Di Fabrizio Scarinci
BRUXELLES. Da qualche settimana a questa parte, il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg sta avendo un’intensa serie di meeting preparatori in vista dell’importante summit di Vilnius.
Solo negli ultimi giorni, infatti, oltre a prendere parte all’ultima seduta del Consiglio Europeo, egli ha anche incontrato i Presidenti di Francia, Polonia e Romania, i Primi Ministri di Paesi Bassi, Norvegia, Lituania, Belgio, Albania, Estonia e Bulgaria e il ministro degli Esteri britannico James Cleverly.
Come confermato dalle sue dichiarazioni a margine di questi incontri, tra le principali tematiche del summit figureranno il rafforzamento della cooperazione NATO-UE (vista come la “condicio sine qua non” per il raggiungimento di numerosi obiettivi strategici di medio-lungo termine), l’aumento delle spese militari da parte dei Paesi membri, la continuazione del supporto militare in favore dell’Ucraina (con la quale si intende cooperare in modo sempre più intenso anche a livello politico), il rafforzamento delle capacità di deterrenza sul cosiddetto fianco-est, dove si potrà presto contare su una forza terrestre ad elevata prontezza operativa di circa 300.000 uomini supportata da consistenti dispositivi di tipo aereo e navale, l’ingresso della Svezia all’interno dell’Alleanza (finora frenato dall’opposizione turca) e la gestione (da portare avanti insieme all’UE) della rinnovata situazione di crisi nei Balcani occidentali, che Mosca potrebbe certamente sfruttare al fine di creare un nuovo problema nel cuore del continente europeo.
Oltre agli argomenti appena menzionati, risulta, poi, verosimile che una buona parte del vertice venga dedicata allo scacchiere Indo-pacifico e alla necessità, percepita soprattutto da Washington, che gli europei contribuiscano in modo più attivo al contenimento della Cina.
Il tutto in vista di una sempre maggiore integrazione tra i vari sistemi di alleanze a guida statunitense.
Quanto al nostro Paese, invece, considerando l’attuale situazione internazionale, esso potrebbe cercare di perseguire i propri obiettivi strategici nell’ambito di tale consesso facendo leva, prima di ogni altra cosa, sulla sua storica presenza nei Balcani (arricchitasi, da qualche mese, con l’assunzione del comando di un gruppo tattico dell’Alleanza di stanza in Bulgaria) e sulla sua approfondita conoscenza del contesto in cui sono maturati gli ultimi scontri tra serbi e kosovari.
La nostra capacità di contribuire al mantenimento della pace in quella tormentata regione (e di evitare, quindi, alla NATO la fastidiosissima grana di dovervi intervenire direttamente in una condizione di “quasi-guerra” con la Russia) potrebbe, infatti, costituire una buona base di partenza anche al fine di portare efficacemente il nostro punto di vista sull’intero fianco-sud, dove la totale mancanza di strategia mostrata dall’Occidente e di suoi alleati (o presunti tali) nel corso dell’ultimo quindicennio ha finito con l’aprire la strada sia agli uomini della Wagner (che, nonostante gli eventi delle ultime settimane, sembrerebbero ancora fedeli al proprio governo), sia a quelli di Pechino, che hanno notevolmente aumentato la propria influenza in diverse aree del continente africano.
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