Unione Europea: Da Parigi a Berlino, il Vecchio Continente nell’era della leadership perduta?

Di Amr Helmy*

PARIGI. L’Europa attraversa una fase storica cruciale che solleva interrogativi fondamentali sul futuro della sua architettura politica e sul ruolo che il Continente potrà svolgere nello scenario internazionale.

La recente caduta del Governo francese guidato da François Bayrou, sfiduciato dall’Assemblea nazionale, ha proiettato la Francia in una nuova fase di paralisi istituzionale, innestandosi su fragilità già evidenti dal 2022, quando il Presidente Emmanuel Macron non era riuscito a garantire una maggioranza parlamentare stabile.

François Bayrou,, ex capo del Governo francese

 

L’alternarsi di governi deboli e costretti a compromessi non rappresenta più soltanto una dinamica politica ordinaria: è il sintomo di una crisi sistemica, segno dell’incapacità dello Stato di garantire una stabilità interna solida, condizione indispensabile per esercitare un’influenza internazionale significativa.

La Francia e il peso delle fragilità economiche

Il quadro economico francese accentua questa vulnerabilità: il debito pubblico ha superato il 110% del PIL, le finanze sono sotto pressione per impegni sociali strutturali e la società è attraversata da tensioni legate a disoccupazione e inflazione.

In tale contesto, Parigi appare meno in grado di mantenere il proprio ruolo storico di co-leader, insieme a Berlino, del processo di integrazione europea.

L’Unione rischia così di trasformarsi in un corpo con una sola testa, per di più parzialmente paralizzata.

Berlino al bivio

La Germania, sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, si trova a dover ridefinire il proprio ruolo strategico.

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz

Per decenni, Berlino ha incarnato la potenza economica che preferiva affidare la sicurezza all’ombrello americano, lasciando a Parigi e a Londra la gestione dei dossier politico-militari.

Oggi, invece, la Brexit e il ripiegamento francese costringono la Germania a superare l’eredità della Zivilmacht (potenza civile) ed evolvere verso una dimensione di potenza strategica.

Il percorso non è semplice: la società tedesca resta diffidente verso una militarizzazione della politica, e la Bundeswehr soffre ancora gravi carenze nonostante i programmi di modernizzazione.

Ma il deterioramento dell’ambiente di sicurezza europeo – dalle minacce russe ai rischi sul fianco orientale e baltico – rende inevitabile un cambiamento profondo della postura tedesca.

L’ombrello americano e la frattura transatlantica

Il quadro europeo non può essere compreso senza considerare il rapporto con gli Stati Uniti.

L’Amministrazione Trump ha introdotto un approccio marcatamente transazionale: pur sostenendo sanzioni contro Mosca e mantenendo un margine di collaborazione, il Presidente non ha nascosto il proprio malcontento verso gli alleati, accusati di voler prolungare il conflitto in Ucraina per trarne vantaggi geopolitici ed economici.

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump

Ne deriva per l’Europa una difficile mediazione: da un lato preservare l’unità del fronte anti-russo, dall’altro adattarsi al ritmo e alle priorità di Washington.

La prospettiva americana di ridurre i costi e individuare una rapida exit strategy rischia però di entrare in conflitto con le esigenze di sicurezza a lungo termine dei partner europei e con gli interessi vitali di Kiev.

Autonomia strategica: un miraggio?

Ritorna così la domanda di fondo: l’Europa può davvero acquisire un’autonomia strategica o resterà dipendente dagli Stati Uniti?

Dalla crisi di Suez del 1956 alla guerra in Iraq del 2003, fino all’attuale conflitto ucraino, la storia ha costantemente messo in luce la mancanza di strumenti concreti per un’indipendenza effettiva.

Le iniziative recenti – dalla Strategic Compass ai progetti per rafforzare l’industria della difesa europea – sono passi importanti ma ancora insufficienti, soprattutto se paragonati al peso determinante della NATO e della protezione americana.

Polonia e il vuoto di leadership

Alcuni Stati cercano di colmare il vuoto. La Polonia si propone come garante della sicurezza orientale e promuove la formula “Weimar Plus” insieme a Germania, Francia e altri attori.

Donald Tusk. capo del Governo polacco

Tuttavia, l’assenza di un quadro unitario e il deficit di coordinamento politico limitano l’impatto di tali iniziative.

Sin dalle origini, l’Unione Europea si è fondata sull’equilibrio tra Parigi e Berlino. Se la Francia resta impantanata nelle proprie fragilità interne e la Germania esita ad assumere la guida, l’intera architettura europea rischia un progressivo indebolimento.

Una leadership smarrita

Sostenere che l’Europa sia priva di leadership non significa decretarne il declino irreversibile. Ma senza una risposta rapida e coraggiosa alle proprie fragilità politiche, economiche e strategiche, il continente rischia di trasformarsi da attore globale a semplice spettatore della storia.

*L’autore è stato Ambasciatore d’Egitto in Italia dal 2013 al 2017. Attualmente è membro del Senato egiziano e autore di numerosi articoli a carattere politico, economico e culturale.

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