Nasrallah: tanta propaganda e poca sostanza. Hezbollah evita la guerra totale con Israele

Di Fabrizio Scarinci

TEL AVIV. Alla fine, il tanto atteso discorso del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è arrivato.

Come in molti si aspettavano, non è stato altro che un bellicoso proclama infarcito di elementi propagandistici e palesi falsificazioni, che, tuttavia, non sembrerebbe apportare alcun cambiamento significativo rispetto al conflitto in corso.

Il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah

In particolare, tra i suoi principali passaggi, risultano certamente “degni di nota” quello secondo cui Hamas, pur prendendo ostaggi, non avrebbe decapitato alcun bambino e quello con cui egli pretenderebbe di rilanciare la strana ipotesi per cui ad uccidere gli abitanti delle comunità israeliane di confine attaccate lo scorso 7 ottobre sarebbero stati gli stessi militari di Tel Aviv, che si sarebbero lasciati andare ad un comportamento folle dopo essere stati “colti di sorpresa ed ubriachi”.

Più in generale, stando alle sue parole, Israele non sarebbe altro che un Stato fragile ormai sempre più difficoltà; altrimenti (sempre secondo lui) non si spiegherebbero né l’invio di due portaerei americane nella regione mediorientale, né le continue visite a Tel Aviv da parte dei vertici occidentali.

Sempre con riferimento agli USA, egli avrebbe, inoltre, spiegato come essi sarebbero i principali responsabili di tutte le azioni compiute a Gaza dalle forze israeliane; cosa che giustificherebbe ampiamente tutti i recenti attacchi condotti contro le loro installazioni in Siria ed Iraq da parte delle milizie sciite filo-iraniane.

E se, in tale contesto, Washington decidesse di attaccare Hezbollah, a suo parere dovrebbe vedersela con gli agguerritissimi figli e nipoti di coloro che avrebbero già sconfitto le sue truppe (interpretazione piuttosto fantasiosa degli eventi) nel corso dei primi anni 80.

Un mezzo anfibio statunitense ripreso in Libano nei primi anni 80. Nel suo discorso di oggi, Hassan Nasrallah ha fatto riferimento al fallimento della missione affidata alla Forza Multinazionale di mantenimento della Pace inviata nel Paese nel 1982

Come si può facilmente osservare, però, si tratta solo di minacce di ritorsione ad eventuali attacchi altrui e non di annunci riguardo all’intenzione di incrementare le proprie attività militari nell’ambito del conflitto in corso.

A tal proposito, Nasrallah se la cava, infatti, spiegando che Hezbollah starebbe attivamente combattendo contro Israele già dall’8 ottobre scorso, che le azioni condotte lungo il confine avrebbero avuto il significativo effetto di tenere diverse unità di Tel Aviv lontane da Gaza e che i combattenti morti finora negli scontri contro gli israeliani sarebbero ben 57.

Tutte cose che, in effetti, sarebbero anche vere, anche se ciò non toglie che Hezbollah abbia comunque cercato di agire senza mai oltrepassare quelle linee rosse che avrebbero potuto esporlo a pesanti ritorsioni e, stando alle parole del suo leader, tutto lascia pensare che non intenda affatto cambiare linea.

Del resto, pur al netto della spacconata di definire Israele uno Stato fragile, appare assai improbabile che Nasrallah non si ricordi di come, 50 anni fa, le forze dello Stato Ebraico siano riuscite (pur essendo state colte quasi completamente di sorpresa) a respingere le forze congiunte di diversi Paesi arabi; un’impresa rispetto alla quale quella di dover affrontare contemporaneamente due “semplici” organizzazioni “terroristico-micro-statuali” potrebbe quasi apparire (pur al netto dei considerevoli rischi presenti nel difficile contesto urbano di Gaza) come una piacevole scampagnata.

Per quanto riguarda gli USA, invece, è apparso chiaro fin dai primi giorni di guerra come le loro forze si stessero rischierando nella regione non tanto al fine di “salvare” Israele da un’eventuale azione combinata tra Hamas ed Hezbollah, quanto piuttosto allo scopo di evitare che l’intero blocco sciita filo-iraniano intervenisse nel conflitto, cusandone un ampliamento incontrollato.

Le portaerei statunitensi Ford e Eisenhower in navigazione nel Mar di Levante

Chiaramente, qualora fossero chiamati ad intervenire contro i miliziani di Nasrallah, essi agirebbero con obiettivi senz’altro molto diversi da quelli della missione di stabilizzazione avviata nel 1982 e, quantunque l’ipotesi che Washington sia disposta a rimettere massicciamente i cosiddetti “boots on the ground” nell’area mediorientale possa, effettivamente, apparire remota, un pesante attacco statunitense (magari affiancato da un’altrettanto pesante azione israeliana) potrebbe comunque mettere fortemente a rischio il già traballante sistema di potere creato in Libano da Hezbollah, che, di certo, non verrebbe salvato dalla scarna presenza militare iraniana segnalata nel corso degli ultimi giorni sul confine israelo-libanese.

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