioni baltiche, della Enhanced Forward Presence in Lettonia e nell’ambito degli Standing Naval Groups.
Completano il quadro strategico di riferimento i Balcani, regione di elevata priorità strategica sia per vicinanza geografica che per l’importanza della sua stabilità.
L’impegno della Difesa italiana proseguirà nell’ambito delle operazioni NATO ed UE, ovvero KFOR ed ALTHEA, in continuità con quanto fatto in più di vent’anni di impegno militare nell’area.
In KFOR, dove prevediamo di incrementare il nostro contingente con assetti specialistici, deteniamo per la settima volta il Comando della Missione che cederemo nel prossimo autunno a favore dell’Ungheria, verosimilmente per un anno.
Un’alternanza che non comporta un disimpegno dell’Italia nella regione ma che, anzi, ci vede fornire un contributo ancora maggiore sia in termini qualitativi che quantitativi, anche in relazione al riconosciuto ruolo di riferimento del nostro Paese nei Balcani, confermato dalle numerose iniziative che ci vedono protagonisti.
Chiusura
Presidenti, Senatori, Onorevoli colleghi, sono giunto al termine di questa mia disamina sugli impegni internazionali previsti per il 2021.
Lo sforzo della Difesa in un contesto complesso e mutevole quale quello attuale richiede flessibilità, professionalità e prontezza.
Capacità che hanno da sempre caratterizzato le nostre Forze Armate negli scenari internazionali in cui hanno operato, riscontrando l’apprezzamento ed il riconoscimento sia dei partner che delle popolazioni a cui portiamo supporto ed assistenza.
Caratteristiche che sono emerse distintamente, in Patria come all’estero, anche nel fronteggiare gli effetti della pandemia che ha visto le Forze Armate agire in prima linea “a difesa” dei cittadini italiani continuando, allo stesso tempo, ad assolvere le missioni assegnate all’estero.
Come detto in premessa, il disegno strategico che sottende alla nostra proiezione internazionale mira a concentrare forze e risorse nel Mediterraneo Allargato, area di nostro prioritario interesse, attraverso una partecipazione qualificata alle iniziative delle organizzazioni internazionali di riferimento e lo sviluppo di attività bilaterali, anch’esse funzionali alla tutela degli interessi nazionali, sempre nel rispetto del dettato costituzionale.
Avviandomi alla conclusione del mio intervento voglio ancora una volta rendere merito al personale militare e civile della Difesa per la professionalità e lo spirito di abnegazione con cui ha assolto, e senza dubbio continuerà a farlo, tutte le missioni assegnate, ovunque siano chiamati ad operare…..
Vi ringrazio per l’attenzione.
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