Pensioni d’oro, è davvero un’esigenza sociale o rabbia e desiderio di vendetta?

Di Vincenzo Santo*

Roma. Ho seguito nelle ultime ore i vari scambi sul tema delle pensioni d’oro. E, due giorni fa, ho seguito il  dibattito su Rete 4. A parte l’intervento dell’onorevole Daniele Capezzone, che mi è parso di buon senso, il resto è veramente tutto da dimenticare.

Il dibattito sulle pensioni si fa aspro

Credo che con questi signori al Governo, soprattutto con Luigi Di Maio, il buon senso possa non bastare. E mi viene da pensare che pochi abbiano letto quella proposta di legge, persino l’economista Antonio Maria Rinaldi, presente in trasmissione e Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, da quanto leggo delle sue osservazioni.

Avendo superato il limite massimo dell’80% sull’ultimo stipendio, quale limite per la successiva retribuzione pensionistica, la gran parte dei militari ha versato in pratica 10/15 anni di contributi che, per norma, avrebbero dovuto già alimentare il Fondo per le pensioni disagiate. Roba tecnica che sicuramente chi è del mestiere conosce perfettamente. Ecco perché queste cose bisognerebbe farle pensare a chi è veramente del mestiere, senza pressioni politiche di sorta.

Credo che la gente debba conoscere la verità su questi aspetti anche se questa verità possa generare invidia. Ma non credo che si debba governare uno Stato cavalcando tanto l’invidia da declinarla in rabbia e quasi vendetta. La narrativa dei Cinque Stelle e di Luigi Di Maio soprattutto, ha questa connotazione e ha spinto verso decisioni/promesse prese a cuor leggero e sulle quali, quasi come un capriccio, sembra difficile ora tornare indietro. Come meriterebbe il buon senso e l’attaccamento al dettato costituzionale. Provvedimento che, qualora approvato, costringerà lo Stato e molti di noi ad affrontare la strada del ricorso.

Io non chiedo, come il Di Maio ha affermato, seguendo l’usuale (il)logica rabbiosa del suo pensiero, di essere salvato, ma di essere rispettato. Rispettati io e i miei colleghi, presi di mira ingiustamente e persino insultati, dopo una vita lavorativa, trascorsa con un perenne carico di responsabilità sulle spalle, anche in orario fuori servizio.

*Generale di Corpo d’Armata (Ris) dell’Esercito

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